Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Aborto: l'obiezione di coscienza va abolita



Si dice che i diritti non possono essere imposti dall'alto. Menzogna. Se la società deve correre dietro ai costumi, ai vincoli morali conservatori, ai sondaggi come governati da alcuni committenti, i diritti non avrebbero mai terreno fertile. La forza della politica è quella di andare oltre, è quella di avere il coraggio di osare, osare per i diritti umani. E tra il diritto all'aborto, che spesso si trasforma in una possibilità, e l'obiezione di coscienza vi è una incompatibilità assoluta. L'attività nobile e sacra del medico andrebbe esercitata in assoluta libertà ed indipendenza di giudizio e di comportamento, libera da ogni tipo di condizionamento, sia esso morale che di coscienza. Solo la scienza deve governare la medicina. Il Consiglio di Europa recentemente aveva affermato che nel nostro Paese a causa dell’elevato e crescente numero di medici obiettori di coscienza, si violano sistematicamente i diritti delle donne che, alle condizioni prescritte dalla Legge 194 del 1978, intendono interrompere la gravidanza. La nota, ed antiquata per alcuni aspetti, Legge 194/1978, afferma che la dichiarazione dello obiettore deve essere comunicata al medico provinciale e, nel caso di personale dipendente dell'ospedale o dalla casa di cura, anche al direttore sanitario, entro un mese dal conseguimento dell'abilitazione o dall'assunzione presso un ente tenuto a fornire prestazioni dirette alla interruzione della gravidanza o dalla stipulazione di una convenzione con enti previdenziali che comporti l'esecuzione di tali prestazioni. L'obiezione puo' sempre essere revocata o venire proposta anche al di fuori dei termini di cui al precedente punto ma in tale caso la dichiarazione produce effetto dopo un mese dalla sua presentazione al medico provinciale. L'obiezione di coscienza esonera il personale sanitario ed esercente le attivita' ausiliarie dal compimento delle procedure e delle attivita' specificamente e necessariamente dirette a determinare l'interruzione della gravidanza, e non dall'assistenza antecedente e conseguente all'intervento. L'obiezione di coscienza non puo' essere invocata dal personale sanitario ed esercente le attivita' ausiliarie quando, data la particolarita' delle circostanze, il loro personale intervento e' indispensabile per salvare la vita della donna in imminente pericolo. I dati mediamente noti, a livello statistico, dimostrano che in Italia è l'obiezione di coscienza a farla da padrona assoluta, minando gravemente il diritto all'autodeterminazione delle donne, e compromettendo anche il loro diritto alla vita ed alla tutela dell'integrità psicofisica. A livello nazionale gli obiettori variano tra un minimo del 67% al nord e l'80,5% al sud. Questa situazione deve giungere a termine, si deve abortire il diritto all'obiezione di coscienza.

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