C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

La nuova possibile strategia delle mafie contro il carcere duro.





Leggo dal Quotidiano della Calabria la seguente dichiarazione rilasciata da un boss della cosca Pesce: «La cosca Pesce non esiste. Ai miei figli ho sempre detto di costituirsi, perché altrimenti lo Stato si accanisce»

Qualche giorno addietro ha creato qualche scalpore il provvedimento con il quale il Tribunale di Sorveglianza di Roma si è pronunciato in modo negativo sulla proroga del carcere così detto duro verso Troia, affermando che: "La perdurante operatività della famiglia mafiosa non risulta invece comprovata. Nessuna delle vicende riportate nel decreto ministeriale appare riconducibile alla famiglia di Capaci e ancor meno alla persona di Troia. E non emerge alcun indizio di attuale sussistenza dell'interesse dell'organizzazione mafiosa a intessere indebiti collegamenti con Troia".
Ora l'articolo Art. 41-bis, che è una norma inserita all'interno delle disposizioni che disciplinano il funzionamento dell' ordinamento penitenziario e riguardano anche l' esecuzione delle misure privative e limitative della libertà, afferma in uno dei suoi commi che la proroga e' disposta quando risulta che la capacita' di mantenere collegamenti con l'associazione criminale, terroristica o eversiva non e' venuta meno, tenuto conto anche del profilo criminale e della posizione rivestita dal soggetto in seno all'associazione, della perdurante operativita' del sodalizio criminale, della sopravvenienza di nuove incriminazioni non precedentemente valutate, degli esiti del trattamento penitenziario e del tenore di vita dei familiari del sottoposto. Il mero decorso del tempo non costituisce, di per se', elemento sufficiente per escludere la capacita' di mantenere i collegamenti con l'associazione o dimostrare il venir meno dell'operativita' della stessa.

Io non ho mai reputato il carcere una soluzione né al problema mafia, né al problema delinquenza diffusa, perché nonostante la sua secolare affermazione mafie e delinquenza hanno trovato modo di continuare ad esistere. Probabilmente perché, riferendomi in particolar modo alle mafie, queste sono costole del sistema capitalistico e fino a quando esisterà questo sistema esisteranno le mafie e nessun carcere potrà mai determinarne la loro estinzione o la viva repressione. Ma ho la sensazione che con una sorta di escamotage sia possibile raggirare la proroga del 41 bis.

 Quando finisce in galera un pezzo da novanta della cosca, basta che la cosca muti la sua connotazione, una sorta di metamorfosi necessaria per raggirare il regime di tale misura penale repressiva. Ed ecco il perché delle dichiarazioni, come sopra riportate che arrivano dalla 'ndrangheta o dalla mafia. Scompare la cosca, si nega l'esistenza, si ricicla in altro, si unisce magari ad altra cosca, il boss per qualche tempo vivrà il carcere disumano e duro, cosa che probabilmente metteranno in conto, ed il sistema è raggirato. Anche perché l'onere della prova spetta allo Stato, deve essere lo Stato a provare l'esistenza formale di quella cosca considerata, l'operatività della stessa, la continuazione dei rapporti tra il boss e quella cosca. Ma se la cosca formalmente si estingue e si ricicla in altro il problema sussiste.

E poi non bisogna dimenticare un dato, che ha sempre connotato anche la spirito della “vendetta” della mafia. Il tempo. Similmente a come accade per il potere esercitato dalla Chiesa, passeranno i secoli, si alterneranno governi e poteri, ma la Chiesa resterà ed il suo potere anche , ebbene le mafie sanno aspettare, sanno attendere, guardano e si muovono con strategie a lungo termine e non a breve termine, e porre il velo del silenzio sulla cosca per un periodo necessario, non è detto che ciò comporti la morte della cosca medesima.  

D'altronde le mafie, tutte, non hanno più necessità di farsi la guerra tra di loro, hanno compreso che costituire un cartello o lavorare insieme o dividersi in modo equo, secondo i loro criteri di equità i territori, è più conveniente. Niente più guerre di mafia, niente più uccisioni di mafia. Silenzio. Un silenzio che rende le mafie ancor più pericolose perché, specialmente con la crisi vigente, hanno la possibilità di riciclar meglio il loro sporco danaro senza attrarre verso di loro l'attenzione sociale e mediatica. Gli affari prima di tutto.  
E così è.  



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