Maggio 1948: il primo treno d'Italia a Monfalcone dopo la guerra

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Poche ore dopo l'insediamento del primo Presidente della Repubblica, a Trieste, giungeva il primo treno d'Italia, dopo la fine della seconda guerra mondiale. Treno che passava chiaramente anche dalla stazione di Monfalcone, come testimonia un breve fermo immagine tratto dal prezioso video dell'archivio dell'Istituto Luce. Il video interessa l'i naugurazione della linea ferroviaria Venezia-Trieste. Fu un fatto storico di estrema importanza, un piccolo segnale di ritorno alla normalità in un Paese ridotto in macerie a causa della seconda guerra mondiale. Le ferrovie sono sempre state importanti nel nostro territorio, soprattutto grazie agli investimenti originari effettuati dall'Impero asburgico. Nel 1854 venne infatti aperta la linea da Trieste a Vienna  attraverso il Semmering. Il progettista fu il veneziano Carlo Ghega, a cui a Trieste è dedicata una via in città, linea di 14 gallerie, una delle quali raggiungeva la lunghezza di  ben 1431 m, con 16 viadotti e

Quale asilo politico nell'Unione Europea?



Stefano Tieri ha scritto per il Fatto Quotidiano un articolo che merita di essere letto dal titolo:  Lampedusa in Berlin, il sogno dei migranti parte dalla Sicilia e si ferma a Kreuzberg.  Integro, quanto ho affermato nell'intervista di Stefano Tieri, con le seguenti ed ulteriori riflessioni.

Il 29 giugno 2013 sono stati pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea gli atti legislativi mancanti per completare la “revisione” di tutte le principali norme del Sistema europeo comune di asilo, e dal primo gennaio 2014 si applica il nuovo Regolamento di Dublino ( III). Teoricamente questo regolamento è direttamente applicabile, poiché i regolamenti comunitari  non sono soggetti a misure di recepimento nel diritto nazionale e conferiscono diritti e doveri indipendentemente da una misura nazionale di attuazione. Gli Stati membri possono tuttavia adottare misure di attuazione, qualora questo risulti necessario, sulla base del dovere di lealtà stabilito dall'articolo 4 del trattato dell’Unione europea (TUE) ; ed in Italia sembra che entro il 20 luglio 2015 verrà “recepito” il regolamento attuativo finalizzato a disporre le questioni tecniche ivi considerate.
 Il regolamento di Dublino è prevalentemente incentrato su questioni burocratiche, su aspetti tecnici che riguardano in primis la competenza dello Stato che deve gestire la pratica del richiedente,per esempio, protezione.Tra le novità più significative si sottolineano l'introduzione di norme a maggior tutela del minore, con l’ampliamento delle figure alle quali il minore può, se vuole, essere ricongiunto, come un fratello o un parente; sono state introdotte misure di maggior favore nel caso di persone che dipendono dall'assistenza di familiari per particolari condizioni di salute, ed introduce anche la possibilità per gli Stati di trattenere il richiedente ai fini del trasferimento, nelle modalità previste dall'art. 28, nel caso del così detto pericolo di fuga ed emergono anche termini più stringenti e certi per la ripresa in carico .
Certo, il burocratese, come presa o ripresa in carico, lascia abbastanza perplessi, perché qui non si parla di merce, o di oggetti, ma di persone, di esseri umani che necessitano di protezione, di aiuto. L'Europa, come dichiarato in passato dal Commissario per i diritti umani, nel suo insieme non è sommersa da domande di asilo, almeno non in confronto con le altre parti del mondo. Per esempio il solo Sud Africa da solo ha ricevuto molte richieste di asilo come tutti i 27 Stati membri dell'UE messi insieme.Alcuni paesi dell'Asia e del Medio Oriente ne hanno ricevuto ancora di più. Insomma l'Europa dei diritti, la culla del diritto, continua ad esercitare una forma di timore verso l'apertura delle proprie frontiere ai bisognosi, la solidarietà deve scontrarsi con la burocrazia e la burocrazia è dalla parte dei ricchi mica della povera gente. Chi avrà risorse economiche, chi avrà certe e date conoscenze certamente percorrerà una via privilegiata nel conseguimento di quello che dovrebbe essere un diritto universalmente riconosciuto ai richiedenti aventi titolarità, ma la realtà delle cose insegna che alla povera gente, salvo che non vi sia una certa attenzione politica, i cui effetti comunque saranno solo di ammortizzatore temporaneo, verrà spesso negato il diritto di protezione. Chi lascia la propria terra, perché perseguitato, perché vive situazioni a noi neanche immaginabili, non lo fa certamente per divertimento o per abusare della presunta disponibilità altrui, lo fa per stato di necessità, perché costretto, ma l'Europa è volutamente sorda e l'Italia, ovviamente, non è da meno. Insomma è inutile che gli alti funzionari europei vengano tanto a farei moralisti in Italia, Paese che comunque ha enormi problemi in tema di accoglienza, quando il problema del problema è proprio l'Europa e la sua burocrazia. A cosa serve normare importanti principi di diritto quando la volontà politica dominante in Europa è di rigore ed austerità anche in tema di diritti umani? Chi paga le conseguenze di tutto ciò è la gente in fuga da situazione disperate. Una volta che l'Italia ti ha preso in “carico”, dopo i riti burocratici del caso, e dove dovrai compilare un questionario con domande del tipo “con quali disponibilità finanziarie si propone di proseguire il proprio soggiorno in Italia” o “Specificare a quale indirizzo devono essere notificate eventuali comunicazioni” dopo la presentazione della domanda di asilo sarà la Questura che deciderà in merito all'accoglienza o al trattenimento del richiedente. Si potrà finire nel CARA dove, teoricamente, l' accoglienza è disposta per il tempo necessario all’esame della domanda e comunque per un tempo, sempre teoricamente, non superiore a 35 giorni e sino allo scadere del periodo di accoglienza al richiedente viene rilasciato un permesso per richiesta asilo della durata di tre mesi. In generale funziona così: allo scadere del periodo di accoglienza verrà rilasciato un permesso di soggiorno temporaneo, valido tre mesi, rinnovabile sino alla decisione della domanda, non valido per il lavoro. Al termine del periodo di accoglienza, ricevuto il permesso di soggiorno per richiesta protezione internazionale, il richiedente potrà lasciare il Centro e spostarsi all'interno del territorio italiano. In questo caso gli viene sempre ricordato, diciamo così, di comunicare sempre i suoi spostamenti alla Questura del luogo dove andrà a vivere, i motivi di norma sono quelli finalizzati a comunicare il giorno della convocazione alla Commissione che dovrà decidere sulla sua pratica dopo avere sentito personalmente il richiedente asilo, (si determinerà riconoscendo lo status di protezione internazionale, o protezione sussidiaria, o i motivi umanitari ex art. 5 comma 6 D.lvo 286/98, oppure si determinerà rigettando la domanda). Ma è innegabile che il vero motivo è quello del controllo sul richiedente. Se dopo 6 mesi dalla presentazione della domanda di protezione internazionale, non è ancora stata presa una decisione sul caso, avrà diritto a ricevere un permesso di soggiorno che avrà validità di 6 mesi e che gli consentirà di lavorare regolarmente fino a che la decisione non verrà presa che in attesa della decisione. Gli verrà anche ricordato che secondo la legislazione europea (Regolamento Dublino),non potrà lasciare l’Italia. Perché se si sposterà in un Paese europeo rischia di soggiornare irregolarmente, nonostante abbia avviato la procedura di asilo. Alla faccia dell'Unione Europea, appunto.

Marco Barone 

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