Ma quanto è brutto questo Jobs Act?
Non esiste neanche più il senso dell'apparenza. Forse da un lato è meglio così. Meglio vedere il mostro sin da subito in tutta la sua essenza puzzolente, nauseante per capire che qui la situazione è seria, non è un gioco figlio di qualche qualche dormiente immaginazione.
Patria della civiltà giuridica, oggi siamo diventati ignoranti impotenti da tenere al guinzaglio del nuovo che avanza, un nuovo che non riesce a regalare emozioni, discussioni profonde ed intellettuali di un certo rilievo, un nuovo semplificato.
Semplificazione del linguaggio, semplificazione delle regole, che tradotte nel Jobs Act, termine orripilante, altro significato non hanno che eliminazione delle tutele per i lavoratori ed affermazione delle tutele per l'altra faccia della medaglia.
Già, perché questo atto del lavoro, offrirà, al capitale, con l'animo gentilizio natalizio del capitale, certamente rilevanti e significative tutele al suo piccolo e vitale cuore, il sistema imprenditoriale, ai datori di lavoro, una volta noti come padroni e forse sarebbe il caso di continuare a chiamarli come padroni, perché padroni erano e padroni resteranno, non può essere il concetto astratto ed ingannevole di modernità idoneo a ribaltare lo stato delle cose, la forma, se non muta la sostanza, rimarrà sterile e non essendo mutata la sostanza ma solo la forma, per essere più moderni, nulla è cambiato rispetto al vecchio assetto della gestione del rapporto di lavoro.
Anzi sì.
Dall'introduzione del sistema del precariato, voluto dai governi sinistri di sinistra, ad oggi, si è quasi perfezionato il meccanismo che offrirà la possibilità al sistema padronale od imprenditoriale di espellere, a volte senza neanche il canonico cartellino rosso preceduto da quello giallo, i lavoratori che verranno reputati come scomodi, come non utili alla causa dell'azienda. Si è detto che questo atto sarebbe stato rivoluzionario, ma non lo è.
Come può un governo capitalistico produrre laboriosi atti rivoluzionari? Le rivoluzioni nascono come opposizione al capitalismo. E', in verità, controrivoluzionario, perché riduce all'ennesima potenza le tutele a favore dei lavoratori, quelle conquistate dal '68 in poi che a più di qualcuno di lor signori, che ancora hanno le redini di questo sistema, non sono proprio mai andate giù.
In Italia esiste l'emergenza strutturata della disoccupazione giovanile e questo atto sul lavoro inciderà profondamente nei confronti dei lavoratori giovani e nei confronti di quelli che ritorneranno a lavorare dopo anni di disoccupazione. Ciò perché si norma, ad esempio, in modo tassativo, che l'indennizzo è strettamente connesso all'anzianità del lavoratore ed in alcune ipotesi di licenziamento, ovvero quando non risulta accertato che non ricorrono gli estremi del licenziamento per giustificato motivo oggettivo o per giustificato motivo soggettivo o giusta causa, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un'indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a due mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a quattro e non superiore a ventiquattro mensilità. Ma penso anche all'ipotesi del licenziamento intimato con violazione di motivazione o procedurale, il giudice dichiara estinto il rapporto di lavoro alla data del licenziamento e condanna il datore di lavoro al pagamento di un’indennità non assoggettata a contribuzione previdenziale di importo pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a dodici mensilità. Oppure penso alla conciliazione stragiudiziale, pratica molto diffusa, il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento, un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettata a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità dell’ultima retribuzione globale di fatto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a due e non superiore a diciotto mensilità, mediante consegna al lavoratore di un assegno circolare. L’accettazione dell’assegno in tale sede da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta. Dunque lavoratori con anzianità lavorativa minima, potranno essere licenziati facilmente ed essere liquidati, in tutti i sensi, con quattro danari. Certamente nelle sedi giudiziarie questo principio sussisteva, ma si faceva leva su alcune contropartite, come l'indennità sostitutiva alla reintegra o ad altre situazioni che potevano far incrementare la consistenza dell'indennizzo. Questa è solo una delle voci più assurde, ma destinate a diventare realtà effettiva, contenute nella bozza del Jobs Act come comunicata dal Governo nella nota seduta del Consiglio dei Ministri del 24 dicembre. L'Italia, Paese che ha conosciuto lotte e conquiste storiche e che a quanto pare, se le cose continueranno così, le si potranno leggere solo nei libri di storia, è diventata il nuovo esempio di austerità in termini di diritti di questa Europa capitalistica, che non è certamente quella voluta da chi ha lottato, anche a prezzo della propria vita, per liberarci dai regimi nefasti pregressi.
Marco Barone
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