In
questi giorni reca scalpore la notizia del "serial killer" in permesso
premio ed in fuga. Ciò
perché, stante il mancato coordinamento del sistema
informatico,della inefficace macchina della giustizia italiana,
veniva considerato come un delinquente comune. Si
sono aperte le porte della prigione per fare uscire un soggetto reputato pericoloso, ma si stavano aprendo le porte della prigione, per un
gravissimo errore, per fare entrare, invece, un pentito di
'ndrangheta,ora collaboratore attivo di giustizia, Luigi
Bonaventura. Che
il fenomeno del pentitismo sia sotto attacco è un dato di fatto. Si
cercano di screditare da un lato i magistrati antimafia e dall'altro gli stessi
interessati, con iniziative anche eclatanti come quella di “Nino”
Lo Giudice
, ricatturato recentemente, nel cui video memoriale, prima della sua
fuga, ritrattava tutte le dichiarazioni rese nel corso del tempo facendo intendere che era stato“spronato
da più parti”
per rilasciare certe e date dichiarazioni. Il
pentitismo nella 'ndrangheta è più unico che raro, ed in questa
complessa unicità vi rientra quello di Luigi Bonaventura.
Venuto
a conoscenza di quanto accaduto a Brescia il 6 dicembre, dopo che lo
stesso aveva partecipato ad un convegno, lo contatto e gli chiedo
semplicemente, come è stato possibile scambiarti per un latitante?
Si tratta semplicemente di errore?
Così
mi risponde Luigi: “Ciao Marco, è possibile perché quando sei in
un programma di protezione che a causa di una parte di politica che
non vuole farlo funzionare non vuole davvero combattere le mafie
perché i loro interessi non sono uguali a quelli della magistratura
e della società civile allora e’ tutto possibile”.
Accusa
forte, importante, che viene sollevata al mondo della politica che
spesso è stata non solo convivente con le mafie, ma anche
espressione diretta degli interessi delle varie 'ndrine.
“Quando
ero dall'altra parte non mi era mai capitata una cosa del genere,
questa e’ l'ennesima situazione assurda che mi accade, stanno
cercando di farmi impazzire, mi istigano a mollare. Sono entrati nella
stanza dell'albergo poco dopo le 6 del mattino e mi hanno trovato in
compagnia di uno dei miei legali che la sera prima aveva partecipato
al convegno insieme a me,dopo tanto impegno, per far capire che non
ero latitante facendoli anche chiamare dalla compagnia dei
carabinieri di Termoli. Verso le 8. 30 e' arrivata un nuova
pattuglia che e' entrata in stanza e mi hanno perquisito e poi
portato in questura,una volta arrivati uno dei loro capi gli aveva
già riferito con quale codice portarmi in carcere, poi finalmente
dopo la chiamata di un magistrato di Catanzaro verso le 11,mi hanno
liberato e comunque verso le 9 in questura era venuto pure il mio
avvocato ed il Presidente della rete antimafia di Brescia per
aiutarmi a spiegare ed a chiedere la mia immediata liberazione. I
poliziotti di Brescia, grazie anche ad uno di loro che si era accorto
che vi era qualcosa di strano, si sono comportati bene , purtroppo
nella banca dati di tutte le forze di polizia io risultavo essere
pericoloso boss
della 'ndrangheta latitante da 10 anni dal 2003 e quindi ero
ricercato con un mandato da eseguire”.
Ma
anche durante lo svolgimento del convegno si sono registrati strani
atti di carattere intimidatorio, infatti, Bonaventura, denuncia anche
che “cosa
anche strana durante il convegno qualcuno davanti una delle entrate
dell'Università(quella principale)ha incendiato un cassonetto. Mi
hanno detto che non era mai successa una cosa del genere ed io credo
fortemente che vi è dell'altro ma non per colpa delle forze di
polizia e il fatto che ci sia altro e’ riscontrato da una smentita
che ha fatto un funzionario della questura cercando di negare tutto
contro anche lo stesso verbale da loro emesso nei mie confronti. Vi è
un passaggio che cita precisamente così: presso struttura
alberghiera “XXX HOTEL”,si è proceduto all'accompagnamento del nominativo in oggetto ai sensi ex art349CPP in quanto a carico
dello stesso,a seguito di controllo tramite sistema di
indagine,risultava attivo un provvedimento di cattura da eseguire”.
A quando un chiarimento e le scuse da parte del Ministero dell'Interno e della Giustizia?
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