La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

La nebbia sul Carso in guerra

Tra nebbia ed il nudo Carso non s'è desta l'aria di gioia. Idi di marzo senza stagione, colpito alle spalle dalla lama Patria. Ufficiali e Generali non hanno sporcato i loro guanti ma te povero ed ignorante al fronte ti hanno mandato. Al grido Savoia ed avanti, a morir per la tua madre Italia, madre che ha cullato i propri figli nelle braccia della selvaggia morte. Non sorte, ma dolosa volontà imposta. Medaglia appesa al muro, colate di ricordo nell'amen della civiltà. Gloria ed onori a chi ha voluto la guerra, giocato alla guerra, esaltato la guerra o conosciuto la guerra solo nelle foto ricordo o nella polvere dell'auto in fuga, perché il pranzo reale non doveva tardare od i versi nei circoli fumanti borghesia e passione per l'altrui fine non potevano aspettare un solo frastuono di proiettile in più che ha fracassato la testa del povero soldato. Alcuni soldati dicevano che il vate scriveva al caldo e sul suo sgabello ma erano loro ad andare al macello, amare la guerra è come amare la morte. Danaro e gloria, gesta simboliche e parole elevate a dogma nell'eresia della grande lucida follia. Hanno ammazzato il proletariato, hanno spazzato via una generazione di padri e figli perché la guerra era bella, bella sulla pelle degli altri. Numeri senza identità, nomi senza età, perché tu dovevi solo contare ed ora leggerai anche presente? Presente assente. Ahimè quanti perché con un perché. Contare nel senso statico e statistico, quello umano era caduto, come il tuo compagno, come il tuo nemico. Glorificare oggi i responsabili dei crimini contro l'umanità, siano essi morali,siano essi letterari, siano essi militari o politici, è come esaltare la madre che uccide il proprio figlio, non per follia, ma per ragion di veduta, veduta diventata vedetta e sentinella di Stato, ed il tuo nome senza più nome grida vendetta, vendetta per l'umanità. Ci vogliono dieci anni a colpi di ridondante litania per imporre la menzogna come verità, occorrono più di cent'anni per riscrivere la verità, l'unica possibile, quella che nuoce al siamo tutti eroi impavidi e sorridenti.

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