Le
ferie forzate sono indice della crisi dello Stato, uno Stato che fa
cassa sui diritti dei lavoratori.
Non
è retorica, neanche demagogia, ma la realtà. Come
è noto il tutto è partito con le
le previsioni dell’art. 5, comma 8, del d.l. n. 95/2012 convertito
nella legge n. 135/2012, che statuiscono:
“8. Le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, anche
di qualifica dirigenziale, delle amministrazioni pubbliche inserite
nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come
individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi
dell'articolo 1, comma 2, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,
nonché le autorità indipendenti ivi inclusa la Commissione
nazionale per le società e la borsa (Consob), sono obbligatoriamente
fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno
luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici
sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di
cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni,
risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. E si
affermava che le eventuali disposizioni normative e contrattuali più
favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall'entrata in
vigore del presente decreto. La violazione della presente
disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme
indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed
amministrativa per il dirigente responsabile”. L'ARAN, con un suo parere, ben evidenziava che, si trattava
di una normativa che, sostanzialmente, ribadendo la obbligatoria
fruizione delle ferie, dei riposi e dei permessi da parte dei
dirigenti e dei dipendenti, nel rispetto delle previsioni legali o
contrattuali che li regolamentano, vieta
ogni forma di corresponsione di trattamenti economici sostitutivi per
il caso di mancato godimento degli stessi.
Viene
introdotto, quindi, sempre secondo l'ARAN, un elemento di
diversità tra la disciplina del lavoro pubblico e quella del lavoro
privato su tale specifico punto, in contrasto con quella tendenza
alla progressiva omogeneizzazione dei trattamenti spettanti ai
dipendenti delle pubbliche amministrazioni con quelli dei lavoratori
privati, avviata con il d.lgs. n. 29/93 e che, con specifico
riferimento alla materia dell’orario di lavoro, era stata fatta
propria anche dal d.lgs. n. 66/2003, fatte salve, come sopra
ricordato, solo le previsioni contrattuali del settore pubblico di
maggiore favore.
Ma
come è noto la privatizzazione della scuola pubblica è tale solo
per le cose peggiorative e non migliorative che riguardano l'aspetto
lavorativo del settore privato, e l'esempio delle ferie è lampante.
Anche se il contratto della Scuola prevede che le ferie devono essere
richieste dal lavoratore, esiste il principio, come normato dal
Codice Civile, che vuole all' art. 2109 che il prestatore di
lavoro ha anche diritto ad un periodo annuale di ferie retribuito,
possibilmente continuativo, nel tempo che l'imprenditore stabilisce,
tenuto conto delle esigenze dell'impresa e degli interessi del
prestatore di lavoro. Ovvero le ferie pur essendo un diritto del
lavoratore sono condizionate alla volontà ed all'organizzazione del
datore di lavoro. Il 29 dicembre 2012 è stata pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale n. 302 la legge di stabilità 2013, entrata in
vigore il 1° gennaio 2013 ; l’art. 1, comma 54 prevede che "Il
personale docente di tutti i gradi di istruzione fruisce delle ferie
nei giorni di sospensione delle lezioni definiti dai calendari
scolastici regionali, ad esclusione di quelli destinati agli
scrutini, agli esami di Stato e alle attività valutative. Durante la
rimanente parte dell’anno la fruizione delle ferie è consentita
per un periodo non superiore a sei giornate lavorative
subordinatamente alla possibilità di sostituire il personale che se
ne avvale senza che vengano a determinarsi oneri aggiuntivi per la
finanza pubblica”. Mentre All'articolo 5, comma 8, del
decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, e' aggiunto, in fine, il seguente
periodo: «Il presente comma non si applica al personale docente e
amministrativo, tecnico e ausiliario supplente breve e saltuario o
docente con contratto fino al termine delle lezioni o delle
attività' didattiche, limitatamente alla differenza tra i giorni
di ferie spettanti e quelli in cui e' consentito al personale
in questione di fruire delle ferie».
Fino
ad oggi si è posto il problema in ordine alla questione della
mancata monetizzazione delle ferie per il personale precario, su cui
ho scritto più di una volta. Purtroppo non si è riscontrata una
mobilitazione od una lotta degna di tal nome e dunque perchè lo
Stato dovrebbe cambiare rotta se vede che i lavoratori accettano
tutto quello che il proprio datore di lavoro impone? I Ricorsi se non
accompagnati dalle lotte rischiano di essere solo fumo. Lo stesso
discorso vale per il personale assunto a tempo indeterminato.
Alcuni
dirigenti scolastici pongono in ferie forzate i lavoratori della
scuola a tempo indeterminato, oltre che a tempo determinato, durante
i periodi di sospensione delle attività didattiche, tutte. La durata delle
ferie spettanti, per il personale a T.I è di 32 giorni lavorativi l'anno. Solo per il
personale che non ha maturato almeno 3 anni di servizio prestato a
qualsiasi titolo le ferie sono di 30 giorni l'anno. Il personale
docente ha diritto alle ferie durante il periodo di sospensione delle
attività didattiche e fino ad oggi ciò è accaduto nei mesi di
luglio e agosto, fatta eccezione del periodo di impegno per gli esami
di stato. Nel restante periodo ai docenti è consentita la fruizione
delle ferie per un massimo di 6 giorni l'anno e a condizione che sia
possibile la sostituzione senza oneri aggiuntivi (ivi compresi quelli
per ore aggiuntive).
Ora
se la volontà è quella di collocare i docenti in ferie durante tutti
i periodi di sospensione dell'attività didattica, delle lezioni, si
rischia di arrivare a luglio od agosto con 5 o 6 giorni di ferie a
disposizione.
Come
è stato più volte ricordato, il diritto al godimento delle ferie
annuali, rinviene la sua ragione nella necessità di assicurare al
dipendente un congruo periodo di riposo per il recupero delle energie
psico-fisiche usurate dal servizio, oltre che del tempo da dedicare
alle diverse attività, familiari e sociali, che concorrono alla
conservazione ed allo sviluppo della sua personalità ( Corte
Costituzionale 22 magio 2001, n. 158, id.19 dicembre 1990. n. 543,
nonché Corte di Cassazione – Sezione Lavoro, 12 novembre 2001, n.
14020 e Consiglio di Stato – Sezione VI, 24 febbraio 2009, n.
1084).
Il
TAR Campania con la sentenza 2 settembre 2013, n. 4142 ha evidenziato
che al pubblico dipendente spetta un compenso sostitutivo delle ferie
non godute, che discende, indipendentemente da una normativa espressa
che preveda l’indennità, direttamente dal mancato godimento,
allorché sia certo che la detta mancanza non sia stata determinata
dalla volontà del lavoratore, bensì da esigenze di servizio; ciò
in quanto il carattere indisponibile del diritto alle ferie non
esclude l’obbligo del datore di lavoro, anche pubblico di
corrispondere un compenso sostitutivo per le prestazioni
effettivamente rese dal dipendente malgrado il divieto, non essendo
logico far derivare da una violazione dell’art. 36 della
Costituzione imputabile alla P.A. il venir meno del diritto
all’equivalente pecuniario di una prestazione comunque effettuata.
Ma
questo principio era valido fino all'entrata in vigore del divieto di
monetizzazione delle ferie. Il punto della questione è che la scuola
ha una organizzazione tale, che difficilmente potrà essere compresa
dai Tribunali, perché nulla osta, per il personale docente, che le
ferie possano essere esercitate, per ragioni di cassa, per questioni
organizzative, stante il nuovo quadro normativo, durante tutti i
periodi di sospensione di attività didattica e delle lezioni.
E'
una forma di atto punitivo esercitato verso il personale della
scuola, perché così facendo oltre al rischio di ridurre le ferie
durante il periodo estivo, e magari, come vorrebbero alcuni, si
possono aprire le porte delle scuole alle più variegate attività
proprio in estate, dall'altro si evita che il personale docente possa
esercitare una sorta di doppia turnazione di ferie, la sospensione
delle attività didattiche, salvo previsioni di attività funzionali
o deliberate dagli organi collegiali, e le canoniche ferie.
Norme
punitive, che violano, come già anticipato in passato, il principio
della contrattazione di questa materia, ma anche il diritto alla
richiesta delle ferie dei lavoratori. Rilevato che la legge esprime
l'abrogazione delle norme che contrastano con i nuovi dettati
normativi, le ferie da diritto basato sulla richiesta del lavoratore,
diventano una concessione su valutazione unilaterale effettuata da
parte dirigenziale.
La
scuola è un mondo difficile, ma è altrettanto difficile far capire
all'opinione pubblica la complessità e le mille fatiche che vivono i
docenti. Prevale il qualunquismo, la demagogia su cui ha trovato
forza la normativa esistente, che vuole il personale della scuola,
come privilegiato, come personale che ha tre mesi di ferie l'anno,
appunto.
Solo
la lotta e la mobilitazione di massa volta a difendere la propria
dignità potrà invertire questa rotta, non esiste altra soluzione,
la legge è dalla parte del sistema, il diritto anche, salvo rari,
rarissimi casi. Ed allora dovrà essere e non potrà che essere la
lotta l'unica deputata a riscrivere il diritto.
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