Cosa è rimasto del primo maggio nazionale a Monfalcone?

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Si parlava di Gorizia, della storia del suo confine, anche se si era a Monfalcone, che non ha avuto alcun muro nel corso della sua storia, ma solo un confine con Duino, quando si dovevano scegliere le sorti del territorio con la questione del TLT osteggiata tanto dall'Unione Sovietica, quanto dagli americani. Altri tempi, altre storie, nella storia. Ma come è risaputo la scelta di Monfalcone per il primo maggio 2024 è stata logistica ed un ripiego rispetto alla scelta principale di Gorizia in vista della capitale europea della cultura 2025. Una piazza della Repubblica gremita di militanti sindacali, tanti provenienti dal vicino Veneto e anche dal resto d'Italia, tante bandiere, ci si aspettava forse una partecipazione più importante della rappresentanza dei lavoratori immigrati della Fincantieri. Scesero in piazza in 6 mila per rivendicare il diritto a pregare. Il diritto sul lavoro e le questioni del lavoro non sono sicuramente meno importanti, anzi, tutto parte da lì. E gli i

Porto Vivo?Ma Porto Vecchio di Trieste non è mai stato morto


Si potrebbe dire che se Trieste è stata per anni contesa nell'ambito delle politiche del confine orientale, tra il blocco orientale e quello occidentale, Porto Vecchio, è la zona della città contesa tra il vecchio modello di Trieste, che non esiste più, ma che la rende unica agli occhi del mondo, ed un futuro che rischia di omologare gli spazi della quotidianità al tempo che verrà senza alcuna identità. Area immensa, degradata per decenni in gran parte, oggetto di battaglie politiche e manifestazioni epocali, dalla marcia del Sindaco alle barricate degli indipendentisti, con i binari che intanto, lentamente, tra ruggine e cemento, sparivano via dal quel sito dimenticato forse anche da Dio stesso ma non dai triestini. Che lo hanno sempre frequentato, anche clandestinamente, tra chi andava a correre, a chi curiosare, a chi ritagliarsi uno spazio in cui tuffarsi nelle acque del nostro golfo, tra un magazzino ottocentesco abbandonato ai refoli di Bora, e le chiacchiere e le nostalgie per i tempi che furono. L'immensità del Porto Vecchio, è dovuta a quell'Impero che ha plasmato e definito l'identità della Trieste mitteleuropea, quella che attrae ed affascina, perchè nessun luogo è come Trieste in Italia, semplicemente per l'unicità della sua storia che ora si è capito dover preservare, malgrado dose di doping nazionalistico che bene non hanno fatto all'identità e all'immagine della città. Secoli di storia non si possono cancellare via nè oggi, nè domani. E così Porto Vecchio, che ricorda lo stile della Speicherstadt di Amburgo, più che una zona portuale comunemente italiana ora diventa Porto Vivo. Come se fosse morto, o una sorta di zombie immobile dei tempi moderni. Nel sito graficamente semplice ma bello di porto Vivo, incentrato sui quattro capisaldi del futuro di quest'area, cabinovia, bosco urbano, viale monumentale e museo del mare, si legge che "finora conosciuto come Porto Vecchio, ora ritorna alla vita e diventa PortoVivo. Un bosco urbano tra Carso e città, come catalizzatore di sviluppo e valorizzazione dell’attrattività e delle potenzialità economiche, turistiche, culturali e paesaggistiche di Porto vecchio".  Non voglio qui entrare nel merito della progettualità, che a Trieste sta determinando battaglie quasi epocali, ma solo far osservare che probabilmente la scelta del nome Porto Vivo, è infelice, perchè Porto Vecchio è e sarà e rimarrà tale per i triestini e la storia di questa città, e mai è stato morto, anche se deturpato dal degrado in gran parte della sua area. 

mb



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