C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Scuola e ferie docenti: dispiace aver fatto cadere la mascella e venire l'ulcera ad una lettrice del Piccolo


Mi dispiace aver fatto cadere la mascella e venire l'ulcera ad una lettrice del Piccolo. Così come non era mio intento offendere(?) profondamente i lavoratori ed i disoccupati, ma ognuno è libero di percepire le cose come vuole. No, non sono un professore. Sono un libero professionista che ogni giorno si interroga sul proprio futuro, perchè noi giovani, anche se oramai forse non più tanto giovani anche se comunque sotto i 40anni, che abbiamo deciso di percorrere una via, con enormi sacrifici,ci siamo formati in un certo modo, siamo stati letteralmente schiaffeggiati da un sistema che continua a maltrattarci, sempre più oneri sempre meno onori e sempre più precari in una situazione sociale ed economica pessima. Non è un mistero che sono migliaia gli avvocati che si son cancellati in tutta Italia dall'albo per le nuove regole, ma il grosso dell'emorragia deve ancora arrivare, questione di qualche anno, quando finiranno le "agevolazioni", sarà un disastro (previsto) con migliaia di migliaia di nuovi disoccupati. Ma, nonostante ciò, ho sempre difeso i lavoratori, tutti, e continuerò a farlo, fino a quando ne avrò la possibilità, a partire da quelli della scuola. Sì, sono trattati in modo indegno rispetto al lavoro che svolgono, concetto che rivendico. Come lei dovrebbe sapere le ferie annuali retribuite sono un diritto sancito dalla Costituzione e regolato dal Codice Civile e dal Dlgs 66/2003 con successive modificazioni, per cui ogni lavoratore ha diritto a fruire di un periodo di ferie non inferiore alle 4 settimane all'anno, o anche di più se previsto dal CCNL di categoria, per esigenze psicofisiche e di salute. Per il personale della scuola queste vengono esercitate per contratto obbligatoriamente durante il periodo della sospensione dell'attività didattica, non hanno altra possibilità. Non si deve dimenticare che circa l'80% se non più del personale scolastico è di sesso femminile, che esiste una questione di lavoro femminile sottovalutata nella scuola quanto nella società e che il loro lavoro non si esaurisce con le ore classiche di didattica frontale ma continua ogni giorno anche a casa( e non è retribuito) nonostante tutte le incombenze che si devono affrontare. Poi se avere una retribuzione adeguata, un contratto dignitoso, viene valutato come un privilegio, è un concetto che rispedisco al mittente. Comunque se non si conosce profondamente il mondo della scuola, comprendo il senso di stupore che possono suscitare alcune considerazioni, da chi vive il tutto dall'esterno, troppo qualunquismo e troppa demagogia martellante nella nostra Italia nel corso degli anni hanno partorito un mostro che si accanisce contro uno dei tasselli più importanti e fragili della nostra società e ci spinge a trasformare i diritti in privilegi e ad accettare come fattore normale situazioni lavorative al ribasso. Ma è un discorso troppo articolato da poter esercitare in sole 30 righe. Rimango a disposizione del nostro giornale per qualsiasi approfondimento che vorrà effettuare e che ringrazio per lo spazio dedicato a tale questione. 
Marco Barone

Note:
Questo il mio intervento Pubblicato sul Piccolo  

Questa la replica della lettrice del Piccolo pubblicata il 26 luglio
Talvolta mi capita di leggere su codesta rubrica alcune segnalazioni che mi fanno cadere la mascella e venire l'ulcera. Una di queste è stata pubblicata venerdì 21 luglio, a firma del sig. Marco Barone, professore, suppongo. Egli, molto concentrato sui diritti più che sui doveri e privilegi della categoria o sulla triste realtà dell'intero mondo del lavoro, ci ha raccontato quanto sia bistrattato il corpo docente della scuola pubblica, gravato da tante responsabilità sociali, con contratto fermo da dieci anni, con stipendi "ridicoli", continui incrementi di responsabilità e carichi di lavoro a costo zero per lo Stato, tormentato dalla "disdicevole" impostazione meritocratica del lavoro, dettata dalla dirigenza. Mi permetto qualche considerazione per tentare di lenire la profonda offesa fatta dal signor Barone a tanti lavoratori e a troppi disoccupati. Tutto ciò che viene lamentato riguarda la maggior parte dei lavoratori con l'aggravio, per chi opera nel privato, di vivere nell'incubo costante di poter perdere il lavoro da un giorno all'altro. Poi ci sono i tanti, anche molto qualificati, che pagherebbero oro per avere un contratto vecchio di dieci anni e per portarsi a casa "stipendi ridicoli" (definizione che ritengo, in questo caso, offensiva, inaccettabile, ributtante!). L'aumento dei carichi di lavoro a costo zero, riguarda tutte le categorie: crisi, malgoverno, demenziale aumento di tasse e burocrazia stanno penalizzando tanti, imponendo stress e ritmi di vita rocamboleschi, non solo senza maggior guadagno ma, spesso, col solo fine di tamponare perdite. Ma arriviamo alla "chicca": il signor Barone protesta contro chi attribuisce agli insegnanti ben due mesi di ferie estive... A parte il fatto che, oltre agli insegnanti, non conosco tanta gente che abbia trenta 30 giorni di ferie estive, sarebbe onesto precisare che ulteriori 30 e più giorni di reperibilità non possono essere equiparati a giornate lavorative: uno può essere reperibile ma andare a Barcola, a passeggiare sul Carso, a fare shopping o starsene comodo a casa a farsi i propri affari, per poi, magari, imprecare quando, raramente, viene disturbato per rientrare un paio di giorni al suo incarico. Ciò è ben diverso dal lavorare. Il signor Barone si è poi scordato di annoverare i vari giorni di interruzione del lavoro degli insegnanti in occasione di Natale, Carnevale, Pasqua, ponti vari, eventuali elezioni... Ah, forse perché questi non sono propriamente "ferie estive". Esorto il signor Barone a leggere su internet quanto dichiarato in merito dal suo più onesto collega professor Enrico Galiano. E a provare a lavorare come libero professionista o come dipendente nel privato: 40 e più ore alla settimana, per almeno 47 settimane all'anno, senza matematica certezza di uno stipendio, di ferie o di continuità di lavoro.Elena Dominicini

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