C'è anche la strage di Ronchi del 15 settembre 1943 nell'atlante delle stragi nazifasciste

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Nel 2009 il governo italiano e quello della Repubblica Federale Tedesca  hanno realizzato una Commissione storica congiunta  con il mandato di elaborare un’analisi critica della storia e dell’esperienza comune durante la seconda guerra mondiale. Tra i frutti di quel lavoro vi è stato il noto atlante delle stragi nazifasciste in Italia che raccoglie tutte le atrocità della guerra per mano nazifascista. E vi è citata anche Ronchi. L'episodio a cui si fa cenno è quello risalente al 15 settembre del 1943, cioè pochi giorno dopo la costituzione della storica Brigata Proletaria, quando mille partigiani si ritrovarono a Selz per cercare di arrestare, con la battaglia di Gorizia, l'avanza nazista. Si legge nella scheda ronchese curata dallo storico Liuzzi, " Il 15 settembre cinque militari italiani cercarono rifugio presso la villa Hinke ignari che fosse di proprietà di una famiglia tedesca/austriaca - la villa fu acquistata nel 1901 dall’Ammiraglio della Marina Milit...

Se bastano solo cinque bandiere jugoslave per...

 


Provocazione politica, per alcuni, gesto artistico, per altri. A Gorizia basta esporre cinque bandiere jugoslave per scatenare il solito tradizionale e prevedibile e banale putiferio. Nova Gorica è una città fondata dalla Repubblica socialista jugoslava e ne è ricca di simbolismi della propria identità socialista, e con questa città, Gorizia, condivide il titolo della capitale europea della cultura. La storia di quelle bandiere è interessante, come ha reso noto l’associazione Agorè. Bandiere originali e cucite a mano, concepite per essere esposte alle cinque finestre del salone del Consiglio Comunale, al primo piano del palazzo di corso Verdi, la cui facciata è sormontata ancora oggi dallo stemma della città. Bandiere, che forse furono esposte durante la presenza in città degli  jugoslavi, dal 1° maggio al 12 giugno 1945.  Ed a proposito di storie di bandiere un documento dell’archivio di stato locale racconta la storia di Maria. Una nota della questura goriziana riportava: “La suddetta [traeva] i mezzi di sussistenza, lavorando da sarta presso famiglie di sua conoscenza.(...) Nei due anni precedenti l’annessione definitiva della città alla Repubblica italiana (16 settembre 1947), Maria “lavorò notte e giorno, unitamente ad altre accanite titine, per la confezione di bandiere jugoslave con stella rossa, mantenendo stretti contatti con le autorità jugoslave di occupazione”. “Durante l’occupazione jugoslava e l’amministrazione alleata di questa città svolse attiva propaganda in favore dell’annessione di Gorizia alla Jugoslavia. Confezionava, inoltre, bandiere jugoslave da distribuire alla popolazione”. (Segnatura: ASGO, Prefettura di Gorizia – Archivio generale, b. 610, f. 1690). Storie di bandiere, di propaganda, di politica in una città come quella di Gorizia dove per qualcuno è ancora oggi normale, lecito, legittimo, celebrare la Decima Mas, perché forse per alcuni era meglio diventare paradossalmente una città vassallo della Germania nazista piuttosto che jugoslava,nell'universo ideologico di certi ragionamenti l'italianità la si difendeva a quanto pare in questo modo.  Va ricordato che dal 1943 il movimento di resistenza partigiano fu sostenuto anche dalle principali potenze alleate, che istituirono missioni militari presso il Quartier Generale Supremo dell'Esercito Popolare di Liberazione guidato da Tito, il cui nome sovrasta ancora oggi Nova Gorica. Gorizia è una città dove non si riesce a revocare la cittadinanza onoraria a Mussolini, cosa che invece altrove, come a Ronchi, si è riusciti a fare. Dittatore che con il suo fascismo è stato la causa che ha portato alla disfatta dell’Italia e paradossalmente all’esposizione delle bandiere jugoslave a Gorizia. Perché se non ci fosse stato il fascismo, Gorizia non avrebbe subito perdite di territori, mutilazioni e tutto ciò, ivi incluse le tragedie, i drammi, propri delle guerre, che ne sono derivati.  Pertanto, nella banalità delle cose, è preferibile scagliarsi contro l’eco della conseguenza, alibi delle sconfitte sancita dalla storia, piuttosto che puntare con lo stesso ardore il dito contro la causa, il male di tutti mali, che ha un solo nome, il fascismo.

mb

Commenti

  1. Parla il solito talijansko che non ha mai passato una notte a Gorizia, non ci vive e non ha legami con questo territorio, se non forse qualche parente mandato qui in guerra.
    So chi ci ha liberato dal fascismo non serve un meridionale a ricordarmelo e so anche il dolore che ha portato, malgrado la liberazione, quel vessillo.
    Mitra puntato in testa, botte esproprio forzato della casa di un partigiano per farci la nuova "casa del popolo" a Gorizia. Simile sorte, ma più infsusta ad un amico di San Pietro, con il padre di suo nonno ucciso in strada. Per questo motivo sarebbe il caso di andare avanti cercando di non rinfocolare odi.
    Ma probabilmente a chi scrive questo articoli piacerebbe tornare a quegli anni di guerre frateicide e faide. Del resto loro al sud sono abituati così.
    Oppure risponderà con la solita frase a pappagallo che "la storia è una cosa e la memoria è altro".
    A certi italiani andrebbe insegnato forzatamente lo sloveno visto che ne sono così affascinati. Si riparerebbero 2 torti: il cognome che mi è stato italianizzato e la negazione di una delle 2 mie lingue madri.
    Gli si farebbe anche il favore di fargli imparare una lingua in più, dato che la maggior parte sono monolingui.
    Bisogna stare molto attenti a sta gentaglia: se loro potessero ci toglierebbero le terre e continuerebbe a seminare odio, oltre a portare i loro usi costumi che non sono i nostri.
    Non mi stancherò mai di ripeterlo : CAMBIA IL COLORE POLITICO, MA LA LORO VOGLIA DI FASCISMO È IDENTICA A QUELLA DEI LORO NONNI!

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