La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Bologna: il fallimento delle città blindate, e non chiamateli antagonisti ma antifascisti



Più di 500 agenti delle forze dell'ordine, zone rosse, soliti divieti, che alla fine dei conti altro non rischiano che diventare pretesti per alzare la tensione. Si è perso il conto delle manganellate che son volate a Bologna in questa giornata primaverile d'autunno. Nessun volto coperto, mani alzate, visi scoperti, cartelli e striscioni, e poi quel suono plastificato, fastidioso, secco, freddo. Il manganello. Si è perso il conto delle manganellate che in questo otto novembre son volate a Bologna. Da un lato centinaia di antifascisti ed antirazzisti, dall'altro una Piazza Maggiore diventata teatro della peggiore destra italiana della seconda Repubblica o meglio fine seconda Repubblica. I finti cento mila, perché non erano cento mila, erano molti di meno, leghisti e destri hanno occupato il salotto buono di Bologna.
Perché è stata loro concessa quella Piazza? Avrebbero potuto,anzi dovuto evitarla per una miriade di motivi. Così non è stato. E per garantire la destra manifestazione di Piazza Maggiore, una enorme provocazione per Bologna, che vorrebbe vedere questa città, dopo la bolognina che ha sancito la fine del Partito Comunista, il luogo che ha dato il là alla nuova destra, ecco blindare i suoi spazi. Blindare, chiudersi, negare spazi per tutelare la destra Piazza Maggiore. Ovvie provocazioni che in tal sistema possono solo comportare certe e date risposte. La battaglia sul ponte Stalingrado di Bologna, che ha visto le forze dell'ordine essere letteralmente accerchiate. In tempi diversi sarebbe potuto accadere di tutto.  Il buon senso avrebbe dovuto dare la possibilità ai cortei almeno di congiungersi. Invece si è alzato il muro. E partono manganellate con gli inevitabili effetti a catena. Ed è stata anche incatenata la libertà di stampa. Perché ad un certo punto anche i giornalisti da quel ponte sono stati allontanati per ragioni di ordine pubblico.
Li continuano a chiamare antagonisti. No, sono antifascisti che si ribellano a politiche reazionarie e neofasciste. 
L'Italia vuole rimuovere dal suo vocabolario la parola fascismo ed antifascismo, rinchiudendo il tutto nel semplicismo dell'antagonismo? Non è una competizione non è una contestazione generica, non una banale avversione contro un protagonista, che protagonista non è.  Poi dopo una giornata di tensioni, iniziata a quanto pare fin dall'alba, sarà bella ciao cantata nel centro di Bologna a lasciare a questo Paese un momento lungo ed importante di riflessione. Le zone rosse, i luoghi blindati, i muri, altro non sono che un fallimento di una democrazia che non è in grado di badare a se stessa.



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