In Italia gli esuli istriani,
dalmati,fiumani hanno avuto diverse agevolazioni, oltre
150 provvedimenti legislativi, che vanno dall'assegnazione di
alloggi, all'inserimento lavorativo,al rimborso dei beni abbandonati,
rimborsi per i danni di guerra, con coefficienti di rimborso per gli
esuli, maggiori rispetto a quanto rimborsato al resto del territorio
nazionale, oltre 1500 case riscattate a prezzo agevolato,
ricollocazione al lavoro nelle stesse amministrazioni ove lavoravano
in quelle che venivano considerate come le loro terre, incrementi di
pensione, equiparazione a categorie protette, vitalizi, reversibilità
e riscatti di periodi lavorativi, finanziamenti per la riattivazione
di industrie, reimpiego delle licenze commerciali, contributi di
ricostruzione, prestiti agevolati, per non parlare di tutta la
propaganda culturale, mediatica ed informativa unilaterale che
sussiste su tale aspetto. In un mio precedente intervento dal titolo
Ricordare anche gli esuli sloveni e croati evidenziavo il fatto che
in Italia, l'Italia della “brava gente” si è omessa volutamente
una pagina di storia criminale. Nel 2001 è stato pubblicato una
relazione, redatta dalla Commissione che venne istituita nell'ottobre
1993 su iniziativa dei Ministri degli Esteri di Italia e Slovenia con
la consegna dei lavori della Commissione nel luglio 2000 e
pubblicazione nella primavera del 2001. Documento che non risulta
essere stato sottoscritto da parte italiana e ciò è vergognoso. Tra le varie cose si
evidenziano,per esempio che “Secondo stime jugoslave
emigrarono
complessivamente 105.000 sloveni e croati; e se nei casi di
emigrazione transoceanica è più difficile tracciare un confine fra
motivazioni economiche e politiche, nel caso degli espatri in
Jugoslavia, che coinvolsero soprattutto giovani e intellettuali,il
collegamento diretto con le persecuzioni politiche del fascismo è
ben evidente.
Ciò che infatti il fascismo cercò di realizzare nella
Venezia Giulia fu un vero e proprio programma di distruzione
integrale dell’identità nazionale slovena e croata.” Si
evidenzia anche che “
La politica snazionalizzatrice riuscì infatti
a decimare la popolazione slovena a Trieste e Gorizia, a disperdere
largamente gli intellettuali e i ceti borghesi e a proletarizzare la
popolazione rurale, che però, nonostante tutto, rimase compattamente
insediata sulla propria terra”. Si evidenzia anche il
carattere inequivocabilmente reazionario dell'impresa di occupazione Fiume, che
come ho avuto modo di
scrivere diverse volte ha anticipato de facto
la Marcia su Roma, “ Il formarsi del mito della "vittoria
mutilata" e l'impresa dannunziana di Fiume, pur non riguardando
direttamente l'area abitata da sloveni, accesero ulteriormente gli
animi e costituirono il terreno ideale per l'affermarsi precoce del
"fascismo di frontiera", che si erse a tutore degli
interessi italiani sul confine orientale e coagulò gran parte delle
locali forze nazionaliste italiane attorno all'asse dell'antislavismo
combinato con l'antibolscevismo” Nella così detta
Venezia Giulia vennero progressivamente “eliminate tutte le
istituzioni nazionali slovene e croate rinnovate dopo la prima
guerra mondiale. Il risultato più duraturo raggiunto dalla politica
fascista fu però quello di consolidare, agli occhi degli sloveni,
l'equivalenza fra Italia e fascismo e di condurre la maggior parte
degli sloveni (vi furono infatti alcune frange che aderirono al
fascismo) al rifiuto di quasi tutto ciò che appariva italiano.
Analogo atteggiamento di ostilità fu assunto anche dagli sloveni in
Jugoslavia, anche se, alla metà degli anni Trenta, l'ideologia
corporativa del fascismo attirò alcuni ambienti politici cattolici”.
Non si usa il termine
esodo. Termine che invece verrà, volutamente, utilizzato per la
vicenda avvenuta nel secondo dopoguerra e che riguarderà gli
italiani. Eppure nel periodo 1918-20, quando il confine
italo-jugoslavo non era ancora definito, le autorità di occupazione,
influenzate pure dagli elementi nazionalisti locali, “usarono
volentieri la mano pesante nei confronti degli sloveni che
intendevano manifestare la propria volontà di annessione alla
Jugoslavia. Furono così assunti numerosi provvedimenti restrittivi
- sospensione di amministrazioni locali, scioglimento di consigli
nazionali, limitazioni della libertà di associazione, condanne dei
tribunali militari, detenzione di militari ex austriaci,
internamento ed espulsione, specie di intellettuali - che
penalizzarono la ripresa della vita culturale e politica della
componente slovena. Al tempo stesso le autorità di occupazione
favorirono le manifestazioni di italianità anche per fornire alle
trattative per la definizione del nuovo confine un quadro
politicamente italiano delle regioni” .
Ed ancora “le scuole
furono tutte italianizzate, gli insegnanti in gran parte pensionati,
trasferiti all'interno del regno, licenziati o costretti a emigrare,
posti limiti all'accesso degli sloveni al pubblico impiego,
soppresse centinaia di associazioni culturali, sportive, giovanili,
sociali, professionali, decine di cooperative economiche e
istituzioni finanziarie, case popolari, biblioteche, ecc. Partiti
politici e stampa periodica vennero posti fuori legge, eliminata fu
la possibilità di qualsiasi rappresentanza delle minoranze
nazionali, proibito l'uso pubblico della lingua. Le minoranze
slovena e croata cessarono così di esistere come forza politica e i
loro rappresentanti fuoriusciti continuarono a operare tramite il
Congresso delle nazionalità europee, sotto la presidenza di Josip
Vilfan, cooperando così all'impostazione di una politica generale
per la soluzione delle problematiche minoritarie”. L'impeto
snazionalizzatore del fascismo andò però anche oltre la
persecuzione politica, nell'intento “di arrivare alla "bonifica
etnica" della Venezia Giulia. Così, l'italianizzazione dei
toponimi sloveni o l'uso esclusivo della loro forma italiana, dei
cognomi e dei nomi personali si accompagnò alla promozione
dell'emigrazione, all'impiego di elementi sloveni nell'interno del
paese e nelle colonie, all'avvio di progetti di colonizzazione
agricola interna da parte di elementi italiani, ai provvedimenti
economici mirati a semplificare drasticamente la struttura della
società slovena, eliminandone gli strati superiori in modo da
renderla conforme allo stereotipo dello slavo incolto e campagnolo,
ritenuto facilmente assimilabile dalla "superiore" civiltà
italiana”.
Per non parlare dei campi
di concentramento italiani, dimenticati, distrutti o chiusi
nell'oblio.
Perché questa differenza
di trattamento?
Perché questa disparità?
Quale risarcimento agli esuli sloveni, croati, e serbi?
Come poter comprendere
quello che è accaduto dopo la firma dell'Armistizio se non si
comprende cosa è accaduto prima per mano reazionaria, violenta,
disumana, fascista italiana? A quando un film, un
documentario degno di questo nome, che mostri ciò che non si vuole
ricordare? L'esodo delle comunità slovene, croate, serbe? L a
violenza che hanno subito? Perché la potenza della
televisione, delle immagini è cento volte superiore, ahimè, a
quella dei testi scritti, e di ciò se ne deve prendere atto,
specialmente in una società come quella presente che vive di
immagini.
Immagini di violenza, di
verità negate.
L'esodo dimenticato è
quello delle comunità slovene, croate, serbe, o meglio è l'esodo
censurato, censurato perché il nazionalismo italiano deve difendere
l'apparenza, vivere di vittimismo, ed il tutto nuoce gravemente alla verità ed alla
dignità storica.
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