Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Unioni civili: fallimento clamoroso. Solo lo 0,2% della popolazione vi ha fatto ricorso. In FVG la media è dell'1,8%

Non era una legge perfetta la "Cirinnà". Lo si sapeva. Tante le lacune, tanti i compromessi al ribasso in un Paese bigotto come il nostro, però, è stata una conquista importante. Ma l'applicazione della Legge è fallimentare. Clamorosi i dati comunicati dall'Istat. "Al 1° gennaio 2018 i cittadini residenti che hanno costituito un’unione civile in Italia o che hanno trascritto un legame precedentemente contratto all’estero ammontano a circa 13,3 mila unità, lo 0,02% di tutta la popolazione residente Inoltre, le persone che risultano non più in unione civile a seguito dello scioglimento dell’unione o del decesso del partner sono ancora un numero molto contenuto (rispettivamente meno di 50 e meno di 150 unità)"

Numeri sconcertanti. 
In Italia a partire da luglio 2016 e fino al 31 dicembre 2017, rende noto l'ISTAT, "sono state costituite 6.712 unioni civili (2.336 nel secondo semestre 2016 e 4.376 nel corso del 2017). Le unioni civili, costituite presso gli Uffici di Stato civile dei comuni italiani nel primo anno e mezzo di applicazione della norma, hanno riguardato prevalentemente coppie di uomini (1.720 unioni nel 2016 e 2.962 nel 2017, pari rispettivamente al 73,6% e al 67,7% del totale), mentre le unioni civili costituite tra coppie di donne sono state pari a 616 nel 2016 e 1.414 nel 2017 (sul totale rispettivamente 26,4% e 32,3%). Nel corso del primo anno e mezzo di applicazione della legge, quasi il 60% delle unioni civili è stato costituito nelle regioni del Nord (il 38,8% nel Nord-ovest e il 21,1% nel Nord-est), più di un quinto del totale nazionale nel Centro (28,1%), mentre solo il 12,0% nelle regioni del Mezzogiorno. Nel periodo considerato, il 70% delle unioni civili si è concentrato in cinque regioni, con la quota più elevata in Lombardia (24,9% del totale nazionale), seguita da Lazio (15,5%), Piemonte, Toscana ed Emilia-Romagna (le prime due regioni con il 10,0% e la terza con il 9,7%), la geografia è pressoché invariata anche nel periodo successivo."
Il FVG è poco sotto il 2%, sopra la media nazionale, ma in totale si parla di un centinaio di unioni civili realizzate. 

Questi sono i dati, questa la realtà. Qualche interrogativo qualcuno se lo dovrà porre. Evidentemente la legge non funziona senza dimenticare l'enorme problema culturale che esiste nel Paese, dove l'omofobia ed il razzismo in tal senso sono un problema enorme.

Marco Barone

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