Quella lenta riscoperta delle proprie origini ricordando i caduti austroungarici contro la damnatio memoriae del nazionalismo italiano

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Timidamente, negli anni, son sorti dei cippi, delle targhe, dei monumenti, defilati o meno, con i quali ricordare ciò che dall'avvento del Regno d'Italia in poi in buona parte del Friuli è stato sostanzialmente cancellato dalla memoria pubblica, ma non ovviamente da quella privata. Un territorio legato all'impero asburgico, che ricorda i propri caduti italiani che hanno lottato per la propria terra asburgica. Nei ricordi  memorie delle famiglie che si son tramandate nel tempo è difficile raccogliere testimonianze negative di quel periodo, sostanzialmente si viveva tutti assieme, ognuno con le proprie peculiarità e l'irredentismo italiano era solo una minoranza di un manipolo di esagitati. Poi, come ben sappiamo, con la guerra, le cose son cambiate in modo terrificante, per arrivare alla dannazione della memoria che ha voluto cancellare secoli e secoli di appartenenza asburgica. Lentamente, questi cippi, targhe, dal cimitero di Ronchi, al comune di Villesse, a Lucinico,

Ferie forzate per il personale della scuola a tempo indeterminato



Di norma le ferie forzate, almeno per quanto concerne il settore privato, sono indice di una crisi aziendale. Alle ferie forzate seguirà la cassa integrazione fino al licenziamento.

Nella scuola, che è il più consistente comparto della Pubblica Amministrazione, in termini di personale, le ferie forzate diventano ordinarietà.
Le ferie forzate sono indice della crisi dello Stato, uno Stato che fa cassa sui diritti dei lavoratori.
Non è retorica, neanche demagogia, ma la realtà. Come è noto il tutto è partito con le le previsioni dell’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012 convertito nella legge n. 135/2012, che statuiscono: “8. Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196, nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. E si affermava che le eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile”. L'ARAN, con un suo parere, ben evidenziava che, si trattava di una normativa che, sostanzialmente, ribadendo la obbligatoria fruizione delle ferie, dei riposi e dei permessi da parte dei dirigenti e dei dipendenti, nel rispetto delle previsioni legali o contrattuali che li regolamentano, vieta ogni forma di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per il caso di mancato godimento degli stessi.

Viene introdotto, quindi, sempre secondo l'ARAN, un elemento di diversità tra la disciplina del lavoro pubblico e quella del lavoro privato su tale specifico punto, in contrasto con quella tendenza alla progressiva omogeneizzazione dei trattamenti spettanti ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni con quelli dei lavoratori privati, avviata con il d.lgs. n. 29/93 e che, con specifico riferimento alla materia dell’orario di lavoro, era stata fatta propria anche dal d.lgs. n. 66/2003, fatte salve, come sopra ricordato, solo le previsioni contrattuali del settore pubblico di maggiore favore.
Ma come è noto la privatizzazione della scuola pubblica è tale solo per le cose peggiorative e non migliorative che riguardano l'aspetto lavorativo del settore privato, e l'esempio delle ferie è lampante. Anche se il contratto della Scuola prevede che le ferie devono essere richieste dal lavoratore, esiste il principio, come normato dal Codice Civile, che vuole all' art. 2109 che il prestatore di lavoro ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito, possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce, tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del prestatore di lavoro. Ovvero le ferie pur essendo un diritto del lavoratore sono condizionate alla volontà ed all'organizzazione del datore di lavoro. Il 29 dicembre 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale n. 302 la legge di stabilità 2013, entrata in vigore il 1° gennaio 2013 ; l’art. 1, comma 54 prevede che "Il personale docente di tutti i gradi di istruzione fruisce delle ferie nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. Durante la rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è consentita per un periodo non superiore a sei giornate lavorative subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la finanza pubblica”. Mentre All'articolo 5, comma 8, del decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il presente comma non si applica al personale docente e amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle attività' didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni di ferie spettanti e quelli in cui e' consentito al personale in questione di fruire delle ferie».

Fino ad oggi si è posto il problema in ordine alla questione della mancata monetizzazione delle ferie per il personale precario, su cui ho scritto più di una volta. Purtroppo non si è riscontrata una mobilitazione od una lotta degna di tal nome e dunque perchè lo Stato dovrebbe cambiare rotta se vede che i lavoratori accettano tutto quello che il proprio datore di lavoro impone? I Ricorsi se non accompagnati dalle lotte rischiano di essere solo fumo. Lo stesso discorso vale per il personale assunto a tempo indeterminato.
Alcuni dirigenti scolastici pongono in ferie forzate i lavoratori della scuola a tempo indeterminato, oltre che a tempo determinato, durante i periodi di sospensione delle attività didattiche, tutte. La durata delle ferie spettanti, per il personale a T.I  è di 32 giorni lavorativi l'anno. Solo per il personale che non ha maturato almeno 3 anni di servizio prestato a qualsiasi titolo le ferie sono di 30 giorni l'anno. Il personale docente ha diritto alle ferie durante il periodo di sospensione delle attività didattiche e fino ad oggi ciò è accaduto nei mesi di luglio e agosto, fatta eccezione del periodo di impegno per gli esami di stato. Nel restante periodo ai docenti è consentita la fruizione delle ferie per un massimo di 6 giorni l'anno e a condizione che sia possibile la sostituzione senza oneri aggiuntivi (ivi compresi quelli per ore aggiuntive).
Ora se la volontà è quella di collocare i docenti in ferie durante tutti i periodi di sospensione dell'attività didattica, delle lezioni, si rischia di arrivare a luglio od agosto con 5 o 6 giorni di ferie a disposizione.
Come è stato più volte ricordato, il diritto al godimento delle ferie annuali, rinviene la sua ragione nella necessità di assicurare al dipendente un congruo periodo di riposo per il recupero delle energie psico-fisiche usurate dal servizio, oltre che del tempo da dedicare alle diverse attività, familiari e sociali, che concorrono alla conservazione ed allo sviluppo della sua personalità ( Corte Costituzionale 22 magio 2001, n. 158, id.19 dicembre 1990. n. 543, nonché Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, 12 novembre 2001, n. 14020 e Consiglio di Stato – Sezione VI, 24 febbraio 2009, n. 1084).
Il TAR Campania con la sentenza 2 settembre 2013, n. 4142 ha evidenziato che al pubblico dipendente spetta un compenso sostitutivo delle ferie non godute, che discende, indipendentemente da una normativa espressa che preveda l’indennità, direttamente dal mancato godimento, allorché sia certo che la detta mancanza non sia stata determinata dalla volontà del lavoratore, bensì da esigenze di servizio; ciò in quanto il carattere indisponibile del diritto alle ferie non esclude l’obbligo del datore di lavoro, anche pubblico di corrispondere un compenso sostitutivo per le prestazioni effettivamente rese dal dipendente malgrado il divieto, non essendo logico far derivare da una violazione dell’art. 36 della Costituzione imputabile alla P.A. il venir meno del diritto all’equivalente pecuniario di una prestazione comunque effettuata.
Ma questo principio era valido fino all'entrata in vigore del divieto di monetizzazione delle ferie. Il punto della questione è che la scuola ha una organizzazione tale, che difficilmente potrà essere compresa dai Tribunali, perché nulla osta, per il personale docente, che le ferie possano essere esercitate, per ragioni di cassa, per questioni organizzative, stante il nuovo quadro normativo, durante tutti i periodi di sospensione di attività didattica e delle lezioni.
E' una forma di atto punitivo esercitato verso il personale della scuola, perché così facendo oltre al rischio di ridurre le ferie durante il periodo estivo, e magari, come vorrebbero alcuni, si possono aprire le porte delle scuole alle più variegate attività proprio in estate, dall'altro si evita che il personale docente possa esercitare una sorta di doppia turnazione di ferie, la sospensione delle attività didattiche, salvo previsioni di attività funzionali o deliberate dagli organi collegiali, e le canoniche ferie.
Norme punitive, che violano, come già anticipato in passato, il principio della contrattazione di questa materia, ma anche il diritto alla richiesta delle ferie dei lavoratori. Rilevato che la legge esprime l'abrogazione delle norme che contrastano con i nuovi dettati normativi, le ferie da diritto basato sulla richiesta del lavoratore, diventano una concessione su valutazione unilaterale effettuata da parte dirigenziale.
La scuola è un mondo difficile, ma è altrettanto difficile far capire all'opinione pubblica la complessità e le mille fatiche che vivono i docenti. Prevale il qualunquismo, la demagogia su cui ha trovato forza la normativa esistente, che vuole il personale della scuola, come privilegiato, come personale che ha tre mesi di ferie l'anno, appunto.
Solo la lotta e la mobilitazione di massa volta a difendere la propria dignità potrà invertire questa rotta, non esiste altra soluzione, la legge è dalla parte del sistema, il diritto anche, salvo rari, rarissimi casi. Ed allora dovrà essere e non potrà che essere la lotta l'unica deputata a riscrivere il diritto.



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