Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Da Villesse a Duino passando da Monfalcone ci mancava solo l'ennesimo camino di 25 metri

Alte, possenti, le intravedi in lontananza. Sono segno dell'industrializzazione del territorio. Ora bianca e rossa, ora con lucci bianche e rosse. Ora cemento, ora metallo. E poi cavi sospesi tra il cielo e la terra. Un miscuglio di brutture affliggono un territorio paesaggisticamente meraviglioso tra fiumi, Carso e mare. Potrebbe vivere di solo turismo, ma sopravvive di altro. A fatica. Brutture in una non certo di sua splendente Monfalcone, con quel cammino di 150 metri della centrale a carbone, brutture in una più anonima Villesse, le cui campagne sono state conquistate dal più grande centro commerciale del NordEst, nella provincia con più centri commerciali d'Italia, Gorizia, con quell'elettrodotto che per ragioni di costi non è stato possibile interrare per impattare in modo pesante sul paesaggio di questa zona del confine orientale italiano.

elettrodotto zona Villesse
cava zona Doberdò direzione Gorizia strada del Vallone
E poi tra la provincia di Gorizia e Trieste,  a Duino, lì dove una volta sorgeva il rimpianto da parte di qualcuno confine del mai costituito a livello governativo Territorio Libero di Trieste, dove ancora si svolgono battaglie simboliche tra una pietra nazionalista che ricorda il passaggio all'amministrazione italiana avvenuta nel '54 e bandiere rosse con l'alabarda di Trieste, lì dove risorge il Timavo, dopo aver percorso 40 km sottoterra e non aver visto quella blasfemia che deturpa il Carso dalle parti di Doberdò dove si scava, giorno dopo giorno, il rude e duro povero Carso, che vista dall'alto sembra una piccola Sicilia, l'ennesima cava del FVG,
cava Doberdò vista dall'alto
qualcuno vorrebbe far sorgere l'impianto di pirogassificazione, destinato allo smaltimento di rifiuti speciali non pericolosi provenienti dalla fabbrica Burgo di Duino. L'impianto avrà una potenza termica nominale di circa 10 MW (valore medio annuale), permettendo il trattamento di poco meno di 22.000 t/anno del residuo di lavorazione scarto pulper. Il processo permette di ottenere fino a 150.000 t/anno di vapore riutilizzato dalla cartiera per il processo produttivo. L'altezza del camino dei fumi prodotti è di 25 metri con diametro di 750 millimetri. 
Ci manca solo questo. Per completare la cornice in un territorio che meriterebbe tutt'altro "sviluppo" e visione. Ma così va il mondo, si dice.
Marco Barone 

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