Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

L'Armata dei Sonnambuli alla ricerca del sesto atto



792 pagine che sfogliano, come un duello tra il vento d'oriente e quello d'occidente, via tra rivoluzione e controrivoluzione ogni ipocrisia, ogni mezza bugia e mezza verità.  La differenza tra la finzione e la realtà è così sottile che il senso del dubbio ti condurrà all'inevitabile strada del perché,  il caso quinto Atto del libro è certamente quello più eclatante. Un libro che rappresenta bene l'esistente, un mix di fantasia e realtà . Libertà, uguaglianza e fratellanza, che ben potrebbero essere rappresentante, pur nella loro connessa complessità, da Scaramouche, Marie e D’Amblanc, tre personaggi  chiave nel e del libro. Impressionerà, molto, la figura di Marie, una donna che nel corso della vita, la sua vita, ha scoperto e compreso la necessità della rivoluzione, l'ha conosciuta, l'ha amata e non evitata, una donna che  ha sciolto, con tutte le sofferenze del caso ma con elevata ed oggi quasi sconosciuta dignità, la sua individualità nella collettività, per una causa comune che era la causa del popolo, farina,pane e diritti.  Donne rivoluzionarie e donne controrivoluzionarie, la solitudine della libertà in quel piccolo e grande umile uomo che sarà Scaramouche il quale combatterà l'inconsapevolezza di essere un manipolo di burattini per colpire il burattinaio che vuole la reazione alla rivoluzione.
Magnetizzazione dello stato di consapevolezza, trance e luoghi e misteri duri e crudi come quella ghigliottina che ha mozzato teste borghesi e rivoluzionarie di cui oggi a Parigi non vi è traccia alcuna. Il titolo del libro potrebbe indurre all'errore, ad una falsa rappresentazione, è un titolo che ben rappresenta l'essenza del libro, l'apparenza nuoce gravemente all'intelligenza, l'apparenza è la forza della menzogna e la menzogna è la forza ma anche la debolezza del sistema prima ed oggi dominante, ma una forza che al risveglio della coscienza collettiva crollerà come un castello di sabbia. Giustizieri nella notte delle teste mozzate, ribelli senza una vera patria, la fame, la voglia di giustizia sociale, quella che non estrapoli da nessun trattato e manifesto ma quella che estrapoli dal senso, a volte istintivo, del tuo essere umano, sarà quella la giustizia sociale che vuole il popolo, un popolo che può perdonare ma anche acclamare la vendetta come miglior cibo che possa saziare ogni senso di meschina fame. Tetti di Parigi, artigli della dignità, e ponti dell'ordinarietà, si mescolano in pagine che corrono più veloci di una funesta Senna.
Ma non ti lasceranno indifferenti. Quello che manca è il sesto atto, ma il sesto atto è volutamente aperto alla realtà, alla vita quotidiana, non ci sarà più la ghigliottina, forse, ma le ingiustizie sono sempre le stesse, i processi come governati dal Mesmer sociale di turno son sempre quelli,  e l'Italia li ha ben conosciuti, con il fascismo in primis, e la voglia di avere e cercare l'antieroe per il popolo c'è e si sente e si respira nelle strade piccole e grandi delle città. L'antieroe antagonista ribelle che non vuole essere eroe, ma semplicemente fare quello che si deve fare, un partigiano mascherato per la libertà. Un libro che ha avuto un successo forse inaspettato, forse no, ed il motivo è talmente semplice, che nella sua semplicità dovrebbe far tremare le teste dell'alta borghesia, a quanto pare, anche in Italia, è ritornata la voglia di rivoluzione. Non sarà vive la Trance, non sarà vive Scaramouche o vive Marat, ma sicuramente sarà vive la dignità, che prima o poi, per necessità, per aver sconfinato ogni limite di tolleranza, perché nulla ci sarà più da perdere, occuperà le strade di questo non più Bel Paese con tutta la sua micidiale potenza. L'Armata dei Sonnambuli,di Wu Ming edito da Einaudi, è un libro che contiene tanti libri, è un libro che non ha un vero inizio e neanche una vera fine, è un libro che si apre con la dedica all'immenso Stefano Tassinari, e continua sino alla vita che noi tutti oggi conosciamo e viviamo.


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