Il Friuli Venezia Giulia non è più l'isola felice di un tempo. E' una regione, piccola, ha un numero di abitanti di poco superiore alla sola provincia di Bologna, è una terra dove esistono tanti piccoli Comuni, sono in totale 216, che vengono continuamente attaccati e sistematicamente a questo attacco che arriva da fuorvianti proposte di fusione si risponde democraticamente con un no netto.
Una terra che deve la sua specialità al suo plurilinguismo, ma in gran parte violato e violare o non rispettare le minoranze linguistiche significa compromettere il cuore ed il senso stesso della specialità del FVG. Una regione dove vi sono state per decenni politiche assistenzialiste, venute meno quando l'ultimo muro è crollato, quello di Gorizia e con esso vi è stato un chiaro effetto traumatico per buona parte dell'economica locale.
Una terra che accoglie quasi 5 mila richiedenti asilo, ma dove l'accoglienza diffusa è fallita e dove spesso i migranti vengono abbandonati letteralmente a se stessi senza alcun reale e concreto piano di integrazione culturale, sociale. Una regione dove si è colpita la sanità, una regione dove si è colpita la democrazia intermedia con l'assurdo ed incompreso sistema delle UTI, una regione dove la disoccupazione è alta, gli inattivi sono tantissimi, ed il lavoro senza diritti o con diritti risicati è la normalità. Una regione dove la povertà è in sistematico aumento e dove i pensionati sono sempre in crescente difficoltà economica. Una regione che invecchia rapidamente e dalla quale i giovani fuggono.
Una regione dove si continua a morire sul lavoro, una regione dove le mafie esistono, ci sono, si muovono, intossicano quella che non è più una terra immune da questo cancro tutto italiano, ma un fenomeno per quanto umano e sociale totalmente sottovalutato dalla cittadinanza e non compreso. Una regione dove la questione morale ha ancora una sua valenza importante e quando questa viene tradita nulla verrà perdonato.
Una regione dove esiste una vera e propria questione meridionale a partire dall'emergenza lavoro. Così come quello che accadeva nei confronti dei meridionali emigrati nel nord, oggi accade nei confronti della manovalanza straniera. E la colpa non è degli stranieri ma del sistema.
Un
sistema che tra appalti, sub- appalti, distacco e tanto
altro ha permesso una riduzione dei diritti drastica che si estende
conseguentemente anche a chi non è straniero. La parola d'ordine
non deve essere solo diritto al lavoro, ma diritto al lavoro con
diritti. La sindacalizzazione nei confronti soprattutto della
manovalanza straniera è una utopia eppure storicamente è stata propria
la sindacalizzazione nei luoghi di lavoro a consentire il superamento di
certe pratiche becere, favorire l'integrazione e combattere lo
sfruttamento e sconfiggere il razzismo. Ma la sindacalizzazione è
complessivamente in
calo ovunque. Una regione dove vi è
una richiesta importante di protezione sociale ed i cittadini non
potranno mai dare il proprio sostegno a chi, destra o sinistra che sia,
ha
determinato e causato la domanda di protezione sociale.
Una regione dove vi è una richiesta importante di protezione sociale, come già evidenziato, ed a questa domanda oggi risponde la destra, con le sue ricette del prima gli. Lo spazio per una sinistra sociale c'è, esiste, è enorme. Ma non potrà essere la sinistra progressista o trasformista la soluzione, perchè ad oggi ha fallito, perchè altro non è stata che una variante di quel sistema che ha determinato la domanda di protezione sociale. Si deve tornare alla radicalità nelle soluzioni e questa radicalità altro non significa che attuare semplicemente la nostra benedetta Costituzione. Essere conservatori di sinistra significa questo, cioè essere l'opposto di quello che è stato il centro sinistra di oggi, diventato scivolo per le peggiori politiche di una destra sempre più forte, pur nella consapevolezza che l'astensionismo è in continuo e pauroso aumento.
Questo è quanto almeno io penso.
Marco Barone
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