Lo spirito di solidarietà del Friuli

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  Dopo la tempesta, potente, imprevista, sconvolgente, la classica quiete, che sa di beffa. Il sole, il silenzio, il rumore di chi spala fango, di chi si è attivato senza battere ciglio per aiutare. Subito. Solidarietà. Così è stato nei periodi delle grandi tragedie e drammi che hanno colpito questa piccola fetta di terra d'Europa. Che ha conosciuto due guerre mondiali, con il Friuli non spettatore, ma suo malgrado, attore. Così è stato con eventi diabolici, come la tragedia del Vajont, così come è stato con il terremoto del 1976. Una terra che non cerca di compiacersi, che non ha bisogno di sentirsi dire quanto siamo bravi o più fighi o meno fighi degli altri. Si va oltre, si va avanti, insieme. Il dolore delle vite sottratte cinicamente da questo mondo è e rimarrà vivo, ma la forza di rialzarsi in breve tempo, senza perdere tempo in giustificati lamenti, che questa terra continua a dimostrare, generazione dopo generazione, è più unica che rara. Il sole splende lì dove una frana h...

Quando nel nome del decoro si anticipa il partito della nazione da Bologna a Monfalcone

Sull'ideologia del decoro hanno scritto bene, partendo dal caso di Trieste, Andrea Olivieri e Tuco su GIAP .    
Una ideologia che nella sostanza non conosce colore politico, destra e sinistra governativa hanno spesso, proprio nel nome del decoro, anticipato una sorta di partito della nazione. Decoro urbano, contro il degrado urbano. Politiche definite a colpi di ordinanze, puntualmente rinnovate, prorogate, con uno scopo chiaro, eliminare l'apparenza, colpire l'apparenza, per non entrare nella profondità del problema sociale ed avere la coscienza politica pulita.
Mentre la centrale a carbone continua ad operare, mentre alla Fincantieri i problemi continueranno ad essere sempre gli stessi, mentre il picco dell'amianto deve ancora arrivare, intanto, occupiamoci di decoro. Ordinanze similari li troviamo in amministrazioni di colore politico opposto, da Bologna, dove si puniscono i Writer, a chi vende bevande alcoliche oltre un certo orario, a Monfalcone. Monfalcone, dicono e scrivono che sarebbe ricca di patrimonio di valenza storica  architettonica e culturale. Ma poi nella realtà pratica di cosa stiamo parlando? Di una Rocca isolata dal mondo, di un muro abbandonato a se stesso ed anche visivamente ridicolo per come strutturato, di un palazzo, in piazza, in perenne stato di precarietà e cantiere e poi qualcosina da poco. Che i due corsi principali di Monfalcone si trovano in uno status di desertificazione è evidente. Uno è praticamente un susseguirsi di negozietti bengalesi, prevalentemente tutti identici, l'altro di qualche attività commerciale italiana, ma anche con qualche presenza straniera.Il problema non sono mica i centri commerciali che hanno risucchiato e demolito il commercio di Monfalcone, o la crisi sociale ed economica, senza soldi si esce sempre di meno in una società dove si passa, poi, di più il proprio tempo a chattare sul telefono che a scambiare quattro chiacchiere al bar. No. Sono molti a pensare che i bengalesi ora, ed i rumeni domani, e dopodomani chissà chi, magari i meridionali, andrebbero caricati sul primo volo, di solo andata, per il loro territorio di provenienza. Ora, oggi la situazione è certamente ai limiti. E' fallito ogni processo di intermediazione, la chiusura della comunità è stata rilevante, in un Paese ove ognuno, per dirla alla Cetto la Qualunque, pensa ai cazzi propri. Ma il problema è partito dal lavoro, lì è il fulcro del tutto. Se una persona è interessata ad inserirsi in una comunità e viverla, con la propria famiglia, tale percorso deve iniziare, pensando ai più piccoli, dalla scuola dell'infanzia. Se uno viene in una città, pensando solo di mettere soldi da parte per poi andarsene, cosa assolutamente lecita e legittima, è perchè probabilmente vi è un sistema che ha favorito ciò, dove la foresteria è diventata stabile e strutturale e la causa di tutto ciò è ben nota ed è lì che si dovrebbe intervenire ponendosi tanti perchè. E' mancata ogni condizione minima di reciprocità. Ora, è anche vero che la via S. Ambrogio non è forse esteticamente meravigliosa, ma lo stesso dicasi per Corso del Popolo. Ma pensare di limitare  determinate attività per  "la civile convivenza, il decoro urbano, il paesaggio urbano storico, la tutela dell'immagine e dell'identità storico-architettonica della città", sinceramente è a dir poco surreale, anche perchè sicuramente non si potranno adottare regolamenti con efficacia retroattiva, quello che è stato è stato, potrai forse regolamentare alcuni divieti minimi, ma nulla di più. Certo, poi noi tutti si vive in una società dove se proponi il kebab furlan, nulla da dire, ma se osi proporre il frico turco, apriti cielo o terra. Senza reciprocità, collaborazione si peggiorerà la situazione e Monfalcone sarà sempre più simile al Sahara.

Marco Barone 


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