In
questi mesi, probabilmente perché vi saranno delle ignote scadenze,
ignote alla collettività, non a chi si adopera per rispettarle,
nelle scuole di molte città dilagano i controlli antidroga con le
unità cinofile. A
volte nell'area delle pertinenze scolastiche, a volte dentro le aule
scolastiche interrompendo anche l'ordinaria attività didattica. Non
entro nel merito della questione proibizionismo ed antiproibizionismo,
mi soffermo sul perché di questi controlli che vengono definiti come attività di prevenzione. A parer mio non si tratta di prevenzione, ma repressione vera e propria e non sempre legittima
ed a volte sussistono anche dubbi di legalità. Prevenire
significa intervenire tramite i processi cognitivi, formativi,
educativi, coinvolgendo l'agenzia educativa scuola famiglia.
Prevenire
significa dialogo, confronto, informazione, formazione.
Prevenire
non significa presentarsi un bel dì in una scuola qualunque, con
mezzi delle forze dell'ordine e uomini in divisa e cani antidroga. E'
una immagine preoccupante, brutta, che incute timore, che incute dubbi e
mille perplessità, ma specialmente è l'immagine che rappresenta il
fallimento delle politiche di prevenzione in tema di antidroga; è il fallimento del processo educativo della e nella scuola. Perché quando lo Stato è costretto a mostrare i muscoli significa che esiste un deficit
enorme, che si cerca di colmare tramite il timore, l'autoritarismo ed
all'interno di quel luogo che dovrebbe essere protetto, ed essere protetto non significa terra franca, ma significa semplicemente che la scuola tramite i suoi processi educativi deve essere l'unica soggettività deputata ad intervenire con gli strumenti formativi e preventivi ma non repressivi a sua disposizione. Senza dimenticare che in Italia non esiste alcuna emergenza di assunzione di droghe tra gli studenti, il Piano nazionale antidroga,per esempio, parla di decremento considerevole rispetto alla media europea, invece risulta essere in aumento il consumo di alcol.
Il
Piano Nazionale Antidroga 2010/13 in nessuno dei suoi passaggi prevede
perquisizioni o controlli nelle scuole, così come oggi vengono
effettuati. Si
parla, invece, di dialogo, formazione, informazione, ma non di controlli così
invadenti come quelli attuati recentemente. D'altronde
lo stesso Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze
nel 2002 scriveva che “La maggior parte dei programmi di
prevenzione dalla droga hanno l’obiettivo di evitare o di ritardare
l’assunzione di stupefacenti e la tossicodipendenza, a partire
dall’ambito scolastico tradizionale. È necessario distinguere tra
programmi di prevenzione specifici al di fuori dei curricula
scolastici e attività preventive integrate nei programmi scolastici.
La prevenzione nella scuola non dovrebbe focalizzarsi esclusivamente
sul problema droga, ma al contrario comprendere aspetti di carattere
personale e sociale, anche attraverso il coinvolgimento delle
famiglie degli alunni”.
Anche
il protocollo d'intesa stipulato tra il MIUR ed il Dipartimento delle
Politiche Antidroga con la Presidenza
del Consiglio dei Ministri nel dicembre 2012 sembra indicare vie diverse da
percorrere, rispetto ai controlli con unità cinofile o perquisizioni
nelle scuole. Si
scrive per esempio che “gli interventi di prevenzione, per essere
maggiormente efficaci, devono essere
associati a interventi finalizzati alla riduzione della disponibilità
di droghe sul territorio attraverso il mantenimento del rispetto
della legalità ed in particolare mediante la repressione del
traffico, dello spaccio, della coltivazione e della produzione non
autorizzata. Oltre a queste azioni dirette alla riduzione
dell’offerta, è opportuno anche mantenere fattori e condizioni
deterrenti l’uso di droghe mediante regolamentazioni e normative
nel rispetto dei diritti umani. Tutto questo all’interno di un
approccio bilanciato che deve trovare sempre il giusto equilibrio tra
le azioni di riduzione della domanda e le azioni di riduzione
dell’offerta”.
Accade però che vengono stipulati accordi territoriali tra Prefetture,
Questure, USP, USR e Comuni, che prevedono modalità operative di
interventi specifici e dettagliati e spesso questi protocolli,andando oltre le indicazioni
nazionali, prevedono procedure che possono legittimare controlli
antidroga effettuati all'interno delle scuole. Ma
il punto è il seguente: le scuole coinvolte, in casi come questi, sono state
realmente informate di tutto ciò? Il
Consiglio d'Istituto ed il Collegio docenti, i rappresentati degli
studenti e dei genitori, sono stati coinvolti nei processi formativi ed informativi che interessano la possibilità o la necessità di dover provvedere a simili azioni di controllo?
Spesso
ciò non accade.
Ma
accade che mentre svolgi la tua lezione in classe senti all'improvviso bussare la porta, e
vedi le forze dell'ordine con le unità cinofile lì pronte ad entrare. Come
rimanere indifferenti a ciò? Il
problema è culturale, sociale, educativo, formativo. Altra
riflessione andrebbe fatta sulla correttezza, anche dal punto di vista normativo, del comportamento assunto dal Dirigente scolastico che richiede l'intervento delle forze dell'ordine per effettuare simili atti all'interno
della scuola. Spesso
il tutto senza alcuna prova di uso e consumo o spaccio di sostanze all'interno dell'area scolastica, spesso
senza indizi gravi, precisi e concordanti, ma solo per un senso del
dubbio. Ciò sembra non essere vietato, ma il fatto che non sia vietato non significa automaticamente che il detto comportamento possa essere considerato liberamente come lecito sia dal punto di vista civile che penale che amministrativo che etico e morale.
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