Si
registra l'ennesimo intervento legislativo che “invade” la sfera
contrattuale in materia scolastica. Continua, insomma, la volontà
dello Stato di riappropriarsi di una materia, quale quella della
gestione del rapporto di lavoro e dell'imposizione dei doveri e
riconoscimento dei diritti, cogliendo l'occasione che viene offerta
dal blocco del rinnovo della contrattazione. Dopo
il caso ferie, scatti, corsi di aggiornamento e formazione ecc, ora è il momento delle assenze per malattia per
visita specialistica. Occorre
premettere che in verità nel comparto scuola, vuoi per dimenticanza,
vuoi per diverse ragioni che non è qui il caso di spiegare, non
esisteva e non esiste un permesso specifico per visita specialistica. Lo strumento a cui ricorreva ed a parer mio può
ancora ricorrere il lavoratore è l’assenza
per malattia ma anche la
fruizione di un giorno di permesso per motivi personali; la fruizione
di un permesso breve.
La Legge 125
del 30.10.2013, pubblicata in Gazzetta Ufficiale n. 255 del 30.10.
2013, ha innovato il DECRETO
LEGISLATIVO 30 marzo 2001, n. 165
( noto come Testo unico del Pubblico Impiego) Art. 55-septies comma
5-ter che ora recita “
Nel caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per
l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od
esami diagnostici ((il
permesso e' giustificato))
mediante la presentazione di attestazione ((,
anche in ordine all'orario,)) rilasciata
dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la
visita o la prestazione ((o
trasmessa da questi ultimi mediante posta elettronica))”. Una
norma scritta male, che presenta diverse contraddizioni, e che si
presta a diverse interpretazioni. L'Ufficio
Scolastico Regionale per la Lombardia con atto
Prot.
n. MIUR AOODRLO R.U. 7050 del
4 aprile 2014 eccepisce che “
Come può
evincersi dal testo della norma, dunque:
-
dove era citata l’assenza per malattia, ora si parla di permesso
-
dove si prevedeva, a giustificazione dell’assenza, una attestazione
rilasciata dal medico o
dalla
struttura (anche privati) che avevano svolto la visita e/o la
prestazione, oggi si chiede anche
l’indicazione
dell’orario di ingresso e uscita;
-
è previsto che l’attestazione possa essere rilasciata in versione
cartacea o on line. In buona sostanza, la principale novità della
legge di conversione si sostanzia nel fatto che il dipendente,
per effettuare visite mediche, terapie, prestazioni specialistiche o
esami diagnostici non può
più usufruire di giornate di malattia, ma dei permessi per
documentati motivi personali o istituti contrattuali similari.
Riprende
in sostanza i passaggi come precisati
dal
Dipartimento della Funzione pubblica nella Circolare
n. 2 del 17.02.2014 a
seguito dell’entrata in vigore della novella, per l’effettuazione
di tali visite il dipendente "deve fruire dei permessi
per documentati motivi personali,
secondo la disciplina dei CCNL o di istituti contrattuali simili o
alternativi (ad es. permessi
brevi )".
Il
servizio Linea Amica così scrive in materia “ La giustificazione
dell’assenza avviene mediante attestazione redatta dal medico o dal
personale amministrativo della struttura pubblica o privata che ha
erogato la prestazione (attestazione
di presenza)
e consegnata al dipendente per il successivo inoltro
all’amministrazione di appartenenza oppure trasmessa direttamente
per via telematica a cura del medico o della struttura.
L’attestazione deve indicare la qualifica e la sottoscrizione del
soggetto che la redige, l’indicazione del medico o della struttura
presso cui si è svolta la visita, il giorno e l’orario di entrata
e di uscita del dipendente dalla struttura che ha erogato la
prestazione.
L’attestazione di presenza può anche essere
documentata mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio
redatta i sensi del combinato disposto degli artt. 47 e 38 del DPR
n. 445 del 2000.
In caso di concomitanza tra l’espletamento delle visite e
situazione di incapacità lavorativa trovano applicazione le
ordinarie regole sulla giustificazione dell’assenza per malattia.
nel caso di dipendenti che a causa delle patologie sofferte debbano
sottoporsi periodicamente, anche per lunghi periodi, a terapie
comportanti incapacità di lavoro, trovano applicazione le regole
sulla giustificazione delle assenze per malattia. Tuttavia, ai fini
della semplificazione, si ritiene possa essere sufficiente anche
un'unica
certificazione (che
per queste ipotesi può essere anche cartacea) rilasciata dal medico
curante in cui attestare la necessità di trattamenti sanitari
ricorrenti comportanti incapacità lavorativa secondo
cicli o
secondo
un calendario stabilito
dal medico.
Il
dipendente dovrà produrre tale certificazione all'amministrazione
prima dell'inizio della terapia fornendo il calendario previsto. A
tale certificazione dovranno poi seguire le singole
attestazioni di presenza dalle
quali risulti l'effettuazione delle terapie nelle singole giornate.
In questo caso l'attestazione di presenza dovrà anche contenere
l'indicazione che la prestazione è somministrata nell'ambito del
ciclo o calendario di terapia prescritto dal medico
curante. L'attestazione
di presenza presso la struttura di cura può anche essere documentata
mediante dichiarazione sostitutiva di atto notorio”.
Dunque
da un lato emerge una fonte primaria legislativa, applicabile ai dipendenti
della scuola,che innova o specifica la materia, dall'altro lato hai
invece delle circolari più che interpretative forse di carattere
dispositivo.
Come
è noto, “con il termine circolare non si intende un tipo di atto
ben definito, ma il mezzo con cui determinate comunicazioni vengono
effettuate. Si può ritenere ormai assodato (in dottrina come nei più
condivisi arresti giurisprudenziali) che con il termine circolare non
si voglia intendere un tipo di atto amministrativo contrassegnato da
un contenuto preciso, ma un semplice strumento o modo di
comunicazione dai contenuti più eterogenei. TAR
LAZIO di ROMA - SENTENZA 30 agosto 2012, n.7395”.
Non
a caso fin da epoca lontana (cfr. TAR Lazio, Sez. II, 12 maggio 1987
n. 762 e 29 gennaio 1987 n. 147) e anche di recente (cfr. Cons.
Stato, Sez. VI, 13 gennaio 2011 n. 177), l’interpretazione
giurisprudenziale in merito alla individuazione del plesso
giurisdizionale dinanzi al quale possono avanzarsi istanze di
annullamento di circolari (alla cui categoria espressamente le stesse
parti ricorrenti, in più passaggi degli atti processuali depositati,
ritengono che possano ascriversi senza ombra di dubbio gli atti
gravati) ha confermato che se per un verso una circolare
amministrativa non è una fonte normativa, ciononostante l’eventuale
contrasto fra il vincolo imposto dall’Amministrazione a se stessa
con la circolare e il concreto suo operato può realizzare un profilo
di eccesso di potere, vizio che deve essere dedotto con il ricorso
introduttivo del giudizio in quanto esso, per il principio della
domanda di parte, non può essere rilevato d’ufficio dal giudice
amministrativo (così Cons. Stato, Sez. VI, n. 177 del 2011, cit.)
“Nondimeno
altra parte della giurisprudenza ritiene che le circolari non possano
essere impugnate (in tal senso Cass., Sez. un., 2 novembre 2007 n.
23031) ed in particolare quelle a contenuto meramente interpretativo
di una norma di legge non potendo essere riconosciuto a tale tipo di
atto alcuna efficacia normativa esterna, in quanto la circolare non
può essere annoverata fra gli atti generali di imposizione,
impugnabili innanzi al giudice amministrativo, in via di azione, o
disapplicabili dal giudice tributario od ordinario, in via
incidentale. Più in particolare le Sezioni unite (nella decisione
surrichiamata) hanno affermato che, ammettere l’impugnabilità
della circolare interpretativa innanzi al giudice amministrativo -
con la possibilità per quest'ultimo di annullarla, peraltro con
effetto erga omnes - significherebbe precludere a tutti gli uffici
dell'amministrazione finanziaria di accogliere quella
interpretazione, con il risultato - contrario ai principi
costituzionali - di elevare il giudice amministrativo al rango di
interprete autentico della norma tributaria e ciò, nello specifico
della circolare emanata in materia tributaria, anche perché”:
1)
la circolare emanata nella materia è in sostanza non vincolante;
2)
la circolare nemmeno vincola inoltre gli uffici gerarchicamente
sottordinati, ai quali non è vietato di disattenderla (evenienza,
questa, che, peraltro, è raro che si verifichi nella pratica);
la
circolare non vincola addirittura la stessa autorità che l'ha
emanata, la quale resta libera di modificare, correggere e anche
completamente disattendere l'interpretazione adottata;
la
circolare non vincola, infine, il giudice (e, a maggior ragione, la
Corte di Cassazione) dato che per l'annullamento di un atto
impositivo emesso sulla base di una interpretazione data
dall'amministrazione e ritenuta non conforme alla legge, non dovrà
essere disapplicata la circolare, in quanto l'ordinamento affida
esclusivamente al giudice il compito di interpretare la norma (del
resto, al giudice tributario è attribuita, nella materia
tributaria, la giurisdizione esclusiva). In tal caso non può non
concordarsi con una autorevole dottrina secondo la quale, ammettere
l’impugnabilità della circolare interpretativa innanzi al giudice
amministrativo - con la possibilità per quest'ultimo di annullarla,
peraltro con effetto erga omnes - significherebbe precludere a tutti
gli uffici dell'amministrazione di accogliere quella
interpretazione, con il risultato - contrario ai principi
costituzionali - di elevare il giudice amministrativo al rango di
interprete autentico della norma tributaria.
Questi
enunciati sono i principi prevalenti in dottrina e giurisprudenza. Però,
come detto, più che in tema di circolare interpretativa si potrebbe
essere innanzi ad una circolare dispositiva ma nello stesso tempo che
innova, in modo peggiorativo la materia.
Perché?
Perché,
quando la Legge rileva che nel
caso in cui l'assenza per malattia abbia luogo per
l'espletamento di visite, terapie, prestazioni specialistiche od
esami diagnostici ((il
permesso e' giustificato))
mediante la presentazione di attestazione ((,
anche in ordine all'orario,)) rilasciata
dal medico o dalla struttura, anche privati, che hanno svolto la
visita o la prestazione ((o
trasmessa da questi ultimi mediante posta elettronica), siamo
certi che siano venuti meno i precedenti regimi?
Ben
può interpretarsi questa disposizione legislativa nel senso che il
lavoratore, che si assenta per visita specialistica e che ricorre al
permesso, di cui alle disposizioni contrattuali, deve giustificare
tale permesso mediante la presentazione di attestazione, anche in
ordine all'orario rilasciata dal medico o dalla struttura che hanno
svolto la visita o la prestazione; in subordine che la detta modalità giustificativa deve essere indicata nel certificato medico considerato qualora il lavoratore ricorra invece ad assenza per malattia per visita specialistica.
Come ci si può assentare per malattia con un permesso? O è malattia o è permesso specifico per visita specialistica.
Dunque
rimane invariata la possibilità di ricorrere all'istituto della
malattia, e non può che rimanere invariata, anche perché, come è
noto, i permessi non sono infiniti, sono pochi, e senza dimenticare
che per i precari sussiste il danno in ordine alla mancata
retribuzione dei permessi ivi considerati. Dunque,
siamo innanzi certamente ad una Legge scritta male, che ha dato la
possibilità a solerti funzionari di emanare circolari dispositive
che hanno innovato in peius la materia.
Che
fare?
A
parer mio i lavoratori che devono ricorrere alla visita specialistica
possono assentarsi tramite l'istituto della malattia, ciò non è
stato abrogato, e nel caso in cui, invece, devono ricorrere ai
permessi contrattuali, devono attenersi, in sede di giustificazione,
ai precetti del nuovo testo legislativo, almeno sino a quando quel
precetto legislativo non venga definito come illegittimo.
Ovviamente sussiste sempre la possibilità, cosa che non deve sorprendere, che le circolari come emanate siano corrette, nel senso che la Legge ivi considerata, abbia volutamente ristretto e limitato il diritto alla salute dei lavoratori, una disposizione che si porrebbe in linea con quella austerità che impone rigore e lede diritti anche costituzionalmente garantiti, ma se così fosse, oltre ad una disposizione incostituzionale ci troveremmo innanzi ad un mero attacco, ignobile, a diritti che non devono essere intaccati. Non è sulla salute dei lavoratori,sul diritto di curarsi, che si può e si deve fare cassa, a prescindere dal fatto che il pareggio di bilancio sia stato costituzionalizzato.
La Circolare è chiarissima:Permesso o malattia
RispondiEliminaVedi:http://polizialocale-mase.blogspot.it/2014/03/domanda-di-assenza-per-visita-medica.html