L'ISTAT ha pubblicato un corposo rapporto incentrato sulla questione della conoscenza. Ed emerge una fotografia del Paese devastante. Da un lato hai la propaganda di chi racconta un Paese che esiste solo nella sua mente che mente, a partire da chi difende la peggior legge mai scritta in Italia in materia di legislazione scolastica quale la "buonascuola" bocciata da quasi l'intera comunità scolastica con uno sciopero epocale nel maggio 2015. Dall'altro hai la realtà che ti narra un Paese in estrema difficoltà e povertà e diffusa ignoranza. L'Istat rileva chiaramente che "in Italia la recessione, anche per i vincoli di finanza pubblica dovuti
al debito, è stata più profonda rispetto a tutte le altre economie
europee, riportando il potere d’acquisto delle famiglie nel 2012
indietro fino ai livelli degli anni Novanta."
E ciò sotto gli occhi di tutti.
A livello di conoscenza afferma che "L’Italia è un’economia industriale ad alto reddito ma anomala, perché caratterizzata, a confronto con le altre maggiori economie europee, da livelli di istruzione e competenze modesti, ancorché crescenti."
"Il nostro Paese, che insieme ai livelli d’istruzione contenuti è caratterizzato anche da una bassa intensità di ricerca e sviluppo e da un’attività brevettuale modesta ha quindi fondato una parte importante del suo benessere su produzioni con un contenuto di conoscenze specialistiche relativamente limitato, facilmente replicabili a costi minori altrove. È un destino simile a quello della Spagna, con cui l’Italia ha condiviso una caduta so-stanziale della produzione industriale, oltre che del prodotto interno lordo (Pil)."
L'Italia ha un ritardo storico enorme in materia d'istruzione:
"L’Italia presenta un ritardo storico nell’istruzione rispetto ai paesi più avanzati. Nel 2016, la quota di persone tra i 25 e i 64 anni con almeno un titolo di studio secondario superiore ha raggiunto il 60,1%, con una leggera prevalenza femminile (62 a 58). Nonostante un aumento di 8 punti rispetto al 2007, questa quota resta inferiore di 16,8 punti percentuali rispetto alla media europea. Il ritardo italiano è in larga misura, ma non esclusivamente, dovuto alla scarsa istruzione delle coorti più anziane. Tra le persone tra i 25 e i 34 anni, il 73,9% ha almeno un titolo di studio secondario superiore, ma nell’Ue sono l’83,4%, con un differenziale di 9,5 punti. I livelli di istruzione della popolazione adulta sono molto variabili sul territorio: in Sicilia e Puglia meno della metà dei residenti possiede almeno un diploma secondario superiore e solo il 13% un titolo terziario, mentre nel Lazio, anche grazie alla maggior offerta di lavoro qualificato, queste percentuali salgono al 70 e 23%. Nella coorte del-le persone tra i 25 e i 34 anni le differenze territoriali restano importanti, ma sono più circoscritte: in alcune regioni la quota di giovani con almeno il diploma supera l’80%, ma resta inferiore al 70% in Calabria, Puglia, Campania, Sicilia e Sardegna."
Da segnalare che " le competenze degli studenti del Centro-nord, inoltre, sono decisamente superiori a quelle dei colleghi delle regioni meridionali, con un distacco particolarmente ampio per quelle numeriche.Al netto dell’effetto di composizione tra indirizzi scolastici, la forbice tra le regioni meglio istruite e quelle più sfavorite è di oltre trenta punti per le competenze alfabetiche, mentre supera i quaranta per quelle numeriche. In entrambi i casi, le differenze territoriali sono sensibilmente più ampie tra i ragazzi che tra le ragazze."
Marco Barone
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