Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Tre progetti di Legge per reprimere il diritto di sciopero nel settore Pubblico




Vi è sempre una ragione quando determinati fatti, eventi, diventano di dominio pubblico, vengono indirizzati, governati affinché l'opinione pubblica possa assumere un giudizio di condanna e fortemente critico. Mi riferisco ai recenti scioperi che hanno riguardato la Capitale. Ciò perché vi sono ben tre progetti di Legge che vogliono rivedere in modo incisivo la materia disciplinante gli scioperi, con particolare attenzione al settore dei trasporti.  Ed il miglior modo per legittimare anche provvedimenti giuridici fortemente penalizzanti nei confronti dei lavoratori e limitanti il diritto di sciopero è quello di creare la giusta cornice. Cornice che ovviamente ben può essere funzionale anche a logiche finalizzate a sostenere la privatizzazione di determinati settori e beni pubblici.
Il servizio studi del Senato ha pubblicato una nota breve con la quale analizza sinteticamente i tre provvedimenti che rischiano di rivedere in modo peggiorativo il funzionamento del diritto di sciopero nel settore dei “servizi pubblici essenziali”. Seguirà ora parte del testo come pubblicato dal citato ufficio studi del Senato.


Il primo è il disegno di legge A.S. n. 550 che reca alcune novelle alla L. n. 146 del 1990. Provvedimento che incide soprattutto su alcuni obblighi di comunicazione alla Commissione di garanzia o di consultazione della medesima nonché l'eventuale svolgimento di una procedura di conciliazione presso la stessa. 
Quello più significativo è certamente il disegno di legge A.S. n. 1286 che è sostanzialmente identico al disegno di legge presentato nella scorsa legislatura dal Governo Berlusconi IV (A.S. n. 1473 della XVI legislatura. "L'articolo 1 reca una disciplina di delega per la revisione della normativa sullo sciopero nei servizi pubblici essenziali, con esclusivo riferimento ai settori o alle attività che incidano sul diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione. Si propone:  la condizione che lo sciopero sia proclamato da parte di organizzazioni sindacali complessivamente dotate, a livello di settore, di un grado di rappresentatività superiore al cinquanta per cento oppure in séguito ad un referendum preventivo, tra i lavoratori dei settori o delle aziende interessati, che registri la posizione favorevole all'astensione di almeno il trenta per cento degli aventi diritto al voto (lettera a)). Tale referendum, inoltre, può essere indetto solo da organizzazioni sindacali complessivamente dotate, a livello di settore, di un grado di rappresentatività superiore al venti per cento;  la previsione, da parte degli accordi o contratti collettivi o delle suddette regolamentazioni provvisorie della Commissione, che - "almeno con riferimento a servizi o attività di particolare rilevanza" - il singolo lavoratore esegua, ai fini della legittimità della partecipazione all'astensione, una dichiarazione preventiva di adesione allo sciopero (lettera b));  la possibilità che l'istituto dello sciopero virtuale, come disciplinato dagli accordi o contratti collettivi, sia reso obbligatorio "per determinate categorie professionali le quali, per le peculiarità della prestazione lavorativa e delle specifiche mansioni, determinino o possano determinare, in caso di astensione dal lavoro, la concreta impossibilità di erogare il servizio principale ed essenziale" (lettera c)). 

La forma di sciopero virtuale consiste in una manifestazione di protesta che garantisca lo svolgimento della prestazione lavorativa;  la definizione di procedure per un congruo anticipo della revoca dello sciopero, al fine di prevenire i pregiudizi causati dalla diffusione della notizia dell'astensione, e l'adozione di una più efficiente disciplina delle procedure di raffreddamento e conciliazione, in ragione della specificità dei singoli settori oggetto della presente delega (lettera d));  la semplificazione delle regole relative agli intervalli minimi tra una proclamazione (di sciopero) e la successiva, anche in funzione del grado di rappresentatività dei soggetti proclamanti, nonché una revisione delle prescrizioni sulla concomitanza di scioperi che incidano sullo stesso bacino di utenza (lettera e));  la definizione di una disciplina specifica per il fermo dei servizi di autotrasporto, con specifico riferimento alle prestazioni essenziali da garantire e alla durata massima dell'astensione (lettera f));  l'attribuzione di competenze e funzioni di natura arbitrale e conciliativa, anche obbligatorie per i "conflitti collettivi", alla suddetta Commissione, con la possibilità, per quest'ultima, di avvalersi a tal fine di strutture e personale (secondo le relative competenze istituzionali) del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, con esclusione di oneri aggiuntivi a carico della finanza pubblica (lettera g)); la definizione di un migliore e più effettivo raccordo tra la Commissione e le autorità pubbliche competenti per l'adozione dell'ordinanza di precettazione (lettera h)); il "potenziamento del coinvolgimento delle associazioni degli utenti e della corretta informazione all'utenza dei servizi essenziali", anche attraverso gli strumenti e gli organi di comunicazione (lettera i));  il divieto di forme di protesta o astensione dal lavoro, in qualsiasi attività o settore produttivo, che, per la durata o le modalità di attuazione, possano essere lesive del diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione (lettera l)).  L'articolo 2 delega il Governo ad adottare, entro un anno dall'entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi per la revisione e l'aggiornamento del regime sanzionatorio, con riferimento a tutti i servizi pubblici essenziali, nel caso di violazione delle regole sul conflitto da parte dei promotori del medesimo, delle aziende che tengono comportamenti sleali e dei singoli lavoratori, "con specifico riferimento al fenomeno degli scioperi spontanei". La delega in esame riguarda, come detto, tutti i servizi pubblici essenziali (a differenza di quella di cui all'articolo 1);sembrerebbe opportuno, al riguardo, adeguare il titolo del disegno di legge, il quale fa riferimento esclusivamente ai conflitti collettivi di lavoro aventi riflessi sulla libera circolazione delle persone". 

Il servizio Studi del Senato rende noto che : “Riguardo alle modalità per l'esercizio della delega (e alla possibilità di emanare successivi decreti legislativi, integrativi e correttivi), l'articolo 2 fa rinvio ai commi 3, 4 e 5 dell'articolo 1. I principii ed i criteri direttivi sono stabiliti dalle lettere da a) ad e) dell'articolo 2, comma 1. Per le imprese o amministrazioni che erogano i servizi e per le organizzazioni sindacali proclamanti, la lettera a) prevede l'aggiornamento e la rivalutazione dell'entità economica delle sanzioni, sulla base degli elementi ivi indicati. Riguardo, invece, ai lavoratori che si astengano dal lavoro in violazione delle norme di legge o di accordo o contratto collettivo, la lettera b) prevede l'introduzione di sanzioni amministrative, nei termini ivi contemplati ed "in alternativa alle condotte sanzionate disciplinarmente" di cui all’art. 4 della L. n. 146 del 1990, e successive modificazioni. Potrebbe essere ritenuto opportuno chiarire se la nozione di "alternativa" si riferisca ad una sostituzione operata in via preventiva e generale dai decreti legislativi - per alcune o per tutte le violazioni in oggetto. La lettera c) pone il principio dell'estensione delle sanzioni della disciplina sugli scioperi nei servizi pubblici essenziali ad altri settori, qualora le proteste o le astensioni dal lavoro, per la durata o le modalità di attuazione, possano essere lesive del diritto alla mobilità e alla libertà di circolazione".

Il Capo I del disegno di legge A.S. n. 2006 " introduce una nuova normativa sugli scioperi che incidano sui servizi di trasporto pubblico o sui servizi di manutenzione ordinaria o straordinaria di impianti di ascensori. Il Capo II modifica la normativa in materia di assemblee sindacali dei lavoratori, in parte in via generale ed in parte con riferimento al settore dei servizi pubblici essenziali. Il Capo III reca norme transitorie e finali. Dall'àmbito di applicazione delle norme del Capo I sono escluse le forme di protesta (come lo sciopero virtuale ) diverse dalle astensioni dal lavoro (articolo 1, comma 4). La disciplina proposta si applica fino all'eventuale adozione di un accordo collettivo di regolamentazione, giudicato idoneo dalla Commissione di garanzia (articolo 1, comma 5). Gli articoli 2 e 3 disciplinano le condizioni per la legittimità della proclamazione dello sciopero, rispettivamente, a livello di azienda o di più aziende, nei settori summenzionati. Le condizioni sono, per ambedue i livelli, costituite da una delle seguenti fattispecie: proclamazione da parte di un'organizzazione sindacale o di una coalizione di organizzazioni sindacali che, secondo i criteri di cui al comma 4 dell'articolo 2, risulti dotata di rappresentatività maggioritaria (rispettivamente, nell'azienda o nell'insieme di aziende interessate); proclamazione da parte di un'organizzazione sindacale o di una coalizione di organizzazioni sindacali che abbia sottoposto l'ipotesi di sciopero a referendum preventivo tra tutti i dipendenti dell'azienda o dell'unità produttiva o delle aziende interessate, con il conseguimento di una maggioranza di voti favorevoli allo sciopero (rispetto al totale dei voti espressi) e sempre che abbia partecipato al voto almeno la metà dei lavoratori interessati. Ai sensi dell'articolo 7, ai fini della legittimità della proclamazione, sono validi anche i referendum svolti prima dell'entrata in vigore della presente legge. I commi 1 e 2 dell'articolo 4 richiedono che il gestore del servizio di trasporto pubblico adotti una delle forme di compensazione ivi stabilite, in favore degli eventuali abbonati, nel caso di interruzione del servizio (a causa di sciopero) di durata superiore a quattro ore. Il successivo comma 3 dispone che, qualora lo sciopero riguardi imprese di trasporto pubblico sovvenzionate mediante contributi o corrispettivi non direttamente proporzionati ai chilometri di servizio effettivamente svolto, tali contributi o corrispettivi siano ridotti in proporzione ai chilometri di servizio non effettuati a causa di sciopero (anche, se necessario, mediante restituzione dei contributi già erogati). Sotto il profilo redazionale, si osserva che, nei commi 1, 3, 4 e 5 dell'articolo 1, il riferimento alla "presente legge" dovrebbe essere circoscritto al Capo I. L'articolo 5 propone un'integrazione, con riferimento a tutti i settori lavorativi, della disciplina sul diritto allo svolgimento delle assemblee sindacali dei lavoratori. Si ricorda che, in base all'art. 20 della L. 20 maggio 1970, n. 300, i lavoratori hanno diritto di riunirsi, nell'unità produttiva in cui prestano la loro opera, durante l'orario di lavoro, nei limiti di dieci ore annue, per le quali è riconosciuta la normale retribuzione (fatte salve le eventuali migliori condizioni stabilite dalla contrattazione collettiva), nonché fuori dell'orario di lavoro. Le riunioni - che possono riguardare la generalità dei lavoratori o gruppi di essi - sono indette, singolarmente o congiuntamente, dalle rappresentanze sindacali aziendali nell'unità produttiva (ulteriori modalità per l'esercizio del diritto di assemblea possono essere stabilite dai contratti collettivi di lavoro, anche aziendali. La novella prevede, in primo luogo, che la richiesta dell'assemblea sia presentata, salvi i casi di motivata urgenza, con almeno cinque giorni di anticipo rispetto al suo svolgimento; tale condizione appare posta, almeno letteralmente, anche per le assemblee che si intenda tenere al di fuori dell'orario di lavoro. Si dispone, in secondo luogo, che la collocazione temporale dell’assemblea, se destinata a svolgersi in orario di lavoro, sia stabilita dal datore di lavoro e individuata tra il sesto e il decimo giorno dalla presentazione della richiesta, "in modo da ridurre al minimo il pregiudizio" all’organizzazione del lavoro e al suo regolare svolgimento; è fatta salva l'ipotesi di un diverso accordo tra il datore di lavoro e l’organizzazione sindacale richiedente. L'articolo 6 propone un'ulteriore integrazione, con esclusivo riferimento ai servizi pubblici essenziali (come individuati dalla L. n. 146 del 1990), della disciplina sul diritto allo svolgimento delle assemblee sindacali. In base alla novella, nelle aziende che gestiscono i suddetti servizi, l'eventuale svolgimento in orario di lavoro dell'assemblea non può comportare interruzione del servizio pubblico; qualora quest'ultima condizione sia impossibile da attuare, si prevede che l'assemblea si svolga al di fuori dell'orario, ma con riconoscimento ai lavoratori partecipanti della retribuzione ordinaria aggiuntiva corrispondente".


Fonte: Senato 

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