Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

L'Italia è un piccolo grande paese,bello e possibile,ma ce lo meritiamo? Il vero made in Italy non è per tutti




Quando i turisti giungono nel nostro Paese, non cercano sempre le solite location, le solite città, le solite Roma, Milano, Napoli o Firenze o Palermo, o Venezia, cercano in tantissimi casi quella vera Italia, che forse neanche gli italiani conoscono più di tanto. L'Italia dei paesi, delle strade dei sapori, del vino, l'Italia dei piccoli borghi. Piccoli luoghi di culto, diffusi, dove in un niente puoi perderti nelle distese cristalline di un lago e pochi minuti dopo, avvolto in una fitta nebbia, in un borghetto d'Italia, uno dei tanti gioielli di questo Paese, che attendendo la terza repubblica, nella sopravvivenza della seconda, vede ritornare la prima, e se continuiamo di questo passo, rischia di ritornare la monarchia. Si avanza nell'omologazione che ci sta distruggendo, perchè non è uguaglianza sociale, si avanza nel progresso, e si regredisce nelle dinamiche sociali e nei diritti, ed anche la bellezza ne
risente, ahimè. Luoghi dove regna il vero made in Italy, ma ad altro prezzo, perchè l'originale ha un costo e non più per tutti. Ecco, questo è quello che in gran linea sta accadendo in Italia, a causa della globalizzazione sfrenata, delle multinazionali, il made in Italy commerciale è un marchio, il cui prodotto può essere anche realizzato all'estero, dove la manodopera costa poco, ma oramai visti i diritti dei lavoratori come sussistenti in Italia, a breve forse ritorneranno a produrre qui, ed il made in Italy, puro, quello che non trovi nelle catene commerciali, nei grandi magazzini, che arriva direttamente dalla tua terra, dal tuo paese, diventa roba se non da ricchi, sicuramente elitaria, accessibile a pochi, perchè la qualità si paga, ha un prezzo. Vivevamo in un Paese ove eravamo avvolti dalla qualità, abbondava da tutte le parti, in ogni angolo, tanta abbondanza, che poi, a causa di regole suicide, per la nostra economia, di mercato, son diventate l'estremo. Le arance  non vengono più raccolte, le olive idem e così via dicendo, lì ove vi erano le campagne si afferma il business di questo nuovo millennio, proprio del capitalismo naturale, l'energia alternativa, ed il cibo, i nostri prodotti tipici, da tipici son diventati una tipicità rara e costosa e non per tutti e sicuramente non per le tasche di tutti gli italiani. Abbiamo distrutto il nostro Paese, seguendo la politica delle grandi ed inutili opere, grandi mercati, grande tutto, in un Paese la cui forza è sempre stato il piccolo, la sua bellezza originale il piccolo, un piccolo che resiste, certo, ma ad un prezzo molto oneroso. Quello che mi domando, ma noi, questa Italia, un piccolo ma grande paese, bello e possibile, ce lo meritiamo? Abbiamo ereditato una storia pazzesca, che il mondo intero si può sognare, non ci manca nulla, ma ci comportiamo,spesso, come se vivessimo nel nulla.

Ed intanto gli italiani continuano a fuggire da questa miniera d'oro.

Marco Barone

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