Lo spirito di solidarietà del Friuli

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  Dopo la tempesta, potente, imprevista, sconvolgente, la classica quiete, che sa di beffa. Il sole, il silenzio, il rumore di chi spala fango, di chi si è attivato senza battere ciglio per aiutare. Subito. Solidarietà. Così è stato nei periodi delle grandi tragedie e drammi che hanno colpito questa piccola fetta di terra d'Europa. Che ha conosciuto due guerre mondiali, con il Friuli non spettatore, ma suo malgrado, attore. Così è stato con eventi diabolici, come la tragedia del Vajont, così come è stato con il terremoto del 1976. Una terra che non cerca di compiacersi, che non ha bisogno di sentirsi dire quanto siamo bravi o più fighi o meno fighi degli altri. Si va oltre, si va avanti, insieme. Il dolore delle vite sottratte cinicamente da questo mondo è e rimarrà vivo, ma la forza di rialzarsi in breve tempo, senza perdere tempo in giustificati lamenti, che questa terra continua a dimostrare, generazione dopo generazione, è più unica che rara. Il sole splende lì dove una frana h...

Bologna: il fallimento delle città blindate, e non chiamateli antagonisti ma antifascisti



Più di 500 agenti delle forze dell'ordine, zone rosse, soliti divieti, che alla fine dei conti altro non rischiano che diventare pretesti per alzare la tensione. Si è perso il conto delle manganellate che son volate a Bologna in questa giornata primaverile d'autunno. Nessun volto coperto, mani alzate, visi scoperti, cartelli e striscioni, e poi quel suono plastificato, fastidioso, secco, freddo. Il manganello. Si è perso il conto delle manganellate che in questo otto novembre son volate a Bologna. Da un lato centinaia di antifascisti ed antirazzisti, dall'altro una Piazza Maggiore diventata teatro della peggiore destra italiana della seconda Repubblica o meglio fine seconda Repubblica. I finti cento mila, perché non erano cento mila, erano molti di meno, leghisti e destri hanno occupato il salotto buono di Bologna.
Perché è stata loro concessa quella Piazza? Avrebbero potuto,anzi dovuto evitarla per una miriade di motivi. Così non è stato. E per garantire la destra manifestazione di Piazza Maggiore, una enorme provocazione per Bologna, che vorrebbe vedere questa città, dopo la bolognina che ha sancito la fine del Partito Comunista, il luogo che ha dato il là alla nuova destra, ecco blindare i suoi spazi. Blindare, chiudersi, negare spazi per tutelare la destra Piazza Maggiore. Ovvie provocazioni che in tal sistema possono solo comportare certe e date risposte. La battaglia sul ponte Stalingrado di Bologna, che ha visto le forze dell'ordine essere letteralmente accerchiate. In tempi diversi sarebbe potuto accadere di tutto.  Il buon senso avrebbe dovuto dare la possibilità ai cortei almeno di congiungersi. Invece si è alzato il muro. E partono manganellate con gli inevitabili effetti a catena. Ed è stata anche incatenata la libertà di stampa. Perché ad un certo punto anche i giornalisti da quel ponte sono stati allontanati per ragioni di ordine pubblico.
Li continuano a chiamare antagonisti. No, sono antifascisti che si ribellano a politiche reazionarie e neofasciste. 
L'Italia vuole rimuovere dal suo vocabolario la parola fascismo ed antifascismo, rinchiudendo il tutto nel semplicismo dell'antagonismo? Non è una competizione non è una contestazione generica, non una banale avversione contro un protagonista, che protagonista non è.  Poi dopo una giornata di tensioni, iniziata a quanto pare fin dall'alba, sarà bella ciao cantata nel centro di Bologna a lasciare a questo Paese un momento lungo ed importante di riflessione. Le zone rosse, i luoghi blindati, i muri, altro non sono che un fallimento di una democrazia che non è in grado di badare a se stessa.



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