L'Europa la stiamo distruggendo noi!

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In un mondo dove l'Europa potrebbe avere un ruolo decisivo per la salvaguardia della democrazia, in un contesto politico dove gli autoritarismi, le dittature, sembrano essere la normalità e le democrazie quasi un fastidio, invece di diventare un punto di riferimento, è a rischio dissolvimento. Non sono gli USA, i putiniani, i cinesi, a distruggere l'Europa. Lo stiamo facendo noi, da soli. Non siamo nè carne, nè pesce, siamo totalmente allo sbando. L'Europa se si chiede cosa sia, la gente non saprà cosa rispondere, i suoi organismi sono sconosciuti ai più, percepita come entità astratta, anzi, l'Euro è spesso maledetto, forse l'unico beneficio che viene riconosciuto è la caduta dei confini, anche se , vedi ad esempio tra Italia e Slovenia, sono ritornati a modo loro. Insomma, ci siamo sciacquati la bocca all'inverosimile su fatto che l'Europa fosse un soggetto che ha garantito la pace per oltre 70 anni, anche se la guerra in Jugoslavia non è stata considerata...

La zona industriale di Trieste



Le zone industriali delle città italiane sono simili.
Simili nella loro collocazione, in prima periferia, identiche nel disegno che le caratterizza, strade e magazzini, vie parallele ed ancora magazzini e fabbricati freddi e senza colore, ovvero espressione piena e ferma di quella ghettizzazione che ha caratterizzato le aree industriali italiane.
Ma nel corso del tempo, vuoi per la crisi del sistema economico e sociale esistente, vuoi per la globalizzazione dell'economia, molti magazzini e fabbricati che ospitavano ed imprigionavano vite e sentimenti, lotte e confini di speranza hanno perso il loro senso di essere.
Fallimento.
Chiusura.
Ed ecco cancelli chiusi  e recinzioni di metallo invalicabili, erba incolta ed asfalto bucato divenire la normalità.
Nessun suono o rumore di fabbrica.
Solo il silenzio del tempo che avanza e divora quel terreno ora abbandonato e destinato a diventare memoria del lavoro che è stato.

La zona industriale di Trieste è immensa.
Da Est ed Ovest.
Rotatorie, segnaletiche variegate, strade dissestate, binari dei treni interrotti, auto parcheggiate ovunque ed in ogni spazio possibile e persone che corrono e persone che sperano .
E' una piccola città all'interno della città.
Attualmente ospita circa più di 600 aziende con circa 11.000 dipendenti.
Era il lontano 1997 quando la Provincia di Trieste, il Comune di Muggia, il Comune di San Dorligo della Valle, il Comune di Trieste, l’Autorità Portuale di Trieste e l’EZIT( Ente Zona Industriale di Trieste), sottoscrivevano un’intesa programmatica finalizzata alla redazione di un Piano Infraregionale per il comprensorio gestito dall’Ente. All’EZIT veniva affidato l’incarico di predisporre il Piano Infraregionale nei limiti dell’importo di 1.000 milioni di Lire a tal fine stanziati dalla R.A.F.V.G per la predisposizione di strumenti di pianificazione urbanistica per il riassetto di aree della Zona Industriale di Trieste. Trascorrono gli anni, beghe dopo beghe, e sarà solo nel gennaio del 2013 che il Consiglio di Amministrazione dell’EZIT adotterà il piano urbanistico della zona industriale.

16 anni di discussioni.
16 anni di finanziamenti persi e mancati.
Cosa ne sarà dell'area industriale di Trieste? Che tipo di progetti troveranno luogo? Questo è il momento del business della green economy.
Bioedilizia, recupero ecosostenibile di edifici esistenti attualmente in disuso; utilizzo di processi produttivi a basso consumo i risorse e bassa produzione di rifiuti; realizzazione di sistemi di gestione consortile dell'acqua (rete duale finalizzata all'irrigazione e al ciclo produttivo, raccolta dia qua piovana, Fitodepurazione, ecc.); realizzazione di verde di compensazione; realizzazione di tetti verdi e tanto altro ancora probabilmente saranno una realtà anche a Trieste.
Ma quell'area deve necessariamente essere collegata alla vita ordinaria della città, si deve andare oltre la ghettizzazione delle zone, una città flessibile, in movimento e dal lavoro possibile.
Ben venga la riqualificazione della zona industriale di Trieste,che oggi persevera in uno stato di precarietà e di indecenza più che evidente, ma oltre al contenitore servono anche i contenuti ed i contenuti devono convergere nel lavoro, cosa che oggi a Trieste si intravede solo nei migliori sogni.






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