Il Commissario Calabresi ucciso per le indagini sul NASCO di Aurisina, altro che "lotta continua"

La realtà viene sbattuta in faccia, e poi, le manipolazioni storiche determinate dal sistema, contribuiscono a costruire il puzzle delle verità di comodo alle quali ancorare il dogma di Stato. L'uccisione del Commissario Calabresi, dal punto di vista processuale, è imputata alla "vendetta politica" per la morte dell'anarchico Pinelli. L'incastro perfetto con i colpevoli perfetti. Se non fosse che l'omicidio del Commissario avvenne solo due giorni dopo la sua presenza a Trieste. Su ciò già alcuni storici e critici hanno sostenuto la tesi che qui si ribadisce, ovvero che il Commissario non è stato ucciso per la vicenda Pinelli, quella fu la copertura perfetta, in un contesto storico dove i depistaggi erano la normalità, Peteano docet. Calabresi venne ucciso perchè mise il naso dove non doveva ficcarlo. Sul Nasco di Aurisina e ciò che vi poteva essere collegato, a partire dalla rete GLADIO  di cui ancora non si sapeva l'esistenza.  Come ricorda un noto artico...

Se a Trieste ritornano i venti nazionalistici del secolo breve nell'area del giardino pubblico

Uno spazio verde, definito da tanti come il piccolo e vitale polmone di Trieste. Dalla forma da un cuore allungato, o un triangolo mal riuscito. Realizzato a metà '800 in una Trieste fedele all'Austria, in una decina d'anni, su terreni comperati da monache. Doveva sorgere una chiesa, si racconta, e Muzio de Tommasini, podestà di Trieste, bocca sull'Adriatico di Vienna, decise di realizzare quello che poi sarà un giardino pubblico al cui interno contiene una trentina di busti collocati dai primi del '900 fino agli anni 2000. Tanti i personaggi importanti per l'irredentismo ed il nazionalismo italiano che hanno trovato spazio tra gli oltre 300 esemplari arborei del parco. L'elenco è variegato.  Tra coloro che avranno un ruolo importante per il nazionalismo italiano o l'italianità di Trieste non si possono che segnalare Pier Antonio Quarantotti Gambini, Giani Stuparich, Gianni Bartoli,  Ruggero Fauro Timeus, Scipio Slataper, Riccardo Pitteri, Carlo Banelli, per citarne alcuni.
Ma ci saranno i busti anche di coloro che renderanno nota Trieste in tutto il mondo a livello culturale come il trio Italo Svevo, James Joyce ed Umberto Saba, ci sarà anche Srečko Kosovel, o Virgilio Giotti.  
Area capeggiata dalla statua di Domenico Rossetti. L'opera  venne inaugurata il 25 luglio 1901 realizzata in parte dalla scultore Augusto Rivalta, allievo del Dupré, mentre il basamento con le statue allegoriche dell’Archeologia, della Poesia e della Giurisprudenza sono opera dello scultore Antonio Garella, discepolo del Rivalta. Statua che si congiunge idealmente con quella via Rossetti a cui Saba dedicò queste parole: Via del Monte è la via dei santi affetti / ma la via della gioia e dell'amore / è sempre via Domenico Rossetti. 
La figura di Rossetti è particolarmente cara a Trieste a cui verrà intitolato un teatro, oppure ci sarà anche una statua dominante sulla facciata di un palazzo nell'area di piazza della Borsa che ospitò l'attività iniziale della Società di Minerva, fondata da Rossetti, la cui statua  ricorda Dante, sempre in chiave volutamente "nazionalista". Società da lui fondata nel 1810 con l'intestazione di "Gabinetto". Rossetti è stato sì promotore del Gabinetto di Minerva ma con il console d'Olanda un massone noto a tutti, partecipò alla ricostituzione con Baraux e Massars , ex liberi muratori, del Casino Vecchio che si voleva intitolare alla Concordia, cosa che accadrà più avanti, con chiaro richiamo alla loggia settecentesca. 
E non è un caso che nel corso del tempo l'area del giardino pubblico di Trieste e la zona della statua di Rossetti divennero  dunque un riferimento simbolico importante per le correnti irredentiste e nazionaliste triestine o per la causa dell'italianità di Trieste. 
Che non digeriranno quello che venne letto come uno "sgarro", ad esempio, quando nel '45 proprio presso il teatro Rossetti nel maggio triestino si svolse l'assemblea italo-slovena. Il corrispondente speciale della Reuter, come rileva l'Unità in un suo articolo del 19 maggio 1945, in prima pagina,  riportò che dei rappresentanti presenti circa la metà parlava in italiano. “Nel gruppo di personalità più in vista che avevano preso posto sul palcoscenico del teatro, si notavano un prete e tre donne. Dietro di loro pendevano bandiere jugoslave, tricolori italiani con la stella rossa e bandiere alleate”. Una storia durata 42 giorni.
Si narra per esempio che nel '53, in occasione della celebrazione del 35°anniversario dell'arrivo dell'Italia su Trieste, il 3 novembre ci furono degli incidenti per manifestazioni nazionalistiche in città e che sulla statua del Rossetti venne collocato un tricolore poi fatto togliere dai soldati angloamericani che fino al 26 ottobre del '54 amministreranno Trieste. Così come a pochi minuti da quella zona vi era la sede storica del MSI, così come si ricordano in quell'area raduni di fascisti o nazionalisti negli anni che furono in quel secolo breve che Trieste non riesce proprio a lasciarsi alle spalle e che in questo tre novembre rivivrà in piena tensione come non succedeva probabilmente proprio dai turbolenti anni del '900.
Non è un caso che i casapoundisti concluderanno il loro corteo proprio in questa zona, il 3 novembre, giorno dell'approdo dell'Audace sull'ex molo san Carlo di Trieste, nel 1918,  molo che da quel momento diventerà, appunto, molo Audace.

Marco Barone

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