La celebrazione del fascismo della passeggiata di Ronchi di D'Annunzio e l'occupazione di Fiume

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Mio caro compagno, Il dado è tratto. Parto ora. Domattina prenderò Fiume con le armi. Il Dio d'Italia ci assista. Mi levo dal letto febbricitante. Ma non è possibile differire. Ancora una volta lo spirito domerà la carne miserabile. Riassumete l'articolo !! che pubblicherà la Gazzetta del Popolo e date intera la fine . E sostenete la causa vigorosamente, durante il conflitto. Vi abbraccio Non sarà stato forse un fascista dichiarato, D'Annunzio, certo è che non fu mai antifascista, era lui che aspirava a diventare il duce d'Italia e la prima cosa che fece, all'atto della partenza da Ronchi per andare ad occupare Fiume, fu quella di scrivere a Mussolini, per ottenere il suo sostegno. Perchè D'Annunzio ne aveva bisogno. Il fascismo fu grato a D'Annunzio, per il suo operato,  tanto che si adoperò anche per il restauro e la sistemazione della casa dove nacque D'Annunzio e morì la madre. E alla notizia della morte, avvenuta il 1 marzo del 193

Le due sinistre opposte scese in piazza.Da quella insieme ai 40mila di Torino a quella invisibile dei 100mila di Roma


Due manifestazioni importanti. Dal peso politico chiaramente ed evidentemente diverso. Una manifestazione a Torino, a sostegno della Torino Lione, che nel corso dei decenni ha subito contestazioni, stop, repressioni verso chi diceva no, militarizzazioni e quant'altro ancora. A cui ha aderito anche una parte della sinistra, o meglio quella che da alcuni viene considerata come tale, il Pd. Ed il tutto in un Paese che alle prime piogge è franato, collassato, con miliardi di euro di danni, con lo stato d'emergenza dichiarato in 11 regioni su 20. Si continua a parlare di grandi e inutili opere quando l'unica opera che servirebbe è solo la messa in sicurezza del territorio, già devastato sin oltre ogni limite di tolleranza accettabile. E poi una seconda sinistra. Quella dei 100 mila di Roma, Indivisibili sotto il segno dell'antirazzismo. E diventati invisibili. Totalmente ignorata dai principali media. Come se l'emergenza razzismo fosse finita, o fosse stata solo fuffa elettorale. Certo che se l'Italia deve ripartire dalla piazza di Torino, non stupiamoci se nei prossimi decenni si consolideranno al governo chi oggi ha il potere. Che forse è quello che un Paese da repubblica delle banane come il nostro effettivamente si merita, visto quello che succede. Questo è quello che insegna questo 10 novembre. La scollatura pesante ed evidente che c'è in Italia. Torino e Roma ne sono la vetrina chiara.

Marco Barone

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