La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Al teatro di Monfalcone è andata in scena la speranza per il lavoro. In centinaia per 5 posti



Dopo il privato, con le aziende che hanno preso in considerazione i curriculum di ex lavoratori, ed erano centinaia, ora è il momento del pubblico. A Monfalcone si ritorna a parlare di lavoro, quel lavoro che la nostra Costituzione a parole tutelerebbe in modo splendido. Fin dal suo primo articolo, conosciuto a memoria dagli italiani, ma diventato una ritualità priva di senso a furia di essere tradita. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. No. Non lo siamo più, sempre che lo fossimo mai stati, una Repubblica fondata sul lavoro. I numeri impietosi dell'oggi, tra inattivi, disoccupati, emigrazioni verso Paesi terzi, in fuga dall'Italia, come succedeva una volta, parlano chiaramente. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Parole splendide queste dell'articolo 4 comma 1 della Costituzione. Da contemplare in una notte di ciel stellato. Ma la realtà sono quelle stelle cadenti, verso cui esprimi un desiderio, quello di poter avere un lavoro a tempo indeterminato, un lavoro dignitoso. Non un lavoro qualunque, come il sistema in questi ultimi anni ha voluto inculcarci a causa di una crisi che ha sfasciato tutto e di cui noi siamo solo delle vittime. Dignità e lavoro devono camminare insieme, altrimenti non potrà mai l'individuo realizzarsi all'interno della società. A Monfalcone, uno dei pochi Comuni che in Italia è riuscito a bandire un concorso pubblico per soli 5 posti a tempo indeterminato, centinaia di partecipanti in fila, al teatro comunale, per staccare quel biglietto della speranza. Giovani e meno giovani, uomini e donne, monfalconesi e non, ognuno con i propri pensieri, i propri timori, le proprie speranze. Vedi quella fila lunga, composta, quasi interminabile. Qualcuno passando per Corso del Popolo chiede se fosse in corso qualche spettacolo particolare. No, un concorso, per lavorare al Comune. In bocca al lupo. Sarà il saluto dei passanti.

E' triste vedere così tante persone in fila, per concorrere per una manciata di posti, che comunque a Monfalcone si è riusciti a mettere a disposizione. In altri Comuni si ricorre a sistemi diversi per fare cassa e non assumere, dalla mobilità interna alla precarizzazione del rapporto di lavoro. Il lavoro è l'emergenza delle emergenze. Non hai tante parole da spendere quando accadono queste cose. Niente di straordinario, è sempre così in Italia da decenni. Solo che con il passare del tempo è incrementato in modo esponenziale il numero dei partecipanti.Dei concorrenti. Il tuo vicino di banco è un tuo concorrente.Chi ti precede, o ti segue, è un tuo concorrente. Abbiamo accettato con normalità tutto ciò. Ma la solidarietà nella rassegnazione va oltre questa fantomatica concorrenza. Un numero, una persona, una persona, una speranza, una vita, una necessità, che il Pubblico non è in grado di soddisfare. Forse, come è stato detto, da qualcuno, è più facile fare il canonico terno al lotto, che superare un concorso pubblico per lavorare. Almeno se qualcuno fornisse i numeri giusti per tentare la fortuna.

Marco Barone

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