L'Europa la stiamo distruggendo noi!

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In un mondo dove l'Europa potrebbe avere un ruolo decisivo per la salvaguardia della democrazia, in un contesto politico dove gli autoritarismi, le dittature, sembrano essere la normalità e le democrazie quasi un fastidio, invece di diventare un punto di riferimento, è a rischio dissolvimento. Non sono gli USA, i putiniani, i cinesi, a distruggere l'Europa. Lo stiamo facendo noi, da soli. Non siamo nè carne, nè pesce, siamo totalmente allo sbando. L'Europa se si chiede cosa sia, la gente non saprà cosa rispondere, i suoi organismi sono sconosciuti ai più, percepita come entità astratta, anzi, l'Euro è spesso maledetto, forse l'unico beneficio che viene riconosciuto è la caduta dei confini, anche se , vedi ad esempio tra Italia e Slovenia, sono ritornati a modo loro. Insomma, ci siamo sciacquati la bocca all'inverosimile su fatto che l'Europa fosse un soggetto che ha garantito la pace per oltre 70 anni, anche se la guerra in Jugoslavia non è stata considerata...

Trieste quel Magazzino 26 disoccupato



Tra le macerie di una società disastrata ed un degrado che in qualche modo può affascinare ed essere d'ispirazione per qualche componimento poetico, tra asfalto e binari che si intersecano invadendo reciprocamente ognuno la propria funzionalità, tra tetti senza tegole, e ruderi senza più alcun senso, mentre la vegetazione continua a conquistare, giorno dopo giorno, notte dopo notte, spazi contesi da interessi specifici che non sempre coincidono con quelli della collettività, ecco sorgere il Magazzino 26, un magazzino disoccupato. Una perla nel pieno degrado figlio di quell'immobilismo che uccide la povera Trieste. Un magazzino che ha ospitato, dopo lunghi e costosi interventi di recupero, diversi eventi, uno fra tutti, la 54a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. Pur essendo soggetto a vincolo da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, pur essendo una testimonianza della superata architettura industriale, oggi è lì senza sapere che destinazione avrà.

Eppure di cose se ne potrebbero fare a migliaia.
Destinarlo all'Università, alle associazioni del territorio, adibirlo a laboratorio polivalente culturale, adibirlo a qualcosa insomma che sia degno di quel luogo e dignitoso per Trieste.
D'altronde i venti della vita spensierata possono sempre bussare a quelle porte ora chiuse. In tal momento epocale abbiamo bisogno di ricostruire una società letteralmente a pezzi, ma non sulle sue macerie, perché quelle macerie le getteremo via e verranno spazzate anche dalla bora. Abbiamo necessità esistenziale di edificare un tempo che sia il nostro tempo, abbiamo bisogno di demolire il degrado e l'immobilismo, con atti sostanziali, con progettualità, con quella voglia, libera da sterili opportunismi, che dia la possibilità all'individuo di sentirsi realmente partecipe di una collettività e quel magazzino 26, disoccupato, è l'esempio materialistico del contrario.



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