Le
zone industriali delle città italiane sono simili.
Simili
nella loro collocazione, in prima periferia, identiche nel disegno
che le caratterizza, strade e magazzini, vie parallele ed ancora
magazzini e fabbricati freddi e senza colore, ovvero espressione
piena e ferma di quella ghettizzazione che ha caratterizzato le aree
industriali italiane.
Ma
nel corso del tempo, vuoi per la crisi del sistema economico e
sociale esistente, vuoi per la globalizzazione dell'economia, molti
magazzini e fabbricati che ospitavano ed imprigionavano vite e
sentimenti, lotte e confini di speranza hanno perso il loro senso di
essere.
Fallimento.
Chiusura.
Ed
ecco cancelli chiusi e recinzioni di metallo invalicabili, erba incolta ed asfalto bucato
divenire la normalità.
Nessun
suono o rumore di fabbrica.
Solo
il silenzio del tempo che avanza e divora quel terreno ora
abbandonato e destinato a diventare memoria del lavoro che è stato.
La
zona industriale di Trieste è immensa.
Da
Est ed Ovest.
Rotatorie,
segnaletiche variegate, strade dissestate, binari dei treni
interrotti, auto parcheggiate ovunque ed in ogni spazio possibile e
persone che corrono e persone che sperano .
E'
una piccola città all'interno della città.
Attualmente
ospita circa più di 600 aziende con circa 11.000 dipendenti.
Era
il lontano 1997 quando la Provincia di Trieste, il Comune di Muggia,
il Comune di San Dorligo della Valle, il Comune di Trieste,
l’Autorità Portuale di Trieste e l’EZIT( Ente Zona Industriale
di Trieste), sottoscrivevano un’intesa programmatica finalizzata
alla redazione di un Piano Infraregionale per il comprensorio gestito
dall’Ente. All’EZIT veniva affidato l’incarico di predisporre
il Piano Infraregionale nei limiti dell’importo di 1.000 milioni di
Lire a tal fine stanziati dalla R.A.F.V.G per la predisposizione di
strumenti di pianificazione urbanistica per il riassetto di aree
della Zona Industriale di Trieste. Trascorrono gli anni, beghe dopo
beghe, e sarà solo nel gennaio del 2013 che il Consiglio di
Amministrazione dell’EZIT adotterà il piano urbanistico della zona
industriale.
16
anni di discussioni.
16
anni di finanziamenti persi e mancati.
Cosa
ne sarà dell'area industriale di Trieste? Che tipo di progetti
troveranno luogo? Questo è il momento del business della green
economy.
Bioedilizia,
recupero ecosostenibile di edifici esistenti attualmente in disuso;
utilizzo di processi produttivi a basso consumo i risorse e bassa
produzione di rifiuti; realizzazione di sistemi di gestione
consortile dell'acqua (rete duale finalizzata all'irrigazione e al
ciclo produttivo, raccolta dia qua piovana, Fitodepurazione, ecc.);
realizzazione di verde di compensazione; realizzazione di tetti
verdi e tanto altro ancora probabilmente saranno una realtà anche a
Trieste.
Ma
quell'area deve necessariamente essere collegata alla vita ordinaria
della città, si deve andare oltre la ghettizzazione delle zone, una
città flessibile, in movimento e dal lavoro possibile.
Ben
venga la riqualificazione della zona industriale di Trieste,che oggi
persevera in uno stato di precarietà e di indecenza più che
evidente, ma oltre al contenitore servono anche i contenuti ed i
contenuti devono convergere nel lavoro, cosa che oggi a Trieste si
intravede solo nei migliori sogni.
Commenti
Posta un commento