La ciminiera di Monfalcone va salvaguardata non demolita

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In Italia spesso si preferisce inseguire la via della tabula rasa, dell'annientamento, del vuoto, per dare spazio al nuovo che sormonta e travolge tutto ciò che è stato nel bene e nel male. Ci sono manufatti che hanno segnato la vita e la quotidianità di una comunità. Ci sono manufatti architettonici che caratterizzano i luoghi ed uno di questi è indiscutibilmente la ciminiera di Monfalcone di cui si apprende che nel 2027 avverrà la sua demolizione. Qui non è chiaramente in discussione la riconversione della centrale attuale ma di ciò che esteticamente, simbolicamente, rappresenta quel manufatto enorme di circa 150 metri circa realizzato nel secolo scorso e che andrebbe preservato piuttosto che spazzato via. Quel manufatto potrebbe essere considerato come ciminiera storica industriale, elemento tipico del paesaggio industriale monfalconese. Perchè non valutarne la sua valorizzazione a livello conservativo, anche come elemento storico di riflessione di come i processi ...

Trieste quel Magazzino 26 disoccupato



Tra le macerie di una società disastrata ed un degrado che in qualche modo può affascinare ed essere d'ispirazione per qualche componimento poetico, tra asfalto e binari che si intersecano invadendo reciprocamente ognuno la propria funzionalità, tra tetti senza tegole, e ruderi senza più alcun senso, mentre la vegetazione continua a conquistare, giorno dopo giorno, notte dopo notte, spazi contesi da interessi specifici che non sempre coincidono con quelli della collettività, ecco sorgere il Magazzino 26, un magazzino disoccupato. Una perla nel pieno degrado figlio di quell'immobilismo che uccide la povera Trieste. Un magazzino che ha ospitato, dopo lunghi e costosi interventi di recupero, diversi eventi, uno fra tutti, la 54a Esposizione Internazionale d'Arte della Biennale di Venezia. Pur essendo soggetto a vincolo da parte del Ministero per i Beni e le Attività Culturali, pur essendo una testimonianza della superata architettura industriale, oggi è lì senza sapere che destinazione avrà.

Eppure di cose se ne potrebbero fare a migliaia.
Destinarlo all'Università, alle associazioni del territorio, adibirlo a laboratorio polivalente culturale, adibirlo a qualcosa insomma che sia degno di quel luogo e dignitoso per Trieste.
D'altronde i venti della vita spensierata possono sempre bussare a quelle porte ora chiuse. In tal momento epocale abbiamo bisogno di ricostruire una società letteralmente a pezzi, ma non sulle sue macerie, perché quelle macerie le getteremo via e verranno spazzate anche dalla bora. Abbiamo necessità esistenziale di edificare un tempo che sia il nostro tempo, abbiamo bisogno di demolire il degrado e l'immobilismo, con atti sostanziali, con progettualità, con quella voglia, libera da sterili opportunismi, che dia la possibilità all'individuo di sentirsi realmente partecipe di una collettività e quel magazzino 26, disoccupato, è l'esempio materialistico del contrario.



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