C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

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    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

La villa romana di Ronchi e gli scavi non ancora ultimati




Ogni volta che si trova, spesso casualmente, o per scavi dovuti a lavori pubblici o privati, qualche “resto” dell'antica civiltà che ha presenziato in questa terra, emerge stupore, entusiasmo. Certo, quello che accade dopo è altra storia, mancano risorse economiche, interessi politici ed economici ed abbiamo così tanto materiale artistico e storico, da poterci permettere, come sistema Italia, il lusso di tenerlo, spesso, chiuso e nascosto in diversi magazzini o coperto da diversi strati di terra.  
Certo visto quello che accade a Pompei, verrebbe da dire meglio sotto terra che a cielo aperto per poi veder letteralmente cadere a pezzi siti di una bellezza unica.
Non appena si entra a Ronchi, da qualsiasi direzione, non potrai non notare il cartello stradale che indica la villa romana, l'unico, ad oggi, sito archeologico di tale fattura presente a Ronchi. Ti avventuri in strade strette ma ben tenute e poi tra un recinto color verde ed un cancello chiuso a chiave, ecco sorgere un piccolo gioiellino tutto nostrano.Il complesso archeologico che venne individuato alla fine degli anni Ottanta del secolo scorso in seguito a lavori per l’acquedotto e fu messo in luce e restaurato nel corso di diversi interventi, fino al 2007.
Nel sito del Ministero del beni culturali si legge che “le strutture appartengono a una villa rustica di età romana – di cui è stata scavata solo la porzione orientale, poiché la restante parte ricade nello spazio demaniale dell’adiacente aeroporto - edificata e ristrutturata in più fasi, tra la metà del I secolo a.C. e il III secolo d.C.e infine distrutta da un incendio. Sono stati riconosciuti ambienti appartenenti sia alla pars urbana, la zona destinata alla residenza del dominus (il proprietario), sia a quella dedicata alle attività lavorative. Nel primo caso, le sale di rappresentanza sono affacciate su spazi aperti (un portico colonnato, aperto sulla campagna o su un giardino, e un probabile cortile interno) e sono caratterizzate dalla decorazione pavimentale a mosaici policromi o a motivi geometrici bianchi/neri impreziositi da tarsie di marmo (restaurati e visibili nella posizione originaria), mentre in un ambiente destinato al riposo si riconosce un sistema di riscaldamento a suspensurae (pavimento rialzato da colonnine in mattoni che permettevano la circolazione di aria calda fornita da una caldaia separata), che serviva anche una vasta sala mosaicata destinata ai banchetti. Gli ambienti del settore rustico, meno ampi ed eleganti, si articolano invece attorno a un grande cortile di raccordo con la pars urbana, dove si svolgevano le principali attività della villa, forse legate alla lavorazione dei prodotti agricoli. La caratteristica che distingue le due parti è la diversa quota a cui sono state edificate: gli ambienti destinati al dominus si trovano infatti a un livello più elevato, al riparo di eventuali piene del fiume che anticamente scorreva a poca distanza. Il percorso di visita è attrezzato con una passerella che attraversa il complesso e permette di apprezzare l’articolazione della villa e di ammirare i mosaici di tre vani tra i più sontuosi, restaurati e dotati di copertura. Un pannello con ricostruzioni assonometriche illustra le diverse fasi edilizie e le caratteristiche principali della struttura”.

Più o meno la stessa cosa è scritta nel cartello collocato nell'area, solo che non è facilmente leggibile sia per i caratteri piccoli che per la recinzione che lo circonda.
Per visitare il complesso, cosa che apprenderai dalla rete, si deve prendere appuntamento con la locale biblioteca comunale Sandro Pertini, centro di vitale importanza per la comunità di Ronchi, ove esiste anche il nuovo Antiquarium, alla spalle della Biblioteca che conserva al piano terra una collezione di reperti provenienti dalla villa romana. Ma, buona parte della struttura, è ancora tutta da scoprire. Pare infatti che nel 2010 dovevano riprendere i lavori degli scavi per riportare alla luce ciò che è ancora coperto dalla terra e che rientra nell'area dell'aeroporto di Ronchi, o di Trieste o del Friuli Venezia Giulia. Aeroporto i cui primi lavori furono ultimati nel 1935, vennero pagate anche delle indennità per l'occupazione di terreni, come quella pari a due milioni 496 mila lire, liquidate nel 1938, ma fu un'opera che non venne, per qualche misterioso motivo, rivendicata tra le infrastrutture realizzate dal fascismo durante la visita del dittatore a Ronchi e Trieste, infatti, la stampa del regime, espose al duce e pubblicamente la realizzazione di strade, opere pubbliche variegate, gallerie, case popolari, bonifiche ecc, ma nessun riferimento, neanche minimo al campo di aviazione di Ronchi, costruito in tempo record. 
Comunque sia, sarebbe interessante capire se i lavori , per riportare alla luce quello che è ancora coperto, pare da soli 60 cm di terra, all'interno dell'area aeroportuale, avranno mai luogo.Abbiamo tante risorse artistiche e culturali in questo Paese, ed il Friuli Venezia Giulia con i suoi 127 siti è una Regione che potrebbe vivere molto di e con il turismo.

 Non si può vivere certamente di nostalgia ma neanche di ignoranza, e l'arte e la cultura devono diventare cibo quotidiano, un cibo che non deve mai saziare, ma questo cibo deve essere preparato e cucinato bene e con amore ed anche passione  oltre che con competenza altrimenti rimarrà solo un sapore aspro e disgustoso e quel cibo non lo vorrai più assaggiare.




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