Una mostra che ha
praticamente fatto il giro d’Italia, una mostra dal titolo forte
«La Palestina della convivenza. Storia dei palestinesi 1880-1948»
e da quel carattere di speranza, che mai deve venir meno, speranza
che dovrebbe finalmente porre fine alla questione palestinese,
riconoscendo la dignità, giusta, ad un popolo che ha vissuto abusi e
soprusi di ogni natura. Ma a Trieste, città dove polemizzare è
facile, è accaduto di tutto. Una lettera firmata da Anat Hila
Levi,Presidente dell’Associazione Pordenonese Italia Israele,
Membro di K.K.L, Membro della comunità ebraica italiana, Docente
storia di ebraismo, Israele e storia ebraica", inviata al
Piccolo di Trieste nel mese di agosto 2012, ha aperto il valzer delle
polemiche. Si soffermava sulla errata definizione di Palestina,
errata, secondo l’autrice della lettera, per come evidenziata nella
mostra, ed accentuava il tono della sua rabbia richiamando le parole
di Zahir Muhsein che fu un leader dell’OLP, che rilasciò al
giornale olandese Trouw nel lontano marzo 1977.
A questa lettera poi si
è aggiunta una critica a dir poco inquietante, sollevata da parte di
Deborah Fait, ex Presidente nazionale della Federazione
Italia-Israele, pubblicata nella data del 26 agosto su Informazione
Corretta dal titolo «A volte ritornano», criticando in sostanza
Salaam i ragazzi dell’olivo che hanno curato, in collaborazione con
il Comune di Trieste, la mostra considerata.
Questo personaggio, in
un momento di sfogo, nella suo intervento, affermava testualmente
quanto segue Non esiste la
lingua palestinese, come non esistono tante altre cose palestinesi,
tipo nazione, tradizioni, cultura. I palestinesi parlano un dialetto
arabo non avendo una lingua propria come ogni popolo di questo mondo.
Non ce l'hanno perché' non esistevano prima del 1967, non ce l'hanno
perché' fanno parte del mondo arabo, non ce l'hanno perché' sono
arabi appropriatisi della denominazione di palestinesi per eliminare
il paese che odiano. Non ce l'hanno perché' non e' mai esistita una
nazione palestinese, con lingua, moneta, capitale..... infatti adesso
pretendono la nostra!
Poi
seguiranno lettere di consenso sulla mostra, e di repliche anche da
parte Giorgio Stern,
responsabile dell'allestimento.
Ed
il Sindaco di Trieste cosa ha deciso di fare? Alla Sinagoga di
Trieste, , durante le celebrazioni per l’annuale Giornata
ebraica, ha in sostanza chiesto scusa alla comunità religiosa per
una mostra fotografica che il Comune ha ospitato a luglio nella Sala
comunale d’arte da cui sono nate le polemiche di cui sopra. Come
rende noto il Piccolo, il Sindaco ha evidenziato che “Naturalmente
esiste anche un punto di vista palestinese, ed è legittimo avere ed
esprimere punti di vista diversi. Io non faccio questioni di merito,
tengo conto solo di una sensibilità ferita, ne prendo solamente
atto”
Certo, però Signor
Sindaco, lei con quel gesto ha urtato, ora, la sensibilità del
popolo palestinese e di tutti coloro che sostengono la loro causa,
perché così facendo si è schierato, non è soggetto imparziale, ha
fatto proprie le tesi sostenute dalla comunità ebraica, dunque dovrà
chiedere ora scusa al popolo palestinese per aver chiesto scusa alla
comunità ebraica, per l’irritazione che ne è derivata?
Le mostre
nascono anche con lo spirito della provocazione, ed a volte sbattere
in faccia all’occidente dormiente la bestialità della realtà, ciò
può creare qualche malumore, come accaduto a Trieste.
Una cosa è certa,
questo piccolo ma importante caso, evidenzia tutta la complessità
della questione palestinese, una complessità che in questi mesi è
passata anche per le strade di Trieste.
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