Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Gli anni spezzati la solitudine del Commissario Calabresi e l'uccisione di Pinelli



La prima parte della serie televisiva della Rai, gli anni spezzati, è dedicata al Commissario Calabresi. Una piccola serie televisiva che ha lo scopo prevalente di parlare alle nuove generazioni, a chi non conosce quella storia, a chi non ha vissuto quella storia e nello stesso tempo di difendere la memoria e la dignità di alcune personalità. Gli anni bui in cui ha operato il Commissario Calabresi vengono subito presentati in modo fugace e violenti, violenta sarà l'immagine mediaticamente omologata degli anarchici, violente saranno le azioni che subiranno le forze dell'ordine, che per buona parte della prima puntata vengono presentate come semplici vittime di aggressioni gratuite, come impotenti e collocate al centro del caos il cui artefice, almeno nel film, è ignoto. Non si spiega però il contesto storico sociale ed economico allora esistente, si sfiora ma non lo si spiega e ciò è un primo grave errore che viene commesso. La semplificazione della storia delle lotte sociali, in piena armonia con la società dei 140 caratteri, è un mero ingiusto schiaffo che si scaglia specialmente a chi ha creduto in quelle lotte e sacrificato anni della propria vita per cambiare il mondo. Il Commissario appare sin dalla prima puntata come il grande saggio, uomo di chiesa, predisposto all'ascolto ed alla moderazione, un Commissario che non voleva lo scontro. Vi sarà il tipico poliziotto infiltrato che si arruola in polizia per campare che si innamorerà della “controparte”, tipico cinema italiano, vivrà fugacemente il suo complesso esistenziale, ritornerà sulla strada dell'ordine grazie alle parole del Commissario. Fare il poliziotto è una questione di passione, non lo si fa per soldi, parole che rimarranno scalfite nella mente di milioni di telespettatori, così come rimarranno impresse le immagini di un Feltrinelli presentato, nella prima puntata, come una sorta di intellettuale burbero freddo ed insensibile, un Pinelli amante dei libri e dell'anarchia vera, umana non violenta, come se l'anarchia fosse in verità un qualcosa di diverso, di violento e disumano. Chi non conosce l'anarchia farebbe cosa buona e giusta a non fare con tutto il fieno il solito covone dell'omologazione. Pinelli vittima del sistema , così come emergerà poi nella seconda puntata, anche Calabresi lo sarà. E poi ecco arrivare l'attimo della strage di Piazza Fontana, le inquadrature si soffermano sulla valigia marrone, ma sfiora più di una volta una seconda valigia, lasciando il dubbio delle due valigie. Come accaduto per la strage successiva di Bologna anche per quella di Piazza Fontana la prima indicazione che emergerà sarà quella della caldaia, ma l'odore ed il cratere faranno presto intendere altro. Si sfiora, nella prima puntata, la pista di Ordine nuovo e del traffico di esplosivi ed armi che condurrà fugacemente il commissario in Svizzera. E poi i tre giorni illegali di prigionia di Pinelli, il suo volo dalla finestra della Questura di Milano nella notte di luna piena, un volo, che per come fatto intendere, giustamente, dalle riprese sbrigative del film, non sarà quello del suicidio, come evocato da buona parte del sistema istituzionale, ma quello dell'essere stato gettato dalla finestra come un mero rifiuto.Ucciso perché doveva confessare e perché la sua morte sarà utile e non lasceranno indifferenti le falsità e le coperture di alcuni alti esponenti di quel tempo delle forze dell'ordine, a cui anche il Commissario, come emerso nella prima puntata,si è prestato, per celare l'omicidio di Pinelli ed adeguarsi al senso di appartenenza al corpo, a quell'unicità che è tipica degli apparati corporativi, a quel senso del dovere che alla fine lo lascerà solo. Eppure la verità non poteva non conoscerla. Tragicamente umana sarà la scena della moglie di Pinelli quando verrà avvisata dalla stampa e non da chi di dovere della morte del proprio amato marito. Tragica sarà la scena di come in via sbrigativa, perché queste saranno le direttive decise a Roma, capitale della menzogna e del potere, si procederà alla sostanziale demolizione delle prove che avrebbero potuto evitare altre stragi e vittime innocenti in un gioco malvagio e diabolico che ha partorito solo dolore e per cosa? 

La seconda parte della prima serie è incentrata sulle vicende che seguono all'omicidio di Pinelli attraverserà l' inquietante fine di Feltrinelli, e per gioco del destino i due cognomi termineranno con le stesse lettere del cognome di quel maestro venerabile della Loggia P2 che proprio in quel periodo doveva realizzare quello che passerà alla storia come il fallito Golpe Borghese, per arrivare alla morte di Calabresi. Nella seconda puntata emergono tantissimi dubbi, dubbi che evidenziano la menzogna di uno Stato che per il tramite di alcuni suoi apparati ha coperto chi non doveva, per amore della giustizia e della verità, essere coperto. Sarà emblematica la scena del riconoscimento di Valpreda, l'unico, tra persone in giacca e cravatta, ad essere dall'aspetto selvaggio e che ovviamente verrà riconosciuto come l'uomo della valigia di Piazza Fontana. Un Calabresi che indagherà sempre con maggior consistenza, ma in solitudine, verso le forze fasciste, ed in quel periodo verrà spinto a querelare il giornale Lotta Continua e lasciato solo, anche in questa vicenda.
Una querela che altro effetto non ha avuto se non quello di incrementare la tensione, l'odio e creare quel contesto perfetto che condurrà alla sua voluta morte da più parti, ma in primis da chi si sentiva minacciato dalle sue indagini che avrebbero rischiato di colpire, probabilmente, i vertici di quell'apparato di uno Stato che voleva ordine e repressione ed un nuovo fascismo.
Il Commissario sarà in trappola, sarà solo. Non gli daranno neanche la scorta e nessun tipo di protezione. Arriveranno le prime avvisaglie i cui metodi ricordano, per i messaggi, le intimidazioni di stampo mafioso, il trasferimento. Non doveva arrivare alla verità, al fascismo di Stato responsabile di Piazza Fontana, la sua morte sarebbe stata utile sia per allentare la presa verso il mirino neofascista che distrarre l'attenzione dai mandanti. Il contesto politico e le pallottole,che la verità giudiziaria, ha riconosciuto essere di sinistra, saranno l'elemento perfetto. Eppure il film doveva, visto che era una grande occasione, spiegare meglio il perché della morte di Feltrinelli e come questa fosse legata alla sorte di Calabresi. Entrambi uccisi il giorno prima di incontrare in Svizzera una persona che avrebbe dovuto dare loro informazioni sul traffico d'armi. Indagini che condurranno Calabresi anche a Trieste. Indagini sulla morte di Feltrinelli che avrebbero condotto verso qualche obiettivo che doveva rimanere, così come è rimasto, velato dalla menzogna ed omertà di Stato.

Un film che si attiene fedelmente agli atti processuali, ma che sulla dinamica della morte del Commissario si limita solo al fatto ma non a tutte le circostanze che quella mattina del 17 maggio 1972 condurranno alla sua inevitabile e non evitata uccisione. La dinamica dell'incidente, i testimoni, i rilievi sulle pallottole, la matita ritrovata di produzione americana, nell'auto utilizzata per ucciderlo, la dinamica del furto dell'auto e del ritrovamento, la fuga e tutto ciò che vi è connesso. L'urlo del dolore della moglie di Calabresi è l'urlo di chi è stato tradito dallo Stato, l'urlo che accomuna quella tragedia che ha visto la moglie di Pinelli e di Calabresi vivere il dramma della solitudine e della menzogna del sistema, anatema verso ogni dignità e verità.







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