C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

Ma la scuola è ancora un "ghetto" rosa? Una riflessione necessaria per una società più giusta



Vi sono date, ricorrenze, che spesso diventano occasione per riflettere, per celebrare, per commemorare. Vi sono invece altre date che continuano ad essere momento di lotta. Una di queste è certamente l'otto marzo, giornata internazionale della donna. Pur essendo entrati nel terzo millennio, pur essendo a livelli elevati in materia di tecnologia, non si può ancora oggi dire lo stesso in materia di "questione femminile", perchè esiste ancora, come quella meridionale, perennemente irrisolta.Nel mondo del lavoro vi sono settori prevalentemente caratterizzati da una corposa presenza di donne e la scuola è quello per eccellenza in materia. Tanto che in passato, come ricorda l'ufficio studi per il Senato, con la sezione " ghetto rosa" "le donne, oltre a combattere contro gli ostacoli giuridici che impedivano il libero accesso a determinate professioni, hanno dovuto anche lottare contro la “ghettizzazione” che le destinava ad attività lavorative, come l’insegnamento scolastico, considerate per anni una squisita prerogativa femminile. Basta citare la legge 18 marzo 1968, n. 444 che, nel delineare il nuovo ordinamento della scuola materna statale, riservava alle sole donne la possibilità di rivestire incarichi di insegnanti e assistenti della scuola dell’infanzia_ con argomentazioni alquanto discutibili: si andava dal riconoscimento della funzione “materna” dell’asilo, ovvero “sostitutiva della madre intesa come quello dei due genitori eminentemente votato ad «assistere» il bambino“ , a motivazioni meno nobili in base a cui l’insegnamento ai più piccoli sarebbe una mansione modesta, meno pedagogica e intellettiva, e pertanto riservabile alle sole donne". 

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