Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ma quante volte è iniziata questa Terza Repubblica?



In Italia siamo bravi a dare i numeri, sappiamo tutti quando è iniziata e quando è finita la Prima Repubblica, sappiamo tutti quando è iniziata la Seconda Repubblica in quel biennio che seguirà il terremoto di Tangentopoli, più di una volta si è data per morta la Seconda Repubblica e sono almeno tre anni che si dice che è nata la Terza Repubblica. Ma insomma questa benedetta Terza Repubblica quando sarebbe iniziata? E quando sarebbe finita la Seconda Repubblica? In Italia continuiamo a dare i numeri, a cantarcela e suonarcela da soli l'unica cosa certa è che Prima,Seconda e Terza altro non solo che Repubbliche gattopardiane, visto come le cose procedono in questo Paese dal palato poco fine e mente molto sottile, perchè ai limiti dell'estinzione, mica altro in un sistema dove tutti vincono e nessuno mai perde e quando si perde si deve sempre trovare un qualcosa che possa trasformare la sconfitta in una sorta di vittoria.
Come paradossalmente accaduto in modo a dir poco pazzesco con la batosta storica di Caporetto, che più di qualcuno ha ribaltato considerandola come elemento essenziale per la fantomatica vittoria dell'Italia nella grande carneficina umana che è stata la prima guerra mondiale, mutandola da sconfitta a vittoria.  Ma questo non significa che abbiamo una sana cultura "sportiva" della sconfitta. No. Significa che è un Paese di "paraculi".
Marco Barone

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