La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Dalla distruzione del monumento alla dedizione all'Austria al sogno tradito del TLT. L'autonomia negata di Trieste



La storia di Trieste fa rima con autonomia, o meglio dovrebbe farlo.  Da quando divenne libero comune, verso la fine del 1200 fece di tutto per difendere il suo status di autonomia ed indipendenza, minato soprattutto dai veneti della serenissima e dai francesi di Napoleone. Sarà nel 1382 che il libero Comune di Trieste con l'atto di dedizione al duca Leopoldo d'Austria, porrà le basi della propria ricchezza, ed erigerà muri politici importanti a difesa della propria autonomia. A significare ciò, venne eretto nella piazza della Libertà il 25 marzo del 1889 un monumento importante, voluto dalla cittadinanza, inaugurato alla presenza delle più alte cariche di quel tempo. Era il monumento voluto dalla città alla dedizione di Trieste all'Austria. Un monumento che rappresentava l'anima della piccola Vienna d'Italia, bocca della capitale austriaca sull'Adriatico, ed il corpus della sua autonomia. Ma, quel monumento, ai primi di novembre del 1918 venne preso d'assalto dai nazionalisti italiani, nella Trieste occupata dall'Italia, insieme alla simbolica Trento. Per essere poi allontanato da quella piazza e  smembrato con pezzi che trovarono collocazione in più luoghi, si racconta che la balaustra fu trasferita nei giardini dell'allora Museo del Risorgimento di Villa Basevi a San Giacomo, i fanali vennero collocati ai lati del Ponterosso, il rosone raffigurante le tredici casate triestine venne invece murato all'ingresso del castello di San Giusto. La statua pare che venne successivamente fusa e che si salvò la sola testa. L'accanimento esercitato verso il simbolo di Trieste, ha connotato l'inizio di quelle violenze e forzature a cui verrà soggetta la città, che vedrà il suo destino malinconico essere connesso al secolo breve dal quale non riesce a separarsi proprio per queste ragioni.  Perchè l'autonomia della città, che era la peculiarità plurisecolare di Trieste, verrà irreparabilmente negata dall'amministrazione italiana.
Una costante che avrà seguito fino ai giorni nostri. L'ultimo sussulto, Trieste, di speranza in tal senso, lo ebbe alla fine della guerra, con il Trattato di pace del '47. Quando doveva essere costituito il Territorio Libero di Trieste. Si sanciva la cessazione della sovranità italiana sull'area a partire dall'entrata in vigore dello stesso trattato di pace e si proponeva l'amministrazione del TLT da un Governatore nominato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni unite. Il Governatore non venne mai nominato. E fin dall'inizio, l'Italia fece di tutto per cercare di esercitare la propria influenza sulla città di Trieste. Con il Memorandum di Londra del '54 si continuava a parlare di amministrazione italiana nella Zona A e jugoslava nella zona B del TLT, non di sovranità. Ma, nel mentre, lo Stato italiano continuava ad adottare provvedimenti legislativi di varia natura che non vennero osteggiati né dalla Jugoslavia, né dalla Regno Unito né dalla Russia, né dagli USA che porranno le basi a quel subentro della sovranità che si formalizzerà con la nascita della Regione del FVG nel 1963. Con la LEGGE COSTITUZIONALE 31 gennaio 1963, n. 1  si stabilirà che "Il Friuli-Venezia Giulia e' costituito in Regione autonoma, fornita di personalità giuridica, entro l'unità della Repubblica italiana, una e indivisibile, sulla base dei principi della Costituzione", od ancora che "La Regione comprende i territori delle attuali province di Gorizia e di Udine e dei comuni di Trieste Duino-Aurisina, Monrupino, Muggia, San Dorligo della Valle e Sgonico. La Regione ha per capoluogo la città' di Trieste".
Il dado sarà tratto, poi, con il controverso Trattato di Osimo del '75, che chiuderà, sulla carta questa vicenda. Stipulato in segreto, tenendo all'oscuro la città.  E che avrà il merito di scontentare i due fronti estremi ed opposti. A Trieste vi è stata una democrazia violata in modo palese. Non è mai stata consultata la città sulle sorti che avrebbe dovuto o potuto avere. Tutto venne deciso da altri, nell'interesse di altri, ma non prevalentemente nell'interesse di Trieste. Città che senza autonomia, non è. Le interpretazioni giuridiche sulle forzature o meno che vi furono nella seconda metà del secolo breve sono ancora vive. Ma, come la storia ha insegnato, sono queste tematiche delicate. Ad esempio quanto accaduto a Barcellona evidenzia come la reazione possa essere violentissima quando si chiede l'esercizio della democrazia che mina il presunto status di unità nazionale. La democrazia non è assoluta, è un concetto imperfetto, in evoluzione. Quello che è chiaro in tutta questa vicenda è che dalla distruzione del monumento alla dedizione all'Austria al sogno tradito del TLT, vi è stato un solo ed unico filo. Quello dell'autonomia negata. Questa città senza autonomia non ha futuro. Ed è su ciò che dovrebbero interrogarsi i governanti, andando oltre ogni logica o torto nazionale o patriottico che questo sia e guardando ad un mondo sempre più globale ed europeista. La sovranità degli stati nazionali è destinata ad essere superata dalla storia. Se Trieste oggi non è né carne né pesce, se è un ponte sospeso tra Est ed Ovest, è perchè le è stata negata la sua anima e la sua secolare identità per sopravvivere con una maschera che non le appartiene. E quello che tutti, in modo critico, si devono chiedere, in cent'anni d'Italia, salvo brevi parentesi temporali, è, ne è valsa la pena? E' stato fatto il bene di Trieste in questo secolo d'Italia ?

Marco Barone 

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