Il mondo gattopardiano dopo il coronavirus

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C'è stato un tempo sconvolgente che sembrava non finire più. Sembrava che il mondo perduto non sarebbe più potuto tornare. Sembrava tutto. E invece, non è cambiato niente. Dopo settimane di bombardamenti mediatici ai limiti del terrorismo psicologico su come ci si dovesse comportare per evitare di essere contagiati dal cornoavirus e non incorrere nella covid19, sembraba impensabile pensare che il post coronavirus, potesse essere come il prima. Nulla sarà come prima, si diceva. Ci sarà un prima coronavirus, un dopo coronavirus. Si ripeteva.  La stretta di mano sembrava essere destinata all'estinzione, gli abbracci, essere ridotti al minimo, il baciarsi sulla guancia, due, tre volte, all'italiana, a rischio estinzione come i dinosauri, e che dire della distanza di sicurezza sociale di almeno un metro? Si temeva che questo potesse essere il modo tipico delle relazioni "aosciali".  Si pensava che potesse derivarne l'Italia dei balconi di D'Annunzio e Mussol...

Lo spirito nero e diabolico del Giorno del Ricordo

Il ventunesimo secolo, ci ha condotto nel famigerato terzo millennio, un secolo ed un millennio, per quanto concerne le più complesse vicende del Confine Orientale italiano iniziato con una svolta importante, impattante, che ha dato una scossa e linfa vitale ad una certa storia, una storia che diventerà la storia di Stato, la verità di Stato, sotto il segno dell’anticomunismo, dell’anti-antifascismo, del sentimento antislavo, nella cornice della memoria condivisa, nella dimensione del revisionismo storico e di un ritrovato nazionalismo spacciato per patriottismo ottocentesco. Un ventunesimo secolo che ha determinato la rinascita di rivendicazioni che hanno favorito da un lato impiego di notevoli risorse pubbliche e dall’altro, tramite la legge sul Giorno del Ricordo, l’affermazione di una narrazione inquinata della storia, una storia che ha troncato le responsabilità criminali dell’Italia della “brava gente”, trasformando carnefici in vittime, con sfumature di religiosità, di passione, di martirio, che saranno una metodica costante in tutta questa vicenda che ha comportato costi non solo economici per il Paese ma anche culturali, sociali a dir poco notevoli.
 
Una questione che ha visto in particolar modo la scuola divenire uno degli spazi maggiormente “attenzionati” da chi vuole imporre quella che verrà definita come la “verità storica di Stato”, una verità politica, strumentale ed antistorica, che offende la questione morale latitante in questo Paese e che compromette in modo deciso i rapporti con quell’Est, con quel mondo dei Balcani nel cammino controverso dell’Europa che dovrebbe sancire la fine di anacronistici e deleteri nazionalismi. 
 
Un giorno governato da uno spirito che va accerchiato e contrastato, un giorno che non dura più un solo giorno, che mescola memorie e sentimenti, strumentalizzando dolori e sofferenze per fini incompatibili con quella civiltà democratica e pacifica e internazionalista che si vorrebbe costruire, un giorno che comporta la chiusura dell’Italia a riccio, nel momento cui gli artefici di questa  “verità di Stato” sono anche coloro che hanno banalizzato o ridimensionato o giustificato o negato le responsabilità italiane, le violazioni costanti dei diritti umani, come compiute dal nazionalismo estremo e fascismo del Confine Orientale, lì ove i popoli prima dell’avvento del Regno d’Italia, convivevano, nel bene o nel male, in modo pacifico.  
 
Una ideologia che  è stata riabilitata, onorata, celebrata consapevolmente o meno. Non vi è stata alcuna appropriazione di questo giorno da parte di codeste istanze estreme nazionalistiche o nostalgiche del fascismo, ma vi è stata una resa vera e propria dell’Italia a questo modo di concepire la storia, di fare la storia, di vivere la storia, imperniata di vittimismo e de-responsabilizzazione acritica, iniziata con l’avvento del ventunesimo secolo. In questo giorno l'Italia deve essere sì a lutto, ma perchè viene uccisa la verità storica e la sua coscienza antifascista, quella che porterà alla liberazione dell'Italia dall'occupante nazifascista che nel Confine Orientale è stata possibile  soprattutto  grazie alla resistenza come nata in Slovenia prima di tutto.
 
Marco Barone 

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