Premesso che sono contrario ad ogni
reato di opinione, con questo breve scritto voglio evidenziare alcune
"perle" di saggezza della nostra giurisprudenza in tema di
diritto di critica, opinione che a volte intraprende la via
dell'offesa ma ad essere realmente lesa è in sostanza la libera
manifestazione del pensiero dell'individuo. Ognuno chiaramente si
assume la responsabilità delle proprie affermazioni ma continuare a
mantenere il reato di opinione, dunque illecito penale,
dal vilipendio alla diffamazione, è un qualcosa che ben contrasta
con i principi fondanti ogni libertà di espressione che in Trattati
ed anche nella nostra Costituzione avrebbero trovato protezione. Ma è
anche vero che la Costituzione italiana non è perfetta e dunque ben
si presta, a secondo del vento che soffia, ad interpretazioni ora
restrittive ora estensive, è una questione di volontà politica e di
sentimento politico che spesso coincide con la protezione dell'ordine
esistente.
La Corte di Cassazione, sezione Penale, con sentenza
pubblicata il 4 luglio 2013 afferma che “il diritto di manifestare
il proprio pensiero in qualsiasi modo non può trascendere in offese
grossolane e brutali prive di alcuna correlazione con una critica
obiettiva” dunque per integrare il reato, previsto dall'articolo
291 del codice penale, "è sufficiente una manifestazione
generica di vilipendio alla nazione, da intendersi come comunità
avente la stessa origine territoriale, storia, lingua e cultura,
effettuata pubblicamente".
Il reato in esame, spiega la Suprema Corte, "non
consiste in atti di ostilità o di violenza o in manifestazioni di
odio: basta l'offesa alla nazione, cioè un'espressione di ingiuria o
di disprezzo che leda il prestigio o l'onore della collettività
nazionale, a prescindere dai vari sentimenti nutriti dall'autore".
Questa sentenza della Cassazione è semplicemente
scandalosa. Basta una manifestazione generica di pensiero offensivo
verso l'Italia, per essere condannati per vilipendio. Si è
andati oltre la nota sentenza sul tricolore del Tribunale di Como del
22 giugno 2001, il quale, in merito alle note offese di Bossi sul
tricolore, ricordava che “la nozione di vilipendio implica
disprezzo, ludibrio o manifestazioni di ostilità. Ed è
indiscutibile il significato pesantemente offensivo e la connotazione
manifestamente dispregiativa delle espressioni utilizzate
dall'imputato nel descrivere l'uso e le finalità della bandiera
nazionale, paragonato ripetutamente durante il suo discorso alla
carta igienica”.
Ma la Corte Costituzionale ha più volte
dichiarato infondate le questioni di legittimità delle disposizioni
punitive del vilipendio riaffermando che la libertà di pensiero
trova limiti impliciti derivanti dagli altri valori
costituzionalmente protetti, tra i quali si annovera il prestigio
delle istituzioni e dei loro emblemi (v. anche Cass. 6822/89).
Teoricamente i passibili di tale reato sarebbero una
moltitudine indefinita di soggettività sociali e politiche ed
individuali, quale diritto di critica?
Eppure la Corte di
Cassazione con la sentenza sentenza 24 aprile – 20 giugno 2013, n. 15443 rilevava che
in materia di diffamazione non sussiste una generica prevalenza del
diritto all’onore sul diritto di critica, in quanto ogni critica
alla persona può incidere sulla sua reputazione; del resto, negare
il diritto di critica solo perché lesivo della reputazione di taluno
significherebbe negare il diritto di libera manifestazione del
pensiero. Pertanto, il diritto di critica può essere esercitato
anche mediante espressioni lesive della reputazione altrui, purché
esse siano strumento di manifestazione di un ragionato dissenso e non
si risolvano in una gratuita aggressione distruttiva dell’onore
(Cass. n.4545/2012, n.12420/08)”
Dunque l'offesa può
essere esercitata, nell'ambito del diritto di critica, verso
l'individuo, ma non verso i simboli delle Istituzioni? Ognuno tragga
le sue conclusioni.
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