Non è la prima volta che in Italia si viene uccisi durante delle manifestazioni, uno dei casi più eclatanti e recenti è sicuramente quello di Carlo Giuliani in quella carneficina che è stato il G8 di Genova. Ma era dai tempi più bui e reazionari che hanno colpito questo paese che non si veniva uccisi sul lavoro durante una manifestazione. In Italia, nel 2016, ad oggi sono circa 500 i lavoratori morti sul
lavoro. Infortuni sul lavoro, già. Se poi si aggiungono quelli in itinere, la cifra cresce e di molto. Si muore perchè si lavora, ma ora si muore anche perchè si
lotta. Omicidi figli di un sistema becero. La crisi è servita a favorire
sistemi di ricatto incredibili,prendere o lasciare, in alternativa puoi
crepare di fame. E se prendi, prendi con diritti ridotti all'osso.In
Francia hanno lottato perchè, dicevano, che non volevano diventare anche
come
noi italiani, contro il Jobs Act
in Francia hanno lottato. Qui è passato come se niente fosse. Se
la situazione attuale è disastrosa è anche per colpa di chi è stato
complice, di chi ha tradito la storia del sindacato, nato per tutelare i
lavoratori e diventato società di servizi. Gli unici che alzano la
testa sono le realtà auto-organizzate,che nascono dal basso, si muovono
dal basso. Quello che accade nella logistica, si sta estendendo in ogni
ovunque.
Le lotte non sono una passeggiata.
Si vive in un sistema
criminale, e ci si difende in modo legittimamente democratico.
Ma la democrazia nei
luoghi di lavoro non esiste più. Si corre verso la militarizzazione dei
luoghi di lavoro. Nel nome del salvarsi il proprio sedere, il proprio minimale orticello, per creare una forma illusoria di protezione individuale, non si
solidarizza più, si chiudono gli occhi, e si diventa complici del
sistema padronale capitalistico. Lo stato di diritto è stato di
ingiustizia nella quasi totalità dei casi. Ma questa situazione non può
durare. Si va verso la fascistizzazione della società, questi sono
segnali chiari, inequivocabili?
L'unica arma che può salvarci si chiama
solidarietà attiva, rifiuto dei compromessi, resistenza nei luoghi di
lavoro, recupero ed applicazione dei valori antifascisti, oggi tramutati
in sterile cerimoniale nella maggior parte delle situazioni? Sicuramente l'Emilia
che dice no ai ricatti, ai non diritti, allo sfruttamento, deve essere
da esempio per tutti/e noi. Purtroppo un lavoratore è stato ucciso,
ucciso perchè lottava, non so se ci rendiamo conto della gravità della
cosa. Ovviamente si dovrà far di tutto per non ricondurre la morte del povero operaio egiziano ad una questione di scontro di classe, di lotta. Ricondurre quella morte violenta a banale incidente è una via di uscita che può spegnere sul nascere quell'incendio che rischia di esplodere. E dunque lo chiamano omicidio stradale.
Son tornati i tempi bui, con il volto sorridente, con la giacca e
cravatta, con il semplicismo, il fare in fretta, la competizione
esasperata, il revisionismo, la pseudo-meritocrazia e tante maschere che
altro non sono che l'insieme dell'autoritarismo reazionario puro, ma si
fatica a comprenderlo, perchè siamo ignoranti ed indifferenti. Si dovrebbe tutti uscire
dai posti di lavoro, e scioperare.
Si dovrebbe, appunto.
Wu Ming, in passato, su Internazionale evidenziava il perchè dell'importanza di questa lotta che non è solo di settore: " È una lotta organizzata dal basso, con modalità di convocazione e
rappresentanza nuove, portata avanti da lavoratori in larghissima parte
immigrati, che tocca le vene e le arterie della circolazione delle merci
in questo paese. (...) Un lavoro logorante, spesso privo dei diritti elementari, retribuzioni
che costringono a un’esistenza in apnea, alla mera sopravvivenza,
all’assenza di ogni prospettiva. Le condizioni in cui versano questi
lavoratori sintetizzano ed esemplificano una condizione generale che
accomuna le vite e le sorti delle classi più deboli. Ecco perché la loro
lotta riguarda tutti noi: perché la sofferenza sociale è la questione
centrale da affrontare se si hanno ancora a cuore le sorti collettive. I
lavoratori del settore logistico hanno saputo superare divisioni
etniche e frammentazioni e hanno aperto così una partita cruciale,
sottolineando ancora una volta che la divisione reale che taglia la
società non ha a che fare con etnie o culture ma è la dialettica tra
sfruttati e sfruttatori, tra poveri e ricchi"
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