Chiamare ancora oggi Ronchi "dei Legionari" sarebbe come chiamare Latina, Littoria

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Come è risaputo dal 1925, la città di Ronchi di Monfalcone, ha visto mutare il proprio nome in Ronchi dei Legionari, per la precisione il 2 novembre del 1925 con il Regio Decreto firmato da Rocco pubblicato nella G.U n° 283 del 5 dicembre 1925. Quest'anno pertanto ricorrono ben cent'anni da questa ricorrenza dovuta all'omaggio voluto dal fascismo per celebrare la presa di Fiume da parte di D'Annunzio che partì casualmente da Ronchi dopo aver dormito per qualche ora in una dimora nella vecchia via di Trieste. E come è ben risaputo nessun cittadino di Ronchi partecipò a quell’atto eversivo che ha subito la città di Fiume per 500 giorni con tutte le conseguenze che ne derivarono per i fiumani che nel 1924 scivolarono anche grazie a quel fatto storico e politico sotto il fascismo. Continuare a chiamare Ronchi "dei Legionari" come se appartenesse a chi mai ha appartenuto nel corso della sua storia, minandosi pertanto ogni identità storica del territorio, sarebbe co...

Se il lavoro della casalinga vale 7 mila euro, quanto vale quello dell'insegnante?



Un recente articolo pubblicato su Repubblica.it ha creato scalpore. Così si legge sul citato sito: “Cuoca, autista, insegnante, psicologa, contabile, manager, addetta alle pulizie, operaia, lavandaia, babysitter. Dieci professioni in un corpo solo ma, ufficialmente, un nonlavoro: casalinga. Stipendio effettivo? Zero euro. Retribuzione teorica ai prezzi di mercato? Quasi 7mila euro al mese. Circa 83 mila euro l’anno. Non una cifra a caso, ma il risultato di un preciso algoritmo — calcolato da una ricerca del sito americano Salary. com che monetizza la rivincita delle desperate housewives”. Premesso che quel sito, come richiamato nell'articolo di Repubblica, calcola solo stipendi in relazione alla situazione giuridica vigente negli Stati Uniti d'America od in Canada, la provocazione  è, però, interessante. Come è noto circa il 70 % della forza lavoro nella scuola è femminile. Dunque è innegabile che nella scuola esiste una questione di condizione di lavoro femminile. E forse ciò lascia anche ben intendere perché si tratta di un lavoro pagato male, con obblighi sempre crescenti, e continui attacchi ai diritti. Ovvero perchè la nostra è una società che ancora oggi continua ad esercitare immense discriminazioni nei confronti delle donne e le differenze salariali con la forza lavoro complessiva nel mondo del lavoro maschile sussistono,  anche in questo nuovo secolo dove si parla di pari opportunità e tanti splendidi principi, destinati, nella maggior parte dei casi, a rispecchiare solo l'illusione di un diritto che non sussiste nelle condizioni reali delle cose. Come più volte è stato ripetuto da Piero Bernocchi, ( porta voce dei Cobas) in diversi convegni ed iniziative ove ha relazionato, il lavoro dell'insegnante includerebbe diversi lavori, che toccherebbero diversi aspetti, da quello della psicologia, a quello della vigilanza, da quello dell'assistenza a quello dell'insegnamento. Dunque potrebbero essere almeno quattro lavori in uno solo, dalle responsabilità elevate e dallo stress consistente. Dunque, seguendo il ragionamento provocatorio di Repubblica, si potrebbe ben dire che la retribuzione minima dignitosa mensile per un docente della scuola pubblica italiana, a parer mio,  non dovrebbe essere di base, inferiore alle cinque mila euro nette mensili, e forse, vista l'importanza sociale del lavoro svolto, è anche poco.



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