Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ci risiamo:grave atto di censura su Giorno del Ricordo, negata a Torino sala pubblica per convegno nazionale


Destri, sinistri, bianchi, o senza colore, ma quando si tratta di sollevare gli scudi sono in gran parte allineati nel difendere il revisionismo di stato voluto dal sistema, come favorito da una delle peggiori leggi mai prodotte in Italia, sotto il marchio della memoria condivisa, offesa a qualsiasi intelligenza umana dal punto di vista storico, da quando esiste la Repubblica. Cioè la legge sul Giorno del Ricordo che andrebbe solamente abrogata per i danni che ha determinato, strumentalizzando vicende storiche anche dolorose, mescolando fatti distinti e separati per demonizzare e criminalizzare chi ha deciso di volersi schierare dalla parte di chi non accetta di vedere fascisti essere riabilitati, o di santificare presunti "martiri" compromessi con il nazifascismo come se niente fosse, per criminalizzare e demonizzare chi ha deciso di opporsi a chi vuole stravolgere la storia decontestualizzandola a discapito soprattutto degli "slavi" e delle persecuzioni che hanno subito. Tutte operazioni del sistema che complessivamente minano, a colpi di menzogne, strumentalizzando il dolore altrui, la verità storica, compromettendo il ruolo fondamentale avuto per sconfiggere il nazifascismo da parte della resistenza partigiana e comunista di confine, italiana e slovena in particolar modo, per favorire una non verità che è quella che non nuoce al nazionalismo italiano spacciato per un fuorviante patriottismo. Prima di tutto deve emergere l'osannato vittimismo italiano ed il religioso concetto "eravamo brava gente" sotto il segno del quale ogni peccato è stato perdonato.  Il resto non deve contare e non conta.

E' accaduto a Gorizia accade ora a Torino, dove non si concede una sala pubblica per un convegno nazionale e storico che si inserisce all'interno del contesto delle vicende complesse del Confine Orientale come definite da quella legge che ha determinato il Giorno del Ricordo. Vi è chi in modo infamante e meschino ha osato addirittura paragonare, per l'ennesima volta, a dei nazisti, chi osa parlare in questo giorno non allineandosi al revisionismo del sistema. Come se i nazisti facessero una iniziativa contro l'olocausto nel giorno della memoria. Infamia già sentita. Sono ripetitivi, un disco rotto. 
Marco Barone 

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Obiettivo dell’iniziativa, organizzata dalla associazione Jugocoord Onlus e dalla rivista di storia critica Historia Magistra, è una analisi delle conseguenze della istituzione del “Giorno del Ricordo” (Legge n.92 del 2004) e delle sue celebrazioni sino ad oggi. Attraverso qualificate relazioni scientifiche saranno investigate le ricadute dell’inserimento del “Giorno del Ricordo” nel calendario civile della Repubblica, che appaiono molto pesanti a livello politico, culturale e di autopercezione identitaria della Nazione, nonché a livello didattico-scientifico e financo per le casse dello Stato. Per converso, ad oggi il numero totale delle persone alla cui memoria sono stati attribuiti i riconoscimenti previsti dalla Legge è di appena 341, di cui “infoibati” in senso stretto una minima frazione, mentre la gran parte di queste figure sono appartenenti alle forze armate o personale politico dell’Italia fascista, senza contare gli episodi che non hanno niente a che fare con la narrazione ufficiale delle “più complesse vicende del confine orientale” cui si riferisce la Legge. Tutto ciò considerato, il 2 aprile 2015 la stessa Segreteria Nazionale dell’ANPI chiese di interrompere quantomeno l’attribuzione di onorificenze e medaglie della Repubblica, mentre nel 2017 numerose personalità antifasciste in una Lettera Aperta al MIURhanno invocato un drastico cambiamento di rotta rispetto alla modalità revisionista e rovescista con cui l’argomento è trattato nelle scuole.
Al convegno sono previsti gli interventi di Bruno Segre, Angelo Del Boca, Angelo D’Orsi, Alessandro “Sandi” Volk, Gabriella Manelli, Marco Barone, Nicola Lorenzin, Davide Conti, Claudia Cernigoi, Alessandra Kersevan. A seguire dibattito.

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