Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Intimidazione in stile “mafioso” e forse "mafiosa" a Trieste



Il primo pomeriggio del giorno 11 febbraio camminando per le vie della città, incontrerai un conoscente che ti dirà “ stamani hanno iniziato in alcune zone della città a pulire, a spazzare le strade tardi”, tu rimarrai in silenzio attendendo la continuazione della sua frase, “ sembra che hanno tagliato verso le sei di mattina forse qualche ora prima, ma insomma intorno alle sei le gomme ai mezzi”.Sette mezzi, due gomme tagliate per mezzo, chiamasi intimidazione in stile mafioso, lo stampo è mafioso? 'Ndranghetista? Camorrista?
Non è dato sapere. Certamente è difficile pensare che possa trattarsi di un mero atto vandalico, o che sia colpa dei soliti “ ignoti”,  contro cui spesso si punta il dito, come qualche voce sempre con maggior frequenza vorrebbe fare intendere, certo mai dire mai nella vita, ma tagli così metodici, precisi, che colpiscono sette mezzi su sette, lascerebbero  intendere ben altro.
I mezzi coinvolti, in base alle voci che circolano, sarebbero quelli di una società cooperativa che ha in appalto una parte dei servizi di pulizia e spazzamento degli spazi pubblici cittadini. Dunque si colpisce direttamente anche il servizio pubblico ed a Trieste. Città dove si dice che non accade mai nulla e quando qualcosa accade spesso domina l'omertà. Le mafie, tutte, crescono grazie all'omertà, al ricatto, alla paura. Di norma nelle zone del nord est difficilmente ricorrono ad atti così eclatanti, quando ciò accade è perché possono permetterselo e se possono permetterselo è perché esistono condizioni ambientali, sociali, territoriali, e forse anche di controllo territoriale, certamente a loro favorevoli.
Vanno fermati subito. Questi fatti inquietanti vanno denunciati subito. Perché alla prima intimidazione violentemente silente,perché non denunciata pubblicamente alla collettività, ne seguiranno altre e chi poi pagherà il prezzo più alto saranno i lavoratori indirettamente, per ora, coinvolti che vanno assolutamente tutelati. Rischia di rompersi la diga che contiene un certo fenomeno reale, un fenomeno che in questo tempo di crisi, grazie alla enorme liquidità a disposizione delle organizzazioni criminali, si è inserito ancora più facilmente e rapidamente nei settori caldi dell'economia sia essa metropolitana che delle piccole città. Nei migliori dei casi, si tratterà semplicemente di vandalismo, nei peggiori dei casi di atto mafioso, in ogni caso e senza casualità alcuna, una iniziativa del genere, quella dell'intimidazione o quella del vandalismo(?) ha una sua ragione e su ciò i perché devono sorgere prima che tramonti il sole della verità, anche perché si è colpito un servizio pubblico e tale atto deve essere denunciato pubblicamente.
Trieste è una città difficile, rompere il muro del silenzio è necessario, è dovuto, evitiamo che Trieste possa diventare terreno fertile per cose del genere, perché i semi della paura e del ricatto sono già stati sparsi ed anche in abbondanza, solo che non lo dicono, solo che non lo sappiamo.Ma ora non possiamo dire di non sapere.


Marco Barone  
Aggiornamento:
Questo l'articolo come pubblicato nella Gazzetta Giuliana del 28 febbraio 2014

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