C'era una volta Gorz. Gorizia, la città più tedesca del "nord est italiano"

Immagine
    Gorizia è oggi, a causa degli eventi del '900, conosciuta forse come la città più italiana, delle italiane, anche se la sua peculiarità discende dal passato asburgico, quello che affascina, quello che interessa i turisti, insieme alla questione dell'ultimo "muro" caduto che divideva Gorizia da Nova Gorica. A partire dal 1500 Gorizia conobbe la sua svolta, una città dove convivevano, senza ghettizzarsi, idiomi diversi, dove la cultura germanofona era rilevante, con l'ultimo censimento dell'Impero che arrivava a contare poco più di 3000 cittadini di lingua tedesca. Tedesco, sloveno, friulano, italiano. Il nome Gorizia, è un nome slavo, una città dallo spirito tedesco, di cui oggi si è praticamente perso pressoché ogni traccia. Salvo iniziative di qualche realtà associativa privata, che mantengono con impegno e passione viva la lingua tedesca a Gorizia e contributi da parte di alcuni storici e studiosi, in città si è assistito ad un vero e proprio annichilime

DDL: la confisca dell’Università la proposta dell'ANDU

Abbiamo già commentato i contenuti del DDL sull’Università presentato dal Governo (‘governance’ e docenza) e del DDL del PD. Alla luce degli emendamenti presentati dal Relatore i contenuti del DDL governativo sono ulteriormente peggiorati, come risulta dall’analisi che segue.

Considerando anche gli emendamenti presentati dal PD e dall’IDV, risultano ancora più evidenti la natura e le finalità dell’operazione bipartisan in corso in Parlamento: scardinare e confiscare il Sistema nazionale delle Università statali, assegnando a una ristretta oligarchia nazionale la gestione delle risorse pubbliche e alle oligarchie locali la gestione degli Atenei.

Contro questo progetto di distruzione dell’Università statale occorre opporsi in tempo, contrapponendovi un progetto di riforma democratica. L’ANDU da tempo propone una piattaforma, alternativa a quella della lobby accademico-politico-confindustriale, che più sotto si richiama.

1. IL COMMISSARIAMENTO DEL SISTEMA NAZIONALE CON l’ANVUR E IL MINISTERO

- Emendamento del Relatore all’art. 1, comma 2: il Ministero deciderà quali Atenei potranno “derogare alle norme previste in tema di organizzazione, reclutamento e stato giuridico”.

- Art. 5-bis del Relatore, comma 4: “Nel caso in cui la valutazione effettuata dall’ANVUR ai sensi del comma 3 sia negativa, i professori e i ricercatori sono esclusi dalle commissioni di abilitazione, selezione e promozione del personale accademico, di esame di Stato, nonché dagli organi di valutazione dei progetti di ricerca.” In tal modo si attribuisce all’ANVUR un potere improprio e immenso: valutare i singoli docenti. Un potere che nemmeno in UK (modello degli aziendalisti-statalisti nostrani) sono arrivati a prevedere per una struttura che in Italia con molta probabilità sarà una ‘grande’ ASL nazionale lottizzata dal potere accademico-politico-confindustriale, visti i ‘precedenti’ della costituzione dell’IIT di Genova, del SUM di Firenze e dell’IMT di Lucca.

‘Naturalmente’ né il DDL governativo né alcuno degli emendamenti presentati prevedono la costituzione di un nuovo e unico Organo nazionale di autogoverno, che rappresenti e coordini le Università e difenda l’autonomia del Sistema nazionale degli Atenei dai poteri forti accademico-politico-confindustriali. Un Organo composto da rappresentanti di tutte le componenti universitarie (docenti, tecnico-amministrativi, studenti), eletti in maniera diretta, non corporativa e non frammentaria.

2. LA NUOVA ‘GOVERNANCE’ DEGLI ATENEI

L’obiettivo principale del DDL e’ quello di azzerare la partecipazione democratica nella gestione degli Atenei, trasformandoli in aziende simili alle ASL.

L’Organo ‘costituente’ del Rettore

Art.2 comma 6: saranno di fatto gli attuali Rettori a modificare gli Statuti per adeguarli alla nuova Legge. Infatti le modifiche saranno predisposte da un organo presieduto dal Rettore e nominato da SA e CdA, entrambi presieduti dal Rettore, e approvate dagli stessi SA e CdA. Il Rettore, il SA e il CdA resteranno in carica fino alla costituzione dei nuovi Organi (art. 2 comma 10) e, grazie ad un emendamento del Relatore, molti Rettori anche oltre: il ‘vecchio’ Rettore, di fatto, decide i nuovi poteri del ‘nuovo’ Rettore, che in molti casi sarà lui stesso anche per diversi anni.

Insomma, per essere certi della ‘corretta’ applicazione della controriforma, si prevede che a predisporre e approvare il nuovo Statuto siano Organi presieduti (’egemonizzati’) dal Rettore in carica, invece di prevedere la formazione di un Organo costituente di Ateneo (composto solo da rappresentanze paritetiche direttamente elette da ordinari, associati, ricercatori, tecnico-amministrativi e studenti); un Organo indispensabile se si volessero affidare le decisioni sul nuovo assetto dell’Ateneo all’Ateneo stesso e non alla sua ristretta oligarchia, la stessa che, in tanti casi, ha contribuito alla sua devastazione.

Il Rettore sovrano assoluto e giudice

L’art.2, comma 2, let. a), attribuisce al Rettore “funzioni di indirizzo, di iniziativa e di coordinamento delle attività scientifiche e didattiche”, “nonché di iniziativa dei procedimenti disciplinari”. Procedimenti disciplinari per i quali, grazie all’art. 5-septies presentato dal Relatore, spetterà non più alla Corte di Disciplina nazionale, ma al Consiglio di Amministrazione “l’assunzione delle conseguenti deliberazioni” (art. 5-septies, comma 3).

Il Rettore fa parte del Consiglio di Amministrazione, ne potrebbe essere il presidente e ne potrebbe avere designato o scelto gli altri componenti. Insomma una casalinga giustizia sommaria, al di fuori di qualsiasi moderno elementare principio giuridico, tanto per fare capire fino in fondo a tutti chi comanda nell’Ateneo.

Il potere assoluto del Consiglio di Amministrazione

L’Art. 2, comma 2, let. f), attribuisce, tra l’altro, al Consiglio di Amministrazione “funzioni di indirizzo strategico, di approvazione della programmazione finanziaria annuale e triennale e del personale”, “della competenza a deliberare l’attivazione o soppressione di corsi e sedi”, “della competenza ad approvare la proposta di chiamata da parte del dipartimento”, oltre che la “competenza disciplinare relativamente ai professori e ricercatori, ai sensi dell’articolo 5-septies”.

L’art. 2, comma 2, let. g), prevede di attribuire allo Statuto, cioè, di fatto, ad Organi presieduti (’egemonizzati’) dal Rettore, di decidere le modalità di “designazione o scelta” della maggioranza dei componenti del CdA, che debbono essere “in possesso di comprovata (da chi?, ndr) competenza in campo gestionale ovvero di una esperienza professionale di alto livello”, prevedendo inoltre la “non appartenenza di almeno il quaranta per cento dei consiglieri ai ruoli dell’ateneo a decorrere dai tre anni precedenti alla designazione” (forse per non escludere il ‘ripescaggio’ di qualche ‘eccellente’ pensionato dell’Ateneo).

Lo svuotamento del Senato Accademico

Al Senato Accademico, mero organo propositivo e consultivo, non rimane alcun reale potere (art. 2, comma 2, let. d) e, grazie ad un emendamento del Relatore alla let. e), viene consentita in esso la presenza di “membri di diritto”, così come lo sono oggi negli attuali Senati Accademici i Presidi, la cui presenza ha determinato la ‘non gestione’ degli Atenei e lo strapotere dei Rettori.

Lo svuotamento dei Consigli di Dipartimento e dei Corsi di Studio

Anche il ruolo dei Consigli di Dipartimento e dei Corsi di Studio è svuotato dalla “istituzione di un organo deliberante, composto dai direttori dei dipartimenti in esse (facoltà o scuole, ndr) raggruppati, e dai coordinatori di corso di studio” (art. 2, comma 3, lettera f).

3. LA ‘NUOVA’ DOCENZA’

Gli elementi centrali contenuti nel DDL governativo, anche alla luce dell’emendamento presentato dal Relatore (art. 5-bis) che tra l’altro prevede l’immediata applicazione delle norme sullo stato giuridico, sono i seguenti:

1. blocco dei concorsi, con drastica riduzione dei docenti di ruolo ed espulsione di gran parte degli attuali precari;
2. anticipazione della messa ad esaurimento (binario morto) dei ricercatori di ruolo (art. 15, comma 1). Inoltre, mentre non si riconosce ai ricercatori il ruolo effettivamente svolto di professore (terza fascia), si prevede, con un emendamento del Relatore (art. 5-bis, comma 1), un notevole aggravio del loro carico di lavoro: essi saranno obbligati a svolgere, come gli ordinari e gli associati, almeno 350 ore di didattica (250 se a tempo definito), invece che non più di 350 ore (250 se a tempo definito) come attualmente previsto;
3. nuova ‘categoria’ dei ricercatori a tempo determinato (art. 12) che, assieme alla messa a esaurimento dell’attuale fascia di ingresso nella docenza (ricercatori di ruolo) e alla riduzione a sole due fasce (associati e ordinari) dei docenti di ruolo, porterà all’ulteriore aumento del numero dei precari e all’ulteriore allungamento del periodo di ‘vita’ precaria;
4. istituzione dei super-ricercatori a tempo determinato di “produzione ministeriale”, con il potere, di fatto, della commissione nazionale di scegliere le sedi alle quali attribuire i posti (art. 12, comma 9);
5. accentuazione del localismo concorsuale (nepotismo, clientelismo, ecc.) con ‘concorsi’ letteralmente ‘fatti in casa’ (art. 9), preceduti da una inutile abilitazione nazionale (art. 8);
6. ulteriore differenziazione tra gli ordinari e gli associati: questi ultimi non potranno più partecipare alla chiamata degli associati (art. 9, comma 2, let. f). Inoltre è prevista la prova didattica solo per l’abilitazione nazionale ad associato (art. 8, comma 3, let. a);
7. riduzione della retribuzione dei docenti con la ‘triennalizzazione’ dell’attuale scatto biennale, la cui attribuzione non sarà più automatica, ma dipenderà da una valutazione “di competenza delle singole università” (art. 5-bis, comma 9).

========

LA PROPOSTA DELL’ANDU PER

ELIMINARE PRECARIATO E NEPOTISMO, RICONOSCIMENTO AI RICERCATORI, CONSENTIRE LA PROMOZIONE DEI RICERCATORI E DEGLI ASSOCIATI

Da anni l’ANDU ha elaborato una proposta per eliminare il precariato e il nepotismo, per riconoscere ai ricercatori il ruolo di professore e per consentire i passaggi di fascia.

- Per eliminare il precariato occorre sostituire TUTTE le attuali figure precarie con una SOLA figura pre-ruolo di durata massima di tre anni non rinnovabili, con un numero di posti proporzionato agli sbocchi in ruolo, e contestualmente bandire almeno 20.000 posti nella fascia iniziale della docenza, con uno specifico finanziamento straordinario dello Stato.

- Per eliminare il nepotismo occorre prevedere per il reclutamento in ruolo un CONCORSO NAZIONALE (senza chiamata locale) con commissioni interamente sorteggiate.

- Per riconoscere pienamente la funzione docente dei ricercatori occorre TRASFORMARE il loro ruolo in terza fascia di professori.

- Per consentire il passaggio dei ricercatori e degli associati nella fascia superiore occorre prevedere una valutazione nazionale individuale da parte di una Commissione interamente sorteggiata. Al superamento del giudizio nazionale deve corrispondere l’automatico passaggio nella fascia superiore, prevedendo a carico dello Stato l’incremento economico. La chiamata locale di chi è già in servizio e continuerà comunque a svolgere la stessa attività (didattica e ricerca) è ’solo’ una follia accademico-giuridica!

Per i dettagli v. il punto 2. della Proposta dell’ANDU “Per una Università democratica“.

Questa soluzione, lo ripetiamo, è l’unica possibile per riqualificare l’Università, liberandola finalmente dal nepotismo e dal clientelismo e, soprattutto, dall’intollerabile fenomeno del precariato.

fonte: http://www.andu-universita.it/2010/03/22/ddl-la-confisca/

Commenti

Post popolari in questo blog

Una storia per bambini della scuola primaria nella giornata Mondiale della Gentilezza

Come calcolare capienza di una piazza durante manifestazione?

Bruxelles e le vetrine hot