La memoria condivisa non esiste, è una forzatura, perché
ognuno avrà la sua sensibilità, la sua eredità, la sua visione delle cose,
della storia. Le vicende della seconda guerra mondiale che
poi in parte furono anche una conseguenza della prima guerra mondiale, che
letteralmente hanno martoriato questo Territorio, continuano non solo a
dividere ma a creare semplicemente imbarazzo. Nella prima guerra mondiale ci
furono emigrazioni prima verso le terre austriache, da parte del popolo che
fuggiva all'aggressore italiano e poi verso le terre italiane, quando questa
fetta di territorio venne conquistata dal Regno d'Italia e dopo la disfatta di
Caporetto i "regnicoli" furono costretti a trovare riparo nelle terre
del Sud. Migrazioni e campi di prigionia che nella seconda guerra mondiale
assunsero connotazioni diverse, perché con l'Italia succursale della Germana
nazista, si subirono le deportazioni e la soppressione di ebrei, oppositori
politici, principalmente nel monfalconese, antifascisti, e tutti i
"diversi" che non meritavano più di essere considerati come esseri
umani degne di esistere. Non ci furono dunque solo gli ebrei e nel monfalconese
i deportati politici furono centinaia e tanti, la maggior parte se non la
totalità e purtroppo tanti non fecero
ritorno. Nel corso della storia vi è stata una evoluzione monumentale su come
ricordare questi eventi, questi atti criminali, come ricordare anche le singole
individualità, le singole persone. Dalle lapidi, agli ossari, dai cippi, ad
opere monumentali imponenti, per arrivare nel 2010 anche in Italia al monumento
diffuso e partecipato noto come pietre d'inciampo ideato e realizzato
dall’artista tedesco Gunter Demnig in memoria di cittadini deportati nei campi
di sterminio nazisti. L’iniziativa è partita nel 1995, a Colonia. In tutta
Europa oggi si contano più di 27mila “pietre” in Germania, Austria, Ungheria,
Ucraina, Cecoslovacchia, Polonia, Paesi Bassi e anche in Italia. E le prime
pietre d'inciampo poste a Colonia non riguardarono gli ebrei ma mille tra Sinti
e Rom deportati nel maggio del 1944, a significare la pluralità della memoria.
A Monfalcone negli anni si è resuscitata l’anacronistica
valorizzazione di D’Annunzio per celebrare la presa di Fiume. Atto però che fu
eversivo, e portò alla morte anche di Carabinieri ed Alpini che agirono per
conto del Regno d’Italia per liberare Fiume dagli occupanti dannunziani.
Mentre, si è assopita la valorizzazione della memoria storica antifascista, si continuano a trovare appigli per dire no all’intitolazione del piazzale della
stazione di Monfalcone a Giordano Pratolongo, deputato della costituente, aggredito
da fascisti a Monfalcone, le cui conseguenze lo porteranno alla morte
prematura. Non si riescono a ricordare con cippi i disertori o
gli antifascisti, Giuseppe Nicolausig e
Dioniso Rizzardini operai uccisi in via 9 Giugno la sera del 7 ottobre 1921 per
mano di fascisti e via discorrendo in quella che è sempre e la solita storia degli ultimi anni di queste parti.
mb
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