C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Magazzino 18, uno spettacolo nazionalista

Nella serata del 10 febbraio, giorno del ricordo, o meglio di un ricordo parziale, è andato in onda in tarda serata sulla prima rete italiana lo spettacolo di Cristicchi, Magazzino 18. Quasi due ore la durata complessiva, balzato al primo posto delle tendenze twitter e già si chiede la trasmissione in prima serata. Molte sono state le critiche mosse a quello spettacolo, la prima e quella più rilevante è stata certamente la polemica sulla tessera Anpi di Cristicchi, poi vi sono state diverse contestazioni, scritte, e lui puntualmente su facebook si mostra fotografato scortato dalla polizia, mostra le scritte contro di lui, e così via dicendo. Difeso prevalentemente dalla stampa di destra, ma anche da quella della pseudosinistra perchè quello spettacolo è di chiara matrice irredentista e nazionalista, mancava solo l'inno nazionale ed il tutto poteva ben dirsi completato. Anzi a dirla tutta a Trieste, alla fine dello spettacolo teatrale al Teatro Rossetti il 23 ottobre 2013 l'inno nazionale è stato cantato e lui condividerà il video scrivendo “Grazie a tutti! Un'emozione unica e indimenticabile”. 
Lo spettacolo mostra il tutto dalla prospettiva di una persona che nulla conosce di queste vicende e che man mano prenderà sempre maggiore consapevolezza.  Le vicende del confine orientale, vicende che non risalgono al 1943 ma a ben prima, si deve partire, per capire la storia e tutto quello che è accaduto dal 1866, dalla nascita dell'irredentismo, che con il suo carattere reazionario, con la sua teoria della geografia fisica, della superiorità della civiltà italiana ed ovviamente per ragioni economiche pretenderà come italiane quelle terre che italiane non furono mai salvo una breve parentesi di occupazione e ripeto di occupazione spacciata come liberazione. Ma si dirà che non è uno spettacolo storico. Falso. E' uno spettacolo storico, che parla alle nuove generazioni a quelle che non conoscono le vicende del confine orientale e che da questo momento in poi salvo una lettura consapevolmente complessa ed articolata e critica della storia, matureranno certamente una idea che omologa i partigiani jugoslavi come soggetti perfidi e malvagi, il comunismo, ovviamente come il male nel male, e gli italiani, brava gente, come vittima. Partirà bene quando dirà che gli esuli fuggirono dalla Jugoslavia comunista perché percepita come ostile, perché si parlerà di partenza spontanea e di percezione, peccato che il resto dello spettacolo farà ben intendere altro, ed in particolare le foibe, la strage di Vergarolla saranno, per come emerge nello spettacolo, determinanti per l'esodo. Altra errata interpretazione della storia. Si parlerà di numeri, di cifre che mai hanno trovato corrispondenza reale, si parlerà dei “rimasti” come altre vittime, e si prenderanno letteralmente per i fondelli, questa la sensazione percepita, con un canto corale beffardo, ed una sorta di marcia ironica, i cantierini che decisero, perché indotti da chi poi ha lasciato perdere le proprie tracce, lasciando di fatto Monfalcone in mano ai cattolici e nostalgici del fascismo, ma di tutto questo non si dirà nulla, di recarsi nelle terre della Jugoslavia per l'edificazione del socialismo. Due o tre minuti sarà la carrellata di informazioni che verranno date per spiegare cosa gli italiani fascisti e criminali impuniti hanno fatto nei confronti delle comunità slovene,croate e serbe, non si parlerà dei campi di concentramento in Italia, come quello di Gonars o Visco, si parlerà di quello storico di Arbe, ma il tutto ti lascia sempre la sensazione di un distacco come se i fascisti furono una cosa aliena rispetto alla maggioranza degli italiani, non emerge mai il pieno senso di responsabilità degli italiani, d'altronde in due o tre minuti , su quasi due ore di spettacolo, cosa aspettarsi?  Due ore di spettacolo che saranno una sorta di esaltazione dell'irredentismo e del nazionalismo nostrano,tante volte si sentirà dire terra nostra, casa nostra, stranieri in casa nostra, ed è  interessante, a tal proposito, notare come all'italianizzazione dei nomi verrà contrapposta la slavizzazione dei nomi di alcune località istriane  a cui seguirà una demolizione sistematica, metodica, spietata, dei “titini”,  artefici della liberazione di Trieste dal nazifascismo, la cui marcia verrà etichettata come la corsa contro il tempo per costruire il socialismo, ovviamente con una mera pregiudiziale negativa. Certamente vi sono state delle nefandezze, probabilmente e volutamente sostenute dalle forze alleate e così dette democratiche che hanno lasciato impuniti i criminali fascisti, per arrivare a quello a cui oggi si è arrivati, ovvero non far emergere alcuna differenza tra Tito e Hitler e Mussolini, fascisti, nazisti e “titini”, per chi vedrà quello spettacolo, saranno in sostanza la stessa cosa, questa è almeno la sensazione percepita da diverse persone. Magazzino 18 è uno spettacolo che ricorre alla vicenda degli esuli, alle vicende personali degli emigrati dalle terre dell'Istria, in fuga da un nuovo sistema sociale, per difendere  quei principi e valori propri dell'irredentismo e del nazionalismo. L'Istria verrà presentata come il cuore conteso, e verranno in mente le parole del poeta amante della guerra artefice dell'impresa di occupazione di Fiume Il profumo dell'Italia  è tra Unie e Promontore.  Da Lussin, da Val d'Augusto  vien l'odor di Roma al cuore", ovvero la Canzone del Quarnaro di Gabriele d'Annunzio. Avrebbe Cristicchi dovuto ricordare che quando gli esuli vennero in Italia, che il Paese era disastrato.Avrebbe anche dovuto ricordare che  in Italia gli esuli istriani, dalmati,fiumani hanno avuto diverse agevolazioni, oltre 150 provvedimenti legislativi, che vanno dall'assegnazione di alloggi, all'inserimento lavorativo,al rimborso dei beni abbandonati, rimborsi per i danni di guerra, con coefficienti di rimborso per gli esuli, maggiori rispetto a quanto rimborsato al resto del territorio nazionale, oltre 1500 case riscattate a prezzo agevolato, ricollocazione al lavoro nelle stesse amministrazioni ove lavoravano in quelle che venivano considerate come le loro terre, incrementi di pensione, equiparazione a categorie protette, vitalizi, reversibilità e riscatti di periodi lavorativi, finanziamenti per la riattivazione di industrie, reimpiego delle licenze commerciali, contributi di ricostruzione, prestiti agevolati, per non parlare di tutta la propaganda culturale, mediatica ed informativa unilaterale che sussiste su tale aspetto. Avrebbe dovuto ricordare in modo dignitoso l'esodo dimenticato,censurato, quello delle comunità slovene, serbe, croate, cacciate con violenza dall'Italia. Suggerisco,infine, per una recensione completa di quello spettacolo l'articolo di Claudia Cernigoi RECENSIONE DELLO SPETTACOLO “MAGAZZINO 18″ DI SIMONE CRISTICCHI



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