La seduta parlamentare di Sabato 13 settembre 1919, una delle ultime
sedute della XXIV legislatura, infatti il 29 settembre 1919 si
concluderà, e praticamente tutte le sedute parlamentari che
seguiranno ,dal 13 settembre 1919 al 28 settembre 1919, riguarderanno
in sostanza i fatti di Fiume, venne dedicata, con grande enfasi,
anche ai fatti di Fiume. La prima interrogazione fu del parlamentare Marangoni, presentata
nelle ultime battute della seduta precedente, ovvero quella del 12
settembre 1919, il quale chiederà al Governo di Nitti “cosa c'è
di vero nella notizia giornalistica di una marcia su Fiume di
volontari italiani”. Poi vi saranno altre interrogazioni, come
quella di - Turati, sempre al Governo ma nel giorno 13 settembre
1919, di Colajanni, al presidente del Consiglio, « per avere notizie
sull'impresa di D'Annunzio a Fiume e per sapere quali misure ha preso
il Governo per impedire gravi e dolorosissime complicazioni»; di
Chiesa, al presidente del Consiglio, « per conoscere il pensiero del
Governo sugli avvenimenti di Fiume che sono protesta suprema per
l'onore d'Italia »; di Pala, al presidente del Consiglio, « per
avere, se possibile, schiarimenti sulle ultime notizie relative a
Fiume»; e Federzoni, al presidente del Consiglio, «sui fatti di
Fiume».
Chissà
se la scelta di partire il 12 settembre del 1919 per occupare Fiume
sia stata casuale, oppure la scelta di tale periodo sia stata anche
funzionale a logiche politiche che condurranno al forte indebolimento
del Governo Nitti.
La prima risposta che giungerà da parte del Governo, sarà indicativa
dello stato confusionale che regnava in quel periodo, ma anche di una
certa fermezza che sarà quella che poi porterà al noto natale di
sangue. Un
Governo, come ricorderà Turati, che assumerà una posizione di
rinnegamento su quel Gabriele D'Annunzio, che
aveva così a lungo esaltato e di cui tanto si era servito. “Voi
non potete dimenticare nè far dimenticare che egli fu la voce vostra
e del Governo nei momenti terribili in cui la guerra si scatenò, e
sempre di poi quando si trattò di assalire, di vilipendere chi si
fece consigliere di prudenza, chi non volle essere il complice della
vostra menzogna o della vostra follia. Era ancora il vostro poeta
quando-in Roma, uscito appena dal Gabinetto dell'onorevole Orlando,
allora presidente del Consiglio, pronunciava quel discorso contro
Wilson nel quale - dando saggio di quegli stessi delicati sentimenti
verso la donna che gli avevano dettato il Fuoco ed altri
romanzi- faceva quanto era in'suo potere per mettere l'Italia in
lotta contro il Nord-America. Il fatto di Fiume non fa che proseguire
le giornate radiose dell'infausto maggio che dischiuse la guerra”.
Nitti
, presidente del Consiglio dei
ministri, ministro dell'interno, debutterà con queste parole:
“Ieri, 12 settembre, in un telegramma, di cui chiaramente non
si leggeva l'ora, ma che dovette essere spedito alle ore 13 circa, fu
annunziata dal generale Pittaluga la partenza da Monfalcone di parte
di un battaglione di granatieri, già a Fiume, con camions, e che 300
giovani del battaglione fiumano erano partiti per incontrarlo,
rigenerale Pittaluga soggiungeva che andava loro
incontro per fermarli, che nessun atto erasi fino allora compiuto
contro gli alleati, che aveva proibito ogni manifestazione o
riunione e che avrebbe agito energicamente. Chiedeva rinforzi di
carabinieri. Alle ore 14.30 un altro telegramma al Ministero
della guerra del generale Di Robilant comunicava la notizia della
partenza avvenuta durante la notte, su 40 autocarri, di granatieri
condotti da D'Annunzio per Fiume e che il battaglione fiumano
volontario attendeva sulla linea di armistizio. Aggiungeva che il
comando del XVI corpo d'armata aveva preso le misure per arrestarli;
ma, essendo mancato un reparto e altre truppe della linea di
armistizio, ciò non era avvenuto”.
E'
interessante notare come Ronchi non verrà mai citata, ma si parlerà
di Monfalcone.
Nitti,
riporterà poi tutta una serie di fonogrammi come ricevuti da alcuni
generali. Per esempio emergerà che il generale “ Di Robilant
ordinava al Pittaluga il disarmo dei soldati e la riconsegna dei
granatieri nelle truppe della linea di armistizio”. Od ancora che “
Alle ore 15 il generale Di Robilant, confermando il movimento, lo
dichiarava tale da compromettere la nostra situazione internazionale,
e domandava al Governo ogni appoggio per agire con la massima
energia. Alle ore 15.30 il generale Di Robilant telegrafava al
ministro della guerra indicando le truppe con le quali si proponeva,
oltrepassando la linea di armistizio, di agire contro le truppe che
avevano defezionato. Qualora, egli diceva, non fosse valsa la
persuasione, si disponeva anche ad agire con energia. Alle ore 18 il
generale Di Robilant, in vista degli avvenimenti,sospendeva lo
scambio di truppe lungo la linea di armistizio ed ordinava di
approntare per la partenza alcune brigate. Alle ore 21.30 il Comando
dell'ottavo corpo di armata comunicava un'informazione ricevuta dal
Comando di Fiume, che presso a poco coincide con quello che ho letto.
Alle ore 22.30 il generale di Robilant, accusando ricevuta di un
telegramma che io gli avevo inviato, informava di aver emanato severe
disposizioni, e che stava procedendo al concentramento delle forze
per una repressione energica”. L'ultimo telegramma che
giungerà a Nitti sarà quello di mezzogiorno, il 13 settembre 1919,
nel quale si diceva che la situazione, crepita ma Fiume dal colpo
di mano, si giudica per il momento grave, perchè nella città si
trovano circa 2.000 uomini che vi sono entrati senza avervi diritto”.
Emerge
quindi il profilo dell'assoluta illegalità dell'impresa di
occupazione ma anche di illegittimità. La Camera dei Deputati reagirà con vive approvazioni quando Nitti
dirà che “L'esercito
non ha che un solo dovere e una sola norma : obbedienza”. E
si evidenzierà anche il carattere della pericolosità di quella
impresa per gli equilibri appena maturati.
“Si
tratta dunque di un tentativo, che dinanzi all'Italia e dinanzi ai
nostri alleati, ai quali invio una parola sincera di saluto, devo
dichiarare deplorevole. Altra cosa è un'azione di volontari, altra è
la partecipazione di soldati dell'esercito regolare. Il soldato che
rompe la disciplina, sia pure per alti fini, è contro la patria. Chi
lo induce, con blandizie, sia pure per fini non volgari, sia pure per
tendenze idealistiche, ad atti di sedizione, mette il soldato contro
la patria”. Seguiranno anche a
queste dure parole condivisioni ed approvazioni.
Sarà
quella di Fiume, dopo la prima guerra mondiale, la prima prova
dell'esistenza del fenomeno del militarismo , e Nitti dirà, a tal
proposito che : “Dolorosamente in zona di armistizio
e nella zona prossima a questa vi sono stati alcuni militari, che
hanno incoraggiato, sorretto, aiutato e tollerato questi dolorosi
fatti. Questa è la verità, ed è bene che il paese la
conosca. Ieri, dunque, il ministro della guerra diceva che in Italia
fenomeni di militarismo non erano mai avvenuti. Sono dolente di
dovere constatare oggi che questi fenomeni sono avvenuti ora per la
prima volta”.
Vi
sarà ancora approvazione e condivisione quando lo stesso Presidente
del Consiglio dirà in modo conciso che “Mancare
agli impegni verso gli alleati, non rispettarli,
intervenire con atti di violenza, quando le sorti d'Italia sono in
contestazione, tutto ciò è triste e non è senza grave pericolo per
l'Italia. Coloro, che ancora ieri spingevano a proteste ed atti
insani contro la Francia, contro gli Stati Uniti d'America, senza il
cui diretto aiuto l'Italia non potrebbe resistere in questa lotta nè
rinnovarsi, ed eccitano gli animi in nome della patria, sono folli e
tradiscono gli interessi della patria”.
Il
rischio di una lotta fratricida era elevato, “Voglio che essi
sentano e sappiano che le nostre democrazie devono
combattere insieme nuove lotte per la civiltà e per la giustizia, ma
che una lotta fratricida, sia pure di sentimenti, deve venire fra
noi”, e si affermerà, da parte del Governo che Fiume non era
italiana poiché nessuna città italiana venne data alla Croazia
“Oggi dunque più che mai rivolgo una parola di simpatia e di
fiducia ai nostri alleati, quale che sia il loro atteggiamento in
alcune questioni che più ci interessano. Io non sottoscrissi alcun
patto che desse città italiane alla Croazia ; non devo
dunque difendere alcun passato errore”.
L'impresa
di occupazione di D'Annunzio verrà etichettata, in queste prime
battute come attività di sport o esaltazione,ma che rischiava di
mandare in rovina anche l'Italia. “In questi momenti l'Italia ha
bisogno di pace e di unione, e deve volere la pace ,con ogni sforzo,
con ogni volontà. Il popolo non vuole nuove guerre: il popolo col
suo contegno fermo e austero impedirà ogni perigliosa avventura. Io
mi rivolgo dunque alle masse anonime, agli operai e ai contadini
perchè la gran voce del popolo venga ammonitrice a tutti e tutti
spinga sulla via della rinunzia e del dovere”, dirà sempre il
Presidente del Consiglio, e vivissime saranno le approvazioni e
vivissimi e prolungati saranno gli applausi, come risulta dal
resoconto di quella seduta.
Certo,
il Governo cercava di insistere sul carattere della sorpresa di
quell'atto, ma in realtà, come si evincerà nel dibattito della
seduta parlamentare, “ i sintomi vi erano in tutta
Italia; c'erano i giornali che conducevano la campagna, gli uomini
che la capeggiavano, c'erano dei reparti militari i quali avevano
assunto in tutte le occasioni un abito di rivolta aperto. E ieri
ancora,dal banco del Governo, si è fatta l'apologia di questi
reparti militari, che preparavano l'insurrezione e la propagandavano
in mezzo alle altre truppe!”.
Un
manipolo di agitatori, che hanno anticipato con le loro gesta la
marcia su Roma, in una città che era contesa dal capitalismo
americano, inglese e francese, e vista, in modo strategico, utile
dalla Russia di Lenin. Sarà Fiume anche ciò, se una sorta minima di
apertura vi è stata da parte di alcuni comunisti, ciò è accaduto
solo perché Fiume, a livello territoriale, si poneva in una
posizione strategica per ostacolare il capitalismo americano, a cui
l'Italia era fortemente legato, d'altronde non si deve dimenticare
che in quel periodo in Italia si ultimava il biennio rosso, che
sfocerà nel 1921 con la nascita del Partito Comunista. I caratteri
razzisti, barbarici di quell'impresa, voluta e sostenuta
dall'irredentismo, sono passati, in modo erroneo, in secondo piano, perché le logiche strategiche ed economiche, basta pensare al porto
di Fiume, venivano prima di ogni principio. Se la Russia manifestò
una sorta di apertura a quell'impresa fu ed altro non fu che per
ragioni strategiche .
Il
deputato Giulietti nella seduta del 12 dicembre 1919 dichiarerà che
“ Ne consegue che D'Annunzio, pur essendo andato a Fiume sotto
l'impressione di un sentimento esclusivamente nazionale , ha reso,
magari oltre le sue intenzioni, un grande servizio anche alla classe
proletaria, alla causa della Russia dei Soviety”.Si
parlerà del sindacato anglo-franco-americano( intendendosi per tale
il capitalismo anglo, franco, americano), lo si accuserà di lavorare
con tutti i mezzi immaginabili e possibili per contrastare la
vittoria alla rivoluzione russa. Danzica, Odessa e Fiume erano nodi
strategici fondamentali per il capitalismo. Ed era noto che Wilson
puntava su Fiume come necessità di difesa del capitalismo mondiale
contro la rivoluzione russa. Ed ecco spiegato perchè quando Nitti
rivolgendosi ai fascisti disse : « chi di voi si sente il coraggio
di proclamare l'annessione di Fiume lo dica», nessuno di essi
rispose. E Nitti non smentì mai questi fatti. Chiaramente le cose
mutarono successivamente, fallito il biennio rosso in Italia, nascerà
il fascismo, che per il capitalismo sarà una garanzia contro i
timori della rivoluzione russa, e Fiume nel 1924, verrà annessa
all'Italia.
Ma
il carattere poco rivoluzionario dell'Impresa di Fiume, poco
rivoluzionario per i lavoratori, le fasce più deboli, venne
denunciato dallo stesso Turati: “Nel vostro discorso vi fu una
gemma che voi, onorevole Nitti, non avrete, spero, la debolezza di
cancellare nelle pagine stenografiche. Voi avete detto : mi rivolgo
per aiuto agli operai e ai contadini, perchè, in fondo, sono sempre
contro di essi che tutte queste imprese si volgono. Sì, onorevole
Nitti : noi lo avevamo proclamato già or sono cinque anni; voi non
lo confessate che ora. Pigliamo atto del ravvedimento, per quanto
tardivo. Certo è che il bolscevismo, che dilaga nelle masse, è
figlio sopratutto di questa politica insana; certo è che, se il
Governo non si sente in grado ed in forza di mettere finalmente un
freno alla, inondazione della violenza balcanica che minaccia
l'Italia, meglio gli varrebbe l'andarsene, anziché conservare le
apparenze di un potere che gli manca e perpetuare un equivoco che
sarebbe, a breve andare, la rovina suprema del Paese!”.
E
così sarà, la legislatura si concluderà il 29 settembre 1919 ed il
governo Nitti, odiato da D'Annunzio, terminerà il suo mandato nel
giugno del 1920.
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