C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

9.906 volte No alla fusione con Monfalcone




Oggi Ronchi è più bella. Non perché sia cambiato qualcosa a livello di fisicità, a livello materiale i problemi sono sempre gli stessi. Ma per un semplice motivo. 
Un fiume di sorrisi, di persone sorridenti sono quelle che nella mattina del 20 giugno si incontravano per Ronchi. E' stato, d'altronde, un periodo difficile. Oltre un secolo di autonomia ha rischiato di essere spazzato via, nel nome di una fusione, battezzata come MOSTRO, che altro non avrebbe comportato che un salto nel buio, questo è quello che hanno percepito la maggioranza dei cittadini. 9.906 volte no, di cui solo 4.482 a Ronchi, 2.797 a Staranzano e ben 2.627 a Monfalcone, dato per nulla scontato, forse il più significativo dal punto di vista politico tra i tre Comuni, visto che doveva essere Monfalcone ad inglobare Ronchi e Staranzano. Una chiara bocciatura all'attuale governo locale sicuramente. A sostegno di questa fusione sono stati schierati i più significativi strumenti, addirittura la stessa governatrice della Regione ha fatto praticamente campagna per il sì. Ma i movimenti dal basso, il lavoro svolto soprattutto dai vari Comitati per il No sono stati fermi e decisi. Fermi e decisi nel conservare e mantenere la loro autonomia ed indipendenza, fermi e decisi nella tutela del bene Comune. Ed è merito in particolar modo dei comitati per il No se vi è stata una buona affluenza alle urne, visto che questo referendum, a causa di una specie di "notte dei lungi coltelli" ad oltranza all'interno del PD ha rischiato di condizionare negativamente l'affluenza al voto.
Risultato meraviglioso, importante e comunque l'attenzione non deve calare fino a quando non verrà decretato ufficialmente il fallimento di questa fusione, poiché di questa Regione non è che ci si fidi poi molto. Una delle cose più belle vissute come comitato è stato il senso di comunità, il senso di coesione pur nella sua diversità, e questo ha fatto la differenza, una differenza vitale in una società ove il tutto viene deciso all'interno di poche e chiuse stanze.Vi è stato chi è salito sul carro del futuro vincitore quando aveva compreso che il vento sarebbe stato favorevole per il no, ma l'opportunismo non è più di casa. E' cambiato il vento, è cambiata la situazione, ed i tanti volti sorridenti incontrati per le strade di Ronchi confermano questa sensazione, si sta chiudendo un ciclo, per un qualcosa di nuovo, che metterà i propri Comuni, i propri spazi, i propri luoghi, il proprio ambiente vitale al primo posto, contro ogni manipolazione. 9.906 volte no, ovvero 9.906 volte sì per la democrazia reale, per l'autonomia, per la difesa del proprio Comune come bene comune. Si è dimostrato che il piccolo può essere grande quando lo vuole, che il piccolo può essere bello, che il piccolo non è un problema ma una risorsa. Può sembrare retorica, ma retorica non lo è, questa terra chiamata a resistere ha saputo ancora una volta resistere, e ciò, nella società di oggi, ove il pessimismo è dilagante, il qualunquismo dominante, il distacco dalla politica "tradizionale" evidente, grazie al lavoro dei comitati del no, è stato possibile. Questa fusione che avrebbe portato al Comune dal nome più lungo d'Italia Monfalcone Ronchi Staranzano non è stata la canonica occasione persa, ma è stato un pericolo coscientemente e sapientemente evitato. Un pericolo che comunque rischia di riproporsi nei prossimi tempi, per una fusione più grande, che andrà oltre i tre Comuni di Monfalcone, Ronchi e Staranzano, perché questo progetto non è mai tramontato.

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