Il tempo si è letteralmente fermato alla stazione di Miramare di Trieste

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Un gioiellino liberty di epoca asburgica, che consente di arrivare al castello di Miramare, attraversando il polmone verde di Trieste, che affascina il viaggiatore, perchè il tempo si è fermato in via Beirut, a  Grignano come in nessun altro luogo a Trieste.  Un gioiellino che è ora chiuso, ora aperto, ma che necessita di essere valorizzato, riqualificato. Purtroppo già in passato preso di mira da azioni di vandali, ragione per cui venne eliminato il glicine che caratterizzava la pensilina esterna, preso di mira con vandalismi che hanno comportato spese per migliaia di euro da parte di RFI per effettuare interventi di restauro di natura  conservativa. Quella piccola stazione affascina e non ha eguali in Italia, ed è auspicabile che si possano trovare le risorse, gli intenti, la volontà, per farla ritornare ai fasti di un tempo. Purtroppo il tempo fa il suo corso e dei lavori di manutenzione sono necessari per ripristinare quel bene storico che viene invidiato da chiunque si soffermi a

Curiosità: le prime volte che si discute di scuola dal Regno di Sardegna alla Repubblica italiana

Facendo una ricerca nel motore di ricerca dell'archivio storico della Camera dei deputati, ho voluto dedicare attenzione alle prime discussioni dedicate, nel corso della storia, alla voce scuola. La prima volta che si affronta una problematica inerente tale tematica nel Regno di Sardegna, come emerso nel motore di ricerca è durante la tornata del 20 giugno 1848: Il segretario Cottin legge all'assemblea alcune petizioni e la n° 96 riguarda la città di Chambéry.  “Parecchi abitanti di questa città chiedono che non sia fatto ostacolo  divieto al mantenimento delle attuali corporazioni religiose, cioè delle dame del sacro Cuore di Gesù e di altre addette alla pubblica istruzione; che però ogni libertà sia concessa all'insegnamento laico, e che i maestri di scuola e gli istitutori non siano più sottoposti ad arbitrarie disposizioni; che finalmente il presente sistema di pubblica istruzione in Savoia sia non solamente rispettato nei suoi principi fondamentali di essere gratuito e libero, ma sia ancora vivificato ed accresciuto di quelle istituzioni che gli mancano”. Dunque si cerca la via del compromesso tra la laicità della scuola ed il mantenimento delle corporazioni religiose.

Nel Regno d'Italia, la prima discussione che emergerebbe in tema di scuola riguarda la tornata del 13 aprile 1861. Si inizierà con una interpellanza del deputato Alfieri circa la libertà d'insegnamento e l'amministrazione della pubblica istruzione. “ In Italia vi sono ventidue Università, comprendendo i due stabilimenti universitari di Firenze e di Milano, ed anticipando di alcuni mesi, anzi vorrei dire di giorni, per far entrare in quel numero anche Padova e Roma. I documenti che mi son potuto procurare (e la scarsità di dati sia pur segno certissimo della confusione che regna in questa materia, poiché, quantunque il signor ministro dell'istruzione pubblica abbia usato della massima cortesia nel darmeli, egli me ne ha potuto fornire pochissimi), i documenti ottenuti, dico, ed i concetti che me ne potei formare mi accertano tuttavia di non andar errato, e specialmente di non esagerare, dicendo che le venti Università dell'attuale regno d'Italia contano 1200 e più cattedre. Questi sono i due fatti che mi pare debbano chiarire in gran parte la Camera sullo stato della scienza e dell'insegnamento superiore in Italia. Disposizioni di legge che riguardano gli ispettori generali. Il Governo è stato obbligato, per dare una direzione uniforme all'insegnamento, di affidare all'ispettore generale poteri estesi, i quali, mi è grato di dirlo, sono stati usati con molta sapienza da coloro che ne erano incaricati, ma che sarebbero forse esorbitanti per qualsiasi uomo più egregio e più capace.” 
E ricorderà alcuni passaggi significativi della normativa in merito ai poteri degli ispettori generali che nei suoi punti più salienti è il caso di riportare anche come riflessione per il presente visto che pare di vedere, nella normativa come recepita nel Regno d'Italia, molte analogie con le volontà politiche di controllo e vigilanza in tema di funzionamento della scuola di questo secolo. 
“L'ispettore generale degli studi superiori, l'ispettore generale degli studi secondari classici, e l'ispettore generale degli studi tecnici e primari e delle scuole normali sono nominati dal Re.« Essi vegliano,ciascuno per la sua parte, l'andamento della pubblica istruzione;mantengono fermo l'indirizzo degli studi, dando, a nome e sotto gli ordini del ministro, gli schiarimenti e le istruzioni occorrenti alle podestà scolastiche subordinate, a tenore delle leggi e dei regolamenti. « Propongono al ministro le nomine delle Commissioni esaminatrici; le nomine e le promozioni degli insegnanti; le onorificenze da accordarsi; le censure e punizioni alle quali possa dar luogo la loro condotta. « Art. 20. L'ispettore generale degli studi visita, per mandato del ministro, le Università e gli stabilimenti scientifici posti sotto la sua vigilanza. « Art. 21. L'ispettore generale degli studi secondari classici, e quello degli studi tecnici primari, e delle scuole normali, provvedono personalmente, o per mezzo degli ufficiali ad essi subordinati, alla visita di tutte le scuole e di tutti gli istituti pubblici e privati, all'ispezione dei quali sono preposti. « Il ministro però può delegare queste visite a persone estranee agli uffizi della pubblica istruzione. « Art. 22. Gli ispettori generali, ciascuno per il suo ramo, compilano ogni anno, e presentano al ministro, una relazione dello stato di ciascuna parte d'insegnamento posta sotto la loro vigilanza, dietro i ragguagli somministrati dalle varie autorità scolastiche. « Ogni triennio, sopra i dati offerti dagli ispettori generali sotto la loro vigilanza viene pubblicata una statistica generale dell'istruzione pubblica del regno. » Ed in tema di libertà d'insegnamento affermerà che :” Il Governo non deve certo introdurre l'anarchia nell'insegnamento; esso deve far sì che tanto il professore di belle lettere, cui vi accennava, e che ora siede innanzi a voi ministro dell'istruzione pubblica, quanto il celebre signor Ausonio Franchi insegnino quello che è nelle loro convinzioni, se insegnano per mezzo della libertà; ma credo che non spetti al Governo di far insegnare il sì ed il no, quello che egli stima la verità, e quello che stima l'errore”. Prenderà poi la parola Tommasi il quale ricorderà la validità della Legge Casati  che attua la libertà d'insegnamento e successivamente prenderà la parola il ministro dell'istruzione pubblica De Sanctis: “ Ho trovato nel Ministero un cumulo di regolamenti, i quali, vi dico la verità, mi hanno spaventato (Si ride), e mi sono detto : piuttosto che ficcarmi in capo questa roba, vorrei gittare per la finestra dieci portafogli. (Si ride) Che cosa ne è avvenuto? Questi regolamenti, ammassati gli uni sugli altri dalle precedenti amministrazioni, a poco a poco hanno costituito una specie di scienza arcana, di cui alcuni pochi si sono fatti depositari, comunicando, secondo le occasioni, il pane della scienza. Io non ho bisogno di spiegare alla Camera l'origine e la necessità di questa complicazione dell'amministrazione, e gli abusi che ne sono nati. (…) Così si fece una legge speciale sopra l'istruzione superiore. Sapete quando fu approvata? Dopo quattro anni, dal 1831 al 1835. Si fece una legge speciale sopra l'istruzione primaria; sapete quando fu approvata? Sette anni dopo, nel 1842. Si fece la legge sopra l'istruzione secondaria; sapete quando fu approvata? Otto anni dopo, nel 1850. Questi esempi, o signori, mi fanno temere che per qualche tempo ancora noi non potremo avere questa desiderata legge generale sull'istruzione pubblica”.  Cosa è mutato oggi? Verrebbe da domandarsi. 
In merito alla libertà d'insegnamento affermerà che “noi abbiamo decretato la libertà in carta. Sapete, o signori, quando questa libertà cesserà di essere una menzogna? Quando noi avremo effettivamente uomini liberi ; quando della plebe avremo fatto un popolo libero. Chiameremo noi forse uomini liberi quei contadini ignoranti delle Provincie napoletane, tratti a reazione, ad opere crudeli di altri tempi, la cui anima non appartiene a loro ? No, non sono uomini liberi costoro, la cui anima appartiene al confessore, al notaio, all'uomo di legge, al proprietario, a tutti quelli che hanno interesse di volgerli, d'impadronirsene. Provvedere all'istruzione popolare sarà la mia prima cura.  E poi si citerà il caso di Napoli. “(..)una buona notizia alla Camera. Signori, le scuole elementari in Napoli non esistono che sulla carta ; non è possibile che esistano scuole elementari senza una scuola normale; la scuola normale era decretata da vari mesi, ed io ho ricevuto un consolatissimo dispaccio, il quale dice che, recatosi colà il direttore delle scuole, l'abate Scavia, piemontese, e due professori, egualmente piemontesi, il signor Colomiati ed il signor Casissa; non appena furono aperte queste scuole, circa 300 maestri comunali, e 37 ispettori, dalle più lontane provincie napoletane, vi sono, a loro spese, accorsi. Dico questo, signori, perché, da una parte, giunga una parola di conforto agli uomini preposti colà alla pubblica istruzione,ai miei egregi amici Paolo Emilio Imbriani e Luigi Settembrini, e dall'altra parte perché, in altro aspetto, apparisca innanzi a voi l'immagine di questo popolo, su di cui, negli ultimi giorni, mi pare sia si troppo aggravata la mano. Un popolo il quale, senza guardare a Piemontesi, Fiorentini o Lombardi, vi dà di questi esempi di corrispondenza alle cure dei governanti, e che si mostra così sollecito della sua istruzione, signori, è un popolo buono, morale e docile. Ma, nel mentre io provvederò all'istruzione pubblica, non tema l'onorevole deputato Alfieri, io non dimenticherò le sue raccomandazioni circa l'istruzione superiore. È vero ; l' istruzione superiore che si era sollevata al quanto nella prima metà di questo secolo, l'istruzione superiore è ora compresa da una certa stanchezza(...)”. 

La prima discussione in tema di scuola, nella immediatezza successiva alla marcia su Roma la si avrà nella tornata del 18 novembre 1922 e sarà caratterizzata da una serie di interpellanze al Governo.
Flor rileverà che “Io credo che una delle maggiori opere di protezione dei nostri emigranti possa e debba essere quella della scuola degli emigranti in Patria, scuola per gli analfabeti,che insegni loro a leggere e scrivere, almeno per quel tanto che è necessario, e scuola professionale, per la quale il Governo non dovrebbe lesinare il centesimo ma dare le migliaia di lire che si rendono evidentemente necessarie e utili per avere emigranti provetti e con maggiori facoltà di guadagnare(..)”. 
Redolfo interrogherà il Governo chiedendo al ministro della guerra “se corrisponda a realtà che a sensi delle disposizioni emanate dal Ministero della guerra la concessione del ritardo del servizio militare agli studenti delle scuole medie è limitata soltanto agli studenti che appartennero all'ultimo corso dell'anno scolastico 1921-22; in caso affermativo, se non ritenga indispensabile che il rinvio venga accordato anche a tutti quegli studenti che nell'anno scolastico 1922-23 frequentano l'ultimo corso della scuola(...).
Franceschi, chiederà al ministro dell'istruzione pubblica “se l'aver difeso a viso aperto la dignità della scuola contro colleghi scioperanti, e l'aver subito in conseguenza offese e violenze, sia così grave colpa per un insegnante che da circa 40 armi attende con alta intelligenza ed infinito amore all'istruzione e all'educazione dei giovani, da giustificare il provvedimento punitivo che lo trasferiva di autorità da una sede primaria ad altra di secondaria importanza, e ciò senza tenere alcun conto delle ben note gravissime condizioni di salute dell'insegnante stesso, che trovasi pertanto, nell'assoluta impossibilità di raggiungere la nuova destinazione”. 
Zanzi e Zanardi chiederanno di interpellare il ministro dell'istruzione pubblica, per sapere se non ritenga necessario ed urgente di provvedere, con mezzi adeguati, alla istituzione dei servizi sussidiari ed integrativi della scuola (asili, ricreatori, dopo scuola, colonie sanitarie, ecc.), di fronte all'aumentare della disoccupazione e del caro-viveri che rendono sempre più insufficiente il bilancio delle famiglie dei lavoratori alla educazione dei propri figli, di fronte all'impressionante progredire della delinquenza minorile e dell'infanzia abbandonata, terribili coefficienti,, che insidiano ed avvelenano la nostra gioventù”.

La prima discussione in tema di scuola nella Repubblica italiana ci sarà nella seduta del 1 giugno del 1948, parlerà il presidente del consiglio De Gasperi, il quale affermerà che: “Una Commissione nazionale di inchiesta per la riforma della scuola  sta già raccogliendo le proposte di tutto il corpo insegnante che sottoporremo al Parlamento. Prendiamo intanto nota che lo Stato si è assunto con i recenti miglioramenti di carriera degli insegnanti e speciali indennità gravi oneri finanziari in una percentuale che, in relazione alle altre spese di bilancio, non fu mai così alta. Nel corrente anno si è raggiunto l'8 per cento delle spese del bilancio, mentre nel quarantennio precedente la media delle spese a favore ,della scuola ai aggirava sul 4 per cento delle spese globali dello Stato. Il Governo continuerà la sua opera di rafforzamento della scuola statale iniziata con la istituzione di 20.000 nuove scuole elementari e di numerose scuole secondarie. Le relazioni tra la scuola governativa e la scuola non governativa sono fissate dalla Costituzione; le sue norme verranno fedelmente rispettate. Dedicheremo particolar cure alla istruzione tecnico-professionale. Condurremo a, fondo la lotta contro l’analfabetismo ,dei giovani e degli adulti sviluppando la scuola preelementare, elementare e post-elementare, ampliando e perfezionando l’azione già iniziata con l’istituzione di nuove scuole popolari. L’assistenza scolastica assicura ai figli del popolo la possibilità degli studi.D’altra parte devo ricordare che tutte le tasse scolastiche medie e universitarie ammontano solo ad un centesimo delle spese dello Stato per la sua scuola. Miliardi si spendono per la costruzione e la riparazione di edifici scolastici. Possiamo ben dire che questa generazione, colpita da tanti disastri, non dimentica le ragioni ideali dell’educazione della gioventù”. Era il 1948, ed il discorso di De Gasperi ricorda molto, nel suo intento e nella sua strategia comunicativa quello dell'attuale governo.  Interessante notare che oggi l'Italia è il fanalino di coda in Europa per percentuale di spesa pubblica destinata alla cultura (1,1% a fronte del 2,2% dell'Ue a 27) e al penultimo posto, seguita solo dalla Grecia, per percentuale di spesa in istruzione (l'8,5% a fronte del 10,9% dell'Ue a 27)...



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