I 22 paesi dell’UE membri dell’OCSE sono: Austria, Belgio, Danimarca,
Estonia, Finlandia, Francia, Germania, Grecia, Irlanda, Italia,
Lettonia, Lussemburgo, Paesi Bassi, Polonia, Portogallo, Repubblica
ceca, Repubblica slovacca, Regno Unito, Slovenia, Spagna, Svezia e
Ungheria.
Il
rapporto per il 2016 dell'OCSE presentava, con riferimento all'Italia, un quadro deprimente. Tra gli obiettivi prioritari vi erano la necessità di invertire la tendenza negativa nel finanziamento dell’istruzione; di formare, motivare e rinnovare il corpo docente; di aumentare il numero degli studenti iscritti all’istruzione
terziaria, in particolare ai programmi di ciclo breve a indirizzo
professionalizzante per un accesso più facile al mondo del lavoro. Nell'arco temporale 2008/2014
la spesa per l’istruzione è diminuita significativamente. Nel 2013 la
spesa totale (pubblica e privata) per l’istruzione è stata tra le più
basse degli Stati presi in esame, ossia
pari al 4% del PIL rispetto a una media OCSE del 5,2%.
E la "buona scuola" pur prevedendo dei finanziamenti non ha complessivamente invertito la rotta, anzi, come è noto, nella scuola si è determinato un vero e proprio caos a partire dalle questioni organizzative. I dati che vedono l'Italia come maglia nera sono sempre gli stessi. Ad esempio il rapporto di
WeWorld Onlus evidenzia chiaramente che "le risorse a
disposizione sono ancora insufficienti. L’Italia è il fanalino di coda
nella EU28 sia per la quota di spesa pubblica investita in educazione sia per i tassi di abbandono, la quota di NEETs, e la percentuale di laureati". Senza dimenticare un problema enorme che esiste con gli studenti stranieri. Il 32,4% delle studentesse contro il
37,4% degli studenti abbandonano gli studi. Si tratta di percentuali molto
elevate, specie se comparate a livello europeo: anche in questo caso
l’Italia detiene la maglia nera (35%).
Tanto per cambiare. A ciò si deve aggiungere lo stipendio del personale scolastico che oscilla dal 76% al 93% della media OCSE, l'elevata età media del corpo docente, il fatto che l'età pensionabile è sempre più alta, la carenza di personale negli apparati periferici ministeriali, il fatto che in classe il rapporto tra studenti e docenti non diminuisce e così via discorrendo. Siamo sempre alle solite. Altro che "buona scuola". E ciò conferma che la scuola nelle elezioni del 2018 avrà ancora una volta un ruolo centrale e determinante.
Marco Barone
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