Quella
che ora commento è la terza sentenza che entra nel merito della
questione prove Invalsi nel settore della Scuola. Dopo
Trieste e poi Parma ora è il turno del Tribunale di Terni. Una causa discussa il 22 ottobre 2012 con contestuale lettura
negativa del dispositivo, dopo ben un anno arriva la
sentenza n° 487/2012 che è stata depositata "solo" il 2 ottobre
2013.
La
questione riguardava la vicenda della legittimità o meno delle prove
Invalsi nel settore della scuola, con tutte le sue attività
correlate, somministrazione, correzione e tabulazione, interruzione
dell'attività didattica che nel ricorso venivano intese al massimo
come attività aggiuntive e dunque non obbligatorie per il personale
scolastico e la conseguente competenza deliberativa del collegio
docenti, ma si sollevavano anche i noti problemi sulla privacy,
sulla minata libertà d'insegnamento e così via discorrendo.
Il
docente, in relazione ad una circolare che veniva intesa come ordine
di servizio, dopo aver prodotto atto di diffida e contestuale
manifesta volontà motivata di non accettare nella propria ora
l'interruzione dell'attività didattica per favorire lo svolgimento
delle prove Invalsi ed essere messo a disposizione, poiché nella sua
ora subentrava altro docente individuato come somministratore, non
essendo pervenuta la reiterazione dell'ordine di servizio, entrava in
classe per svolgere il suo ordinario lavoro, come programmato e
calendarizzato.
Veniva
sanzionato con una censura.
Prima
di entrare nel merito di alcuni passaggi importanti di questa
sentenza, che è autonoma rispetto a quella di Parma e Trieste perché
il Giudicante non richiama né l'una né l'altra, e forse anche
peggiorativa per alcuni aspetti, voglio sottolineare che dal punto di
vista lavoristico, perché la vertenza riguardava l'aspetto
lavoristico della questione, si tende a consolidare
quell'orientamento che vuole la statalizzazione del rapporto
lavorativo del personale scolastico. Intendo per tale concetto il
fatto che per Legge si introducono e si impongo attività che
dovevano essere normate e disciplinate in via contrattuale, ma la
questione ferie precari, la questione idonei ad altri compiti, per
esempio, ed ora le prove Invalsi, confermano invece il continuo
indebolimento della funzione del contratto nel settore della scuola
ed il rinforzamento della competenza legislativa in materia che viene
legittimata da buona parte della giurisprudenza. Non che il contratto
sia l'assoluta perfezione, anzi, ma ciò è un dato principalmente
politico e sindacale ed ora anche giuridico sui cui necessariamente
riflettere, anche per quella certezza del diritto che viene sempre
meno.
Veniamo
ora al dunque della sentenza n° 487/2012 del Tribunale del Lavoro di
Terni.
Il
Giudice, con una sentenza di 24 pagine, di cui solo mezza pagina di
formale motivazione, respingerà il ricorso così scrivendo dopo aver
eccepito il difetto di legittimazione passiva della singola
istituzione scolastica ma riconoscendo quella del Miur:
nel
merito la lucida, puntuale,convincente interpretazione che il
Ministero ha fornito ed illustrato sulla normativa dell'Invalsi e
sull'illegittimo comportamento tenuto del ricorrente, trova la piena
adesione del Giudicante , per cui sarebbe una inutile ripetizione
sovrapporre ulteriori considerazioni giuridiche del sottoscritto a
quelle sviluppate dal Ministero Il
ricorrente andrebbe condannato alle spese del procedimento, tuttavia
la peculiarità della materia il dibattito che in sede nazionale
hanno suscitato le prove invalsi e le contrastanti opinioni che si
sono registrate ben possono costituire le gravi ed eccezionali
ragioni che inducono a compensare le spese a favore del ricorrente.
Si
evincono alcune particolarità giuridiche a dir poco rilevanti.
L'aver assorbito l'atto di memoria di parte resistente, quella del Miur, ed
aver trasformato le ragioni dedotte dal MIUR come parte sostanziale
ed effettiva delle motivazioni, lascia intendere che la motivazione
della sentenza è quanto dedotto dal MIUR, cosa a dir poco singolare
e rarissima, infatti, il Giudice scriverà che
trova la piena adesione del Giudicante , per cui sarebbe una
inutile ripetizione sovrapporre ulteriori considerazioni giuridiche
del sottoscritto a quelle sviluppate dal Ministero.
Si
deve sottolineare l'importanza del ragionamento effettuato sul tema
della soccombenza..
Il
non aver applicato il principio della soccombenza, pur avendo
respinto il ricorso, è significativo poiché ha reputato,
giustamente, la materia controversa, essendo emerse opinioni
contrastanti; dunque da ciò si desume che se una materia è
altamente conflittuale ed oggetto di dibattito politico sindacale ciò
legittima in caso di rigetto di ricorso la compensazione delle spese.
Altro aspetto preliminare da evidenziare è il non aver
riconosciuto la legittimazione passiva della singola Istituzione
scolastica condividendo l'orientamento che vuole che nelle
controversie relative ai rapporti di lavoro, la sussistenza della
legittimazione passiva dell'Amministrazione centrale, mentre difetta
quella del singolo istituto (Cass. 10 maggio 2005, n. 9752; 28
luglio 2008, n. 2052; 21-03-2011, n. 6372 ).
Cosa
dice il MIUR, nelle parti che reputo più salienti, in tema di prove
Invalsi nella sua memoria difensiva che è stata recepita nella
sentenza in via sostanziale come effettiva motivazione?
Che
le
prove quindi hanno una “vocazione”
esterna
alla singola istituzione scolastica, servono (devono servire, non
possono servire che) ad operare riflessioni in termini sistemici (al
fine di una successiva ed eventuale ricaduta su norme o azioni di
carattere generale: ad es. programmi, indicazioni didattiche e
metodologiche, benchmarking, ecc.): si veda l’art. 3 comma 3 D.lgs.
286/2004: “Gli
esiti delle attività svolte ai sensi del comma 1 sono oggetto di
apposite relazioni al Ministro, che ne dà comunicazione alla
Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28
agosto 1997, n. 281. Le relazioni riferiscono sui risultati e possono
segnalare indicatori ritenuti utili al miglioramento della qualità
complessiva del Sistema” (…);
Che
Nessuna
disposizione normativa attribuisce invece all’INVALSI un potere di
intervento sulle istituzioni scolastiche o sui docenti i cui allievi
abbiano ottenuto risultati più scadenti;
Che
le
rilevazioni Invalsi sono attività ordinaria ed istituzionale delle
istituzioni scolastiche onde le attività ad esse collegate rientrano
nei doveri d'ufficio; gli organi della istituzione scolastica non
hanno competenza né sull'an né sull'quomodo delle prove e il
singolo docente- non destinatario di alcuna ricaduta sul proprio
status giuridico ed economico nel caso di valutazioni negative degli
allievi- non può impedire lo svolgimento delle prove Invalsi.
Dunque
se da un lato emerge, in via di interpretazione giudiziaria,
l'orientamento che vuole la somministrazione, correzione e
tabulazione come attività doverosa del personale scolastico
interessato e nessuna competenza deliberativa sul se sul come da
parte del collegio docenti, dall'altro, ed è questo l'elemento
importante di tale pronuncia, che
il singolo docente- non destinatario di alcuna ricaduta sul proprio
status giuridico ed economico nel caso di valutazioni negative degli
allievi- non può impedire lo svolgimento delle prove Invalsi.
In
via inversa, seguendo il ragionamento posto in essere dalla Corte
Costituzionale nel caso dell'articolo 19 dello Statuto dei lavoratori
ove in sostanza eccependo l'illegittimità costituzionale della
mancata previsione di una disposizione ha “scritto” de facto una
nuova disposizione giuridica, questo passaggio lo si interpreta, per
forza di cose, che in caso di ricaduta sullo status giuridico ed
economico del docente, in relazione all'esito negativo delle prove
Invalsi, il docente è legittimato ad intervenire per impedire lo
svolgimento delle citate prove.
Detto
in breve l'Invalsi non può valutare né direttamente né
indirettamente i docenti, ciò lo dice il MIUR e la sentenza del
Tribunale di Terni.
Ed
allora delle riflessioni sono dovute.
Per
esempio le prove Invalsi non possono avere ricadute sulla posizione
economica dei docenti, non possono essere utilizzate come parametro
per definire la “produttività” ed il “merito” e l'aumento
degli scatti stipendiali e neanche incentivi economici, in caso
contrario il docente sarebbe legittimato ad impedire le dette prove.
Ma
queste prove non possono neanche condizionare la posizione lavorativa
del docente.
Per
esempio l' articolo 55 quater del dlgs 165/2001, anche se non
attualmente applicato nella scuola, quando norma che il
licenziamento in sede disciplinare è disposto, altresì, nel caso di
prestazione lavorativa, riferibile ad un arco temporale non inferiore
al biennio, per la quale l'amministrazione di appartenenza formula,
ai sensi delle disposizioni legislative e contrattuali concernenti la
valutazione del personale delle amministrazioni pubbliche, una
valutazione di insufficiente rendimento e questo è dovuto alla
reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione
stessa, stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto
collettivo o individuale, da atti e provvedimenti
dell'amministrazione di appartenenza o dai codici di comportamento,
certamente
neanche in futuro potrà trovare applicazione con correlazione
all'esito negativo delle prove Invalsi.
Ma
una riflessione deve essere maturata anche sul Decreto Scuola, in
fase di conversione, lì' ove all'articolo 16 prevede che Al
fine di migliorare il rendimento della didattica, particolarmente
nelle zone in cui i risultati dei test di valutazione sono meno
soddisfacenti ed e' maggiore il rischio socio-educativo, e potenziare
le capacita' organizzative del personale scolastico, per l'anno 2014
e' autorizzata la spesa di euro 10 milioni, oltre alle risorse
previste nell'ambito di finanziamenti di programmi europei e
internazionali, per attività' di formazione obbligatoria del
personale scolastico con particolare riferimento: a)
al rafforzamento delle conoscenze e delle competenze di ciascun
alunno, necessario per aumentare l'attesa di successo formativo, in
particolare nelle regioni ove i risultati delle valutazioni sugli
apprendimenti effettuate dall'Istituto nazionale per la valutazione
del sistema educativo di istruzione e di formazione (Invalsi), anche
in relazione alle rilevazioni OCSE-Pisa, risultano
inferiori
alla media nazionale.
E'
questa una ricaduta sullo status del dipendente od un intervento sul
dipendente che è costretto, in caso di esiti negativi di prove
Invalsi, a frequentare obbligatoriamente dei corsi di formazione?
Il
collegio docenti, oltre ad essere competente a discutere di Invalsi,
se ci si attiene ai detti pronunciamenti (ma non a deliberare pro e
contro, né sul se e sul come) in realtà, stante quanto dedotto in
precedenza, potrebbe essere legittimato a deliberare in materia di
prove Invalsi, manifestando contrarietà, nel caso di ricaduta, in
relazione all'esito delle prove, sul personale docente?
Dal
quadro delineato emerge comunque la conferma di ciò che denuncio da
anni che l'Invalsi ha e non può che avere ed avrà una forte
ricaduta sulla libertà d'insegnamento e sulla programmazione
dell'attività didattica che rischia di rispondere a certe e date
volontà politiche od a chi finanzierà il sistema Invalsi, e tale
questione non può che essere affrontata in sede di discussione
sociale e politica e sindacale e non, a parer mio, giudiziaria.
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