Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ma ha ancora senso la "Venezia Giulia"? O meglio regione di Trieste?





Venezia Giulia. Un nome che ha sicuramente un suo fascino, originale, una forzatura storica pasticciata, proposta ed utilizzata sin dal 1863, come si legge nell'Enciclopedia Treccanti dal linguista goriziano G.I. Ascoli in sostituzione di ‘Litorale’ (Küstenland), usato dagli Austriaci. "Dal 1920 sotto la denominazione di V. furono compresi anche territori appartenenti alla Carniola; i limiti della regione non erano del resto ben definiti: ora comprendeva anche il Friuli ora questo era considerato come appartenente al Veneto, per cui la V. corrispondeva ai territori orientali ceduti dall’Austria all’Italia in seguito alla Prima guerra mondiale, cioè le province di Gorizia, Trieste, Pola e Fiume (superficie 8893 km2 con 955.257 ab. nel 1936), zona caratterizzata dal graduale trapasso del sistema alpino in quello dinarico e dalla compenetrazione di elementi italiani e slavi. Il piccolo lembo della V. rimasto all’Italia dopo la Seconda guerra mondiale è confluito nella regione a statuto speciale Friuli-V.." In rete si legge che "nel corso dell'VIII Congresso Geografico Italiano (marzo-aprile 1921), venne votato all'unanimità un ordine del giorno - presentato dal geografo friulano Olinto Marinelli - col quale si chiedeva che il nome di Venezia Giulia (o altro equivalente) avesse "d'ora innanzi a comprendere, oltre ai territori redenti, anche l'intero territorio friulano". Il nome proposto dal congresso fu "Regione Giulia", ritenendo quindi superata la denominazione ascoliana".  Neanche a farlo apposta, esattamente cent'anni dopo la proposta ascoliana, nascerà la regione del Friuli- Venezia Giulia, prima con il trattino, volto a separare due entità diverse, distinte ed eterogenee  e poi senza. Ma questo non significa che il Friuli e la Venezia Giulia siano unite. Continuano a rimanere divise passando dal cuscinetto della Bisiacaria. Per arrivare al capolavoro attuale di ben 18 Unioni Territoriali Intercomunali che hanno frantumato in modo potente il territorio di una regione estrema italiana di poco più di un milione di abitanti, quasi quanti quelli che fa da sola la provincia di Bologna. Ora, Venezia Giulia, ha ancora senso? I vecchi territori, persi a causa del fascismo, appartengono legittimamente alla Slovenia e Croazia, la Venezia Giulia è dunque solo il territorio di Trieste, il termine Venezia non c’entra assolutamente nulla con Trieste con cui anzi vi è stata una rivalità storica enorme, che continua ancora oggi, dunque non si capisce il senso di mantenere ancora oggi un tal nome, seppure affascinante, ma altamente antistorico. Meglio sostituirlo con regione di Trieste? Certo, poi si porrà il problema di come chiamare il FVG, sicuramente non Friuli-Trieste, perchè suona malissimo, ma l’inventiva non mancherà, qualche idea verrà, il mondo avanza, le epoche mutano mentre continuiamo a rimanere ancorati ad un qualcosa che non esiste più e che forse non avrebbe più alcuna ragione di esistere.
 
Marco Barone 


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