Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

I muri ed i confini sono il segno della debolezza e della paura

Se c'è un luogo dove l'individuo rinuncia alla propria minimale identità, per cercare qualcosa di più profondo e grande, questi sono i luoghi di confine, dove i muri cadono per la forza e la voglia di condividere, conoscere, sapere. I muri son sempre esistiti come fortezza espressione della debolezza massima di chi li ha realizzati. 
E son crollati, sempre, e sempre crolleranno, perchè quella imposizione oltre millenaria che vuole il solco, dai tempi di Romolo e Remo, se non prima, è finita. E' in corso una rivoluzione culturale che mina quelle sterili ed imposte radici che vorrebbe l'Europa come figlia della civiltà cristiana o romana. Siamo oramai oltre tutto ciò. Ed ogni tentativo di ritorno sarà solo una sterile simulazione. Urla di disperazione che fanno una letterale concorrenza e per niente artistica, vista anche la bruttezza dei muri nascenti in questo terzo millennio, all'urlo di Munch.  
Pensiamo, per esempio, a quell'unicum in Italia, ma non nel mondo, che vi è tra Gorizia e Nova Gorica dove puoi stare con un piede non in due scarpe ma in ben due Stati diversi. Oppure alla diagonale della follia nel cimitero di Miren, Merna. Ancora oggi è visibile la linea senza ombra con inciso la data del 1947, quando verrà il cimitero diviso dal confine come definito sulla carta nel trattato di Pace e quella del 1974, ultimo anno di tale divisione all'interno del cimitero, e la linea di confine verrà poi definita in modo più equilibrato, almeno all'interno del cimitero. I confini, i muri, sono sintomo di debolezza e paura. Essendo anche una condizione umana quella della paura e della debolezza, non è una condizione umana né il confine, né il muro. Pensiamo che rinchiuderci in un recinto come vitelli, possa segnare la salvezza di non si sa poi neanche bene cosa e da cosa? 
A volte, nella nostra assoluta auto-referenzialità  crediamo di essere dei vitelli d'oro ignorando poi la fine che fece l'idolo fabbricato da Aronne al ritorno di Mosè.
Metaforicamente parlando Mosè ritornerà, prima o poi, con o senza recinto, reticolato o muro. E questo crollerà, e verrà anche rinnegato.
Siamo in un mondo di 7 miliardi di persone, pensare di chiudersi è una totale follia e neanche figlia dell'istinto animalesco che ancora caratterizza la vita dell'uomo. I luoghi di confine devono insegnare che solo la condivisione, il dialogo, l'integrazione reciproca e non unilaterale, sono la miglior protezione contro il degrado asociale ed inumano nel quale siamo precipitati e noi in FVG possiamo insegnare tanto in tale direzione, visto quando accaduto negli ultimi decenni, nonostante sterili tentativi di ostinazione contraria al buon senso ed al buon vivere comune. 

Marco Barone

Commenti

  1. Bene, non erigiamo muri. E cosa facciamo? Lasciamo che 5 miliardi di persone vengano qui in Europa? Oppure ci limitiamo ai 500 milioni di africani che non hanno di che vivere? Ne basterebbe un quarto per distruggere il delicato equilibrio del nostro continente ed il nostro stile di vita. Immagina l'Italia con 100 milioni di abitanti, lo stato sociale, il mercato del lavoro e persino le infrastrutture non sarebbero capaci di reggere il peso di così tante persone. Purtroppo la realtà è questa, voi sognatori parlate senza sapere. Non volete muri? Beh, c'è chi li vuole. E fortunatamente sono sempre di più quelli che hanno capito che un'immigrazione sconsiderata è un male sia per noi europei sia per i paesi che perdono forze fresche e capaci di migliorare i paesi di origine. I muri ci sono sempre stati, certo, sono caduti, ma sono stati eretti nuovamente. E sempre ci saranno...

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