Nei giorni in cui vi è stato un caldo afoso, a Gorizia e nel goriziano, si sono verificati una serie di episodi che hanno semplicemente esasperato gli animi. Dalla scazzottata tra due richiedenti asilo a Gorizia, tanto che qualcuno ha evocato che una rissa in quel luogo non accadeva dai tempi della guerra, dalle urla ed azioni di disturbo sull'Isonzo, alla caccia e morte del cigno, alla tentata violenza nei confronti di una donna a Gorizia. Ora, premesso che atti e fatti di delinquenza vanno puniti e trattati come tali, e lungi dal voler giustificare fatti deprecabili, è innegabile che a Gorizia vi è una percezione diversa se il fatto sia compiuto da un richiedente asilo piuttosto che da un normale cittadino italiano. I motivi sono molteplici, spesso frutto anche dell'esasperazione che è maturata in città per ragioni o torti ben noti nei confronti di queste persone. Ma è anche vero che probabilmente ci si aspetta un comportamento diverso, più ligio, più rigoroso, da chi viene "accolto" e fuggitivo da guerre o persecuzioni.
Non volendo entrare nel merito di alcuni episodi che si sono verificati, anche per rispetto di chi per competenza deve approfondire e comprendere se sussistono ipotesi reali di reato o meno e come perseguirle, una cosa deve essere tassativa, non si può e non si deve generalizzare o creare per ragioni politico elettorali un clima di paura che rischia di favorire se non una caccia allo "straniero" certamente una situazione di assoluta intolleranza e di insicurezza in città, in una Gorizia che è una città notoriamente piccola e sicura.
Chi delinque verrà trattato come tale e con le regole dello stato di diritto, chi subisce violenze odiose e deprecabili deve ricevere solidarietà senza che vi sia alcuna strumentalizzazione.
E colgo l'occasione per ribadire in questa sede un concetto che reputo significativo anche se non comunemente condiviso ed accettato. Pazienza. Dico quello che penso e scrivo quello che dico. A parer mio, i richiedenti asilo, fin dal primo inserimento in Italia, devono frequentare corsi obbligatori di italiano, devono andare a scuola, con percorsi differenziati in base al tipo basilare di istruzione in loro possesso. La conoscenza della lingua è fondamentale e non solo della lingua. L'integrazione deve passare attraverso l'istruzione. Ed il nostro sistema, anche locale, è stato letteralmente catastrofico in tal senso. Se non si conosce la lingua, se non si conosce l'abc sussistente in Italia, se non si ha un minimo di istruzione, come potrà mai esserci integrazione minima e rispetto delle "regole" civili di reciproca convivenza? Eppure ciò potrebbe essere anche una grande fonte occupazionale e non solo. Noi viviamo in una situazione sociale molto tesa, con la disoccupazione a livelli impressionanti, con un degrado sociale e culturale significativo e dove la politica della pancia prevale su quella della ragione e del buon senso. L'accoglienza umanitaria è un dovere ed un diritto, ma affinché vi possa essere integrazione, che non può passare sempre per le vie dell'abusato sistema del volontariato, ma che deve passare per le vie Istituzionali, vi deve essere Istruzione.
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